Il futuro del Bettelmatt fatto di sguardi confidenziali… Gabriele Scilligo

Formazza sotto la neve diventa irrimediabilmente il luogo dell’assaggio. Dopo la fatica e l’attesa, con l’alpeggio come sfondo dei racconti e la fatica più strutturata nei luoghi e nel freddo, quel che resta è la maniera invernale. In questa conca che divide le alpi del sud da quelle del nord, il meteo è sempre un affare sbagliato, si entra in mezzo alla vallata, si oltrepassano i corridoi, si spiana, si superano le frazioni mentre le strade ghiacciano e si arriva ad una forma estrema di resistenza elitaria, fatta di cultura Walser, di tradizioni Walser, di architettura Walser e di lavori Walser. Il mantenimento diventa il più nitido dei sentimenti, qui non si scherza con il passato e si ritiene che il passo indietro sia il migliore dei modi di porsi, così quando si trova il rinnovamento, quando anche uno dei formaggi più esclusivi al mondo scende a patti con il secolo e con il suo imbastardirsi, sento l’ennesima esigenza di rivedere le mie critiche e di ridiscutere le mie funzioni.

Gabriele Scilligo ha preso in mano gli alpeggi Toggia e Regina da un paio di anni, è succeduto ad uno dei decani del Bettelmatt, quel Franco Bernardini che continua ad affidare le sue vacche a Gabriele e a vendere autonomamente il proprio formaggio non più fatto dalle sue mani e porta su le bovine di vari allevatori (lui ne ha una decina in lattazione mentre l’alpeggio, per essere mantenuto e per funzionare, ne deve ospitare un centinaio). La tradizione agricola del nonno si è sempre realizzata nel mantenimento di una vecchia stalla sotto casa, pochi capi, qualche maiale e ancor meno latte da portare a lavorare. La Latteria di Formazza, insieme ad altri due allevatori, è rimasta una latteria turnaria, dove i tre si alternano nel ruolo di casaro, lavorando il latte prodotto e ridistribuendolo sotto forma di formaggi.

Il Bettelmatt (Alpe Regina) di quattro mesi ha bisogno ancora della maturità, buono di masticazione e al naso, cede i fiori in bocca prendendo un po’ di chiuso. L’alpe Toggia è più equilibrata ma non è la forma migliore del lotto. D’altronde qui, appena prodotto, il pascolo della questua è praticamente tutto venduto. Le stagionature avvengono sotto casa, di fianco alla stalla, dove pendono anche i salumi di fegato, i cotechini e i salami. Gabriele alleva e lavora 5/6 maiali all’anno, la carne è strepitosa, stalla, poco pascolo e tanta dedizione, la sua e quella della sua famiglia, rappresentata egregiamente dall’ultimo dei sette fratelli, Benedetto, sciatore in erba e uno sguardo accurato sul lavoro e sul possibile futuro. I formaggi li annusa, li assaggia, va su in alpeggio, testa la fatica e dà una mano a Gabriele nelle esigenze delle sue circostanze, in una società poco conformista che nella cultura Walser pone la prima pietra e dedica l’ultima preghiera.

Così imbocchiamo una scala e saliamo nella casa dei nonni, da qualche tempo con le lancette bloccate, in quel tepore legnoso che dava alle case il costrutto delle altezze. Soffitti bassi, letti fatti e una stube che è rappresentazione e futuro. Qui la decadenza non è diventata mai una forma di compiacimento, le cose si curano perché la montagna non permette altro. Il degrado delle menti è una questione di pensiero e lunghe mattine calorose, quando i maglioni si assommano e le giacche si allungano, il tempo diventa una mera privazione. E così si comincia a camminare, per quegli alpeggi che hanno ancora un futuro e che in ragazzi come Gabriele (pochi o tanti non credo importi molto…) mantengono intatta l’aura seducente di una purezza che è lavoro e sogno…

AZIENDA AGRICOLA GABRIELE SCILLIGO

VIA PONTE 34

FORMAZZA (VB)

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