Prata Camportaccio, frazione di San Cassiano. Statale 36 dello Spluga. Uno di quei paesi che si tralasciano per arrivare ad un confortante bombardino, assisi al sole di valli che non hanno più niente da ridare indietro se non conformismo. I ganassa metropolitani si son presi tutto, lasciando qualche briciola sparsa e qualche traccia in luoghi manifesti e infestati da accenti locali, fiumi gelati e e un apporto alla montagna necessario e quotidiano. Qui, riuscendo ancora ad inclinare lo sguardo per trovare una giornata di sole invernale che riverberi lo stupore, la vista rimane intatta su un trivio di valli assolutamente licenzioso. Queste sono territori di miseria e nobiltà sperata, l’affaccio turistico è arrivato nel tempo, quando l’immigrazione era già partita ed era già tornata. La poca terra era luogo di pura sopravvivenza, di cereali scomparsi e di lunghe gelate invernali, qui si guardava alla fuga come ad uno dei pochi benesseri. Rendere operai i contadini non è mai stata un’operazione di sollievo e così, chi ha potuto, è tornato alla terra e a quella genealogia che non si può mai nascondere.
Roberto Paggi è l’alpeggiatore solitario che ha preso in mano le redini di una storia che aveva la necessità di non perdersi, perché qui con l’allevamento e l’alpe non si è mai arrivati alla fine del mese. Così suo padre, d’inverno, doveva lavorare costruendo impianti elettrici e portando quella modernità utile a far apparire la valle come un luogo diviso tra la vendita e la svendita. Roberto, dopo anni di alpeggio, di formaggi grassi estivi, dell’ingresso nella Dop del Bitto che ha consigliato/imposto di cambiare nome ai propri formaggi per una resa economica migliore e per un’indicazione geografica prestata per il cottimo delle ore perse a tenere prezzi sostenibili in malghe sostenibili, ha deciso che le bestie da sole non potevano garantire la sopravvivenza. Una cinquantina di vacche in lattazione non bastavano e non potevano nemmeno essere aumentate. Il fondo valle non è la Pianura Padana e così l’agriturismo era una delle poche vie possibili. Con i suoi nipoti divisi tra università e allevamento, il latte si è affiancato alla linea vacca-vitello di qualche incrocio di Blu Belga e di Limousine. Stabulazione libera, fieno auto-prodotto e un percorso agrituristico da mettere decisamente più a fuoco ma assolutamente da non disperdere alla luce delle antiche stanze riprese alla perfezione da Roberto, tra legno, travi e reperti unici della storia alpina della valle.
Il piccolo caseificio invernale gli ridà indietro uno strepitoso yogurt, un gelato pedissequo (una buona base da cui ripulirsi…) ma coinvolgente, un latte alla spina e qualche formaggella fresca. Con la latteria turnaria di Gordona lavora il Magnoca e il Casera da stagionare nel crotto di famiglia, profumi rari per latti crudi ancora più rari, specialmente in quell’oscurità di fondo valle che alcuni suoi colleghi han trasformato in deformi disparità, dove i due anni di stagionatura rilasciano all’ignoranza un formaggio raro, fiorito con un piccante finale che non tradisce la pulizia affumicata del Sorel… il resto è montagna… Alpe Teggiate, da giugno a settembre, laddove il tempo agrituristico aveva portato la Violetta, ristoro in cui Roberto per qualche anno ci aveva anche creduto, dove il grasso di malga prende le connotazioni della bontà: alpeggio 2015, quattro/cinque mesi di stagionatura, erba e dolcezza, alpeggio 2014, anno sfigato per antonomasia, un filo di piccante, rilascio di gas proteiformi, elastico, sapori intensi, un po’ di legno, poca erba e molta masticazione…
Ecco lì, nella semplicità dei suoi formaggi, in quelle slinzeghe, in quelle bresaole e in quei salami che vanno a completare l’arte norcina valligiana, ben fatti con il coadiuvo del Puci di Samolaco, Roberto ha quella purezza della filiera che vorrebbe riscrivere il concetto familiare di retaggio. E così sprona i nipoti, gestisce il suo negozio di Chiavenna, assolutamente estetico e un po’ fuori mano, ma soprattutto non scalfisce d’ipocrisia la fierezza di un percorso che nel nitore nasce e nel nitore deve morire. Così senza principi, magari ritoccando quelle banalità turistiche e pastorizzanti a cui non ha saputo dare una risposta netta… la sottrazione è la sfida…
AZIENDA AGRICOLA LA CA VEGIA
VIA AL PIANO 15 SAN CASSIANO
PRATA CAMPORTACCIO (SO)
LA BUTEGA DI MUNT
VIA MARCONI 8
CHIAVENNA (SO)