Castelnuovo Scrivia. Una delle tante cascine, tra l’anonimato e l’albero degli zoccoli, dove appaiono e scompaiono contadini, dialetti, bestemmie, campi arati, letame e grugniti, in quella pianura (con al di là della foschia i colli tortonesi, l’estremo lembo dell’Oltrepò e i vigneti Massa) che, fortunatamente, lascia immaginare in mezzo ad inverni gelidi, nebbiosi e apotropaici. La mia macchina segue la familiare di Eugenio Barbieri, che ha appena finito d’insaccare il salame insieme ai compagni di sempre: Riccardo Franzosi e Pigi. Con loro un norcino a rotazione. Più anziano e provetto Angelo, più giovane, ruspante e a tratti isterico Marco.
Arriviamo in cascina dove ad accogliermi non c’è nessuno. La madre di Pigi è davanti alla televisione con una temperatura che sfiora l’assuefazione. Riccardo e il norcino prescelto, Marco in questa occasione, iniziano ad appendere i salami, imbudellati la mattina, prima del mio arrivo inaspettato, sotto l’attenta e pedante direzione di Pigi. Un uomo che, dentro la logica, non l’ho mai visto. Iconoclasta per necessità e per incapacità di procedere secondo le regole. Il rigido posizionamento dei salami appesi sui ganci ha quell’imprevedibilità della calma dei due esecutori.
Pigi è come se declamasse per aforismi, per frasi oscure, a volte confuse, a volte le più chiare che si possano richiedere. Privo di sovrastrutture, il suo essere contadino, badante, norcino e scalzato risulta assolutamente conforme al paesaggio. L’inverno è arrivato, le librerie milanesi sono lontane, così come i ristoranti stellati, i calzari tornano ai piedi e il pastrano nell’armadio. Salopette d’ordinanza, basette sempre meno affettate e bandana al collo manco fosse sulle rive del Mississippi. Il maiale lo sta aspettando.
Inforca il trattore e si sposta, preceduto e seguito dalla sua corte, in una cascina qualche centinaio di metri più in giù. Marco ed Eugenio si preparano al lavoro, lì ad attenderlo c’è un mezzo-vecchietto d’età indefinita, dialetto incomprensibile e spalle ricurve verso il terreno. Sta custodendo i due maiali di Pigi, senza pietà. Sostiene opinioni e mi lancia addosso arcaici motti. Sorride, perchè nel mio mutismo, pur sostenendo il suo sguardo e la sua risata sardonica, non abbozzo mai ad un’incomprensione. Preferisco tacere piuttosto che essere ghettizzato nel girone dei mondani. Annuisco con grazia con i piedi ben affondati nella merda.
Marco, nel mentre, prepara la pistola. Entra con Eugenio all’interno della piccola stalla. Mettono un secchio sul muso del maiale che inizia a grugnire e a contorcersi senza vergogna. Una volta fuori, con la corda legata al collo e avvinghiata alle zampe, subisce il colpo di grazia. Tempia e rantolo estremo. La bestia, un meticcio Landrace allevato, come sa fare “veramente” solo lui, da Eugenio Barbieri, inizia a vorticare a terra per una trentina di secondi. La sporcizia, il terrore, le bestemmie di Marco che se la prende con tutti per oscuri motivi, raggelano l’aria e i miei jeans. Mi sposto di qualche metro onde evitare lasciti poco graditi ma non posso smettere di guardare. Perchè chiudere gli occhi davanti al proprio pasto è un atto di codardia imberbe. Così rimango affascinato e atterito per la quotidianità di gesti ormai meccanici… Finalmente arriva Pigi con il trattore-sollevatore.
I gesti sono quelli dell’importanza e della ritualità. Quando si rientra in cascina, Eugenio e Marco iniziano a lavare le setole del suino con acqua bollente per prevenire il freddo, per dissetolarlo e raschiare le imperfezioni. Operazione lunga e certosina, cesellata dal finale con fiamma ossidrica per togliere le unghie e le impurità finali. Via la testa, dove salvaguardare, in prima battuta, la guancia, fondamentale per la pancetta del salame, ultimi particolari e infine disosso. Da lì alla mattina successiva s’imbudella.
Pigi, a volte dirige, a volte procede. Mi concede un salame che assaggio con calma a casa. Più di un anno di stagionatura con una freschezza fungina che solo in questa nicchia di allevatori riesco a trovare. Incredibile masticabilità. Incredibile gusto. Qui si fanno i migliori salami del mondo. Neri, bianchi o rosa. Tutto resta all’interno di alimentazione e stagionatura. Qui, ripeto, grazie a tutti questi particolari, si fanno i migliori salami del mondo.
E quando decido di andarmene è come se me ne fossi già andato. La coesione non viene minata, c’è una mistica del maiale inappetente e ineffabile. Pigi e Eugenio sono già oltre, sono contadini e allevatori senza corrispondenza al palato. Non sono identificabili e nemmeno “ingredientabili” in pizze e preparazioni. Sono una nicchia, non possono essere esportati o massificati, nemmeno dai gourmet. Sangue e freddo li terranno sempre lontani. Fortunatamente…
CASCINA DI PIGI
UNA LANDA DEL TORTONESE – CASTELNUOVO SCRIVIA (AL)