Il nome non può bastare… Franco Sandrone

Barolo. Il passeggio è fatto di giovani e meno giovani, stranieri e meno stranieri, quasi tutti con un bicchiere di vino in mano. Il centro storico non è nulla di inestimabile, ma ha la fortuna di avere quel nome che richiama fascino, bellezza e perdizione. Il panorama, tutt’intorno, invece, toglie il fiato. La strada che porta verso Monforte (e che percorrerò solo il giorno successivo…), collinare, ricoperta di vigneti, stupisce oltre modo. Ma quel sabato, sono costretto a bloccarmi prima. Malgrè moi. Sole cocente. Sampietrini, qualche palazzo, un castello in lontananza e varie enoteche e locali degustazione, più o meno turistici. Ma io sono lì per la carne. Ancorchè la convinzione, dopo una visita da Beppe “Citrico” Rinaldi (organizzata proprio grazie al carnezziere di cui sopra…), sia scemata in un mondo di incertezze, vigneti, cambi d’abito e gusto…
Mi ripresento in macelleria, dopo una fugace apparizione iniziale dove Franco mi ha fatto penetrare nelle sue stanze di conservazione. La frollatura non la porta avanti lui. Le mezzene nemmeno. La carne è già disossata e divisa in vari tagli: dai più pregiati a quelli meno sartoriali ma con il sapore della tradizione.
Prima cosa che non mi convince: la centralità della richiesta del cliente. Non del cliente in sé, proprio dell’abitudine, di quella che non si può sconvolgere se si vuole vendere. Quindi si va di vitella. Niente scottona e niente bue grasso. La zona non è vocata. La fassona s’invera nella gioventù. Stalle e allevamenti controllati, e qui non sorge dubbio. La carne non è solo buona. È decisamente buona. Ma i tagli di bovini, in quanto tagli, sono scelti e, in quanto scelti, sono il risultato di una compravendita e non di una macellazione. Il macellatore, nell’epoca contemporanea, è diventato un macellaio, a volte un salumiere, molte altre un compratore. “Bisogna sapere scegliere!”, recita un vecchio adagio. A molti basta. Ma io spererei, ogni tanto, di trovare qualche mezzena. Non voglio Sergio Motta e il suo macello. Mi accontento di una frollatura, di quarti posteriori e di quarti anteriori. Il fascino è andato. Mi si dirà “c’è altro…”. Bene. Ci proviamo.
Al mio ritorno, la persuasione diventa bestemmia. Mi inoltro. E m’imbatto nella moglie. Un’artigiana della pasta. La osservo, insieme con suo figlio Andrea (non particolarmente persuaso dalla corrosione genitoriale e da una rivoluzione giovanile che prescinda dalle suonerie, dal gattino Virgola e dalle discoteche…), nella preparazione dei ravioli del plin.

Pollice e indice. Lavoro rapidissimo. Impasto di tritato Sandrone. Uova intense e farina Sobrino. Il sapore, la struttura e la consistenza sono sublimi. Al limite della perfezione. Tra i migliori mai assaggiati. Le lasagne, invece, meno. Soffrono un po’ la lontananza dall’ideale… e ci mancherebbe pure.
La carne, quella assaggiata a casa, dalle bistecche all’arrosto fino alla carne cruda assomiglia tanto ad un prodotto ottimo. Soprattutto la salsiccia all’Arneis e la tartare. Saporita, rosa e non invasiva al palato. Il salame, lavorato con il barolo, è un gran bel prodotto. Pezzi di grasso coesi con la carne, gusto perfettamente equilibrato tra la stagionatura e la profondità della masticazione. Mai ciccosa ma sempre avvolgente.

Per il resto, mi ricordo una buona accoglienza, pochi clienti e prezzi un filo elevati. Anche per chi, come me, abituato ai Faravelli e ai Farabutti di questo mondo, difficilmente si stranisce davanti al costo della carne. Per lo più, però, ci deve essere un merito di comunicazione o quanto meno di trasmissione di cultura. Ahimè, mi son trovato in un posto vuoto, senza quella capacità che servirebbe alla passione per poter mettersi in mostra. Ma chiaramente non mi permetto di indagare, ancorchè all’abitudine non serva granchè per sapere quale direzione si dovrebbe o si potrebbe prendere. Non mi ricordo una frase che li abbia definiti o che mi sia rimasta impressa in modo netto. Mi hanno mandato da Rinaldi, dopo avermi accolto con pazienza ed entusiasmo, e mi hanno ripreso (ad eccezione della moglie, sempre gentile e interessata…) senza una reale percezione dell’altro. Senza un consiglio, senza un “Ti faccio vedere io…”, con la mestizia qualunquista dell’apatia… Ma tantè… Paturnie mie. Carni ottime e futuro roseo… Evviva!

MACELLERIA SANDRONE
VIA ROMA, 41
BAROLO (CN)

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