Il tesoro della Bruna e Antonio Carminati

tesoro bruna

Corna Imagna ha due affacci sulla valle. Una parte alla luce e una parte all’ombra. Il sole ha sempre determinato le attività, le coltivazioni e gli allevamenti. Vigneti, cascine, stalle e coltivazioni sono tutte orientate, lasciando all’altra parte un accenno di bosco, querceti, aceri, tigli ed agrifogli, e quella cupezza che si porta via la città arrivando al culmine del Resegone senza mai andare oltre. La bellezza rimane nel recupero. E così la decadenza dei fienili e delle stalle è stata rimessa in piedi grazie a quell’associazionismo che ha provato a salvare tutti, a quelle persone che hanno messo la cosa pubblica davanti all’interesse economico di comprarsi il televisore nuovo. Antonio Carminati è il genius loci con una voce e con un portamento. È stato sindaco, è diventato direttore del Centro Studi Valle Imagna e ha provato a portare a fondo la tradizione dei bergamini, dei formaggi, delle mulattiere, dei muretti a secco e di quell’ingresso caratteristico a forma di T, simbolo di una vita di sussistenza e di cooperazione. I fienili, i tetti in piode, dove l’ardesia viene disposta in modo da bilanciare le varie lastre e i secadur (dove la povertà delle castagne essiccate diventa perseveranza e tempo gastronomico) hanno lo sguardo di quell’estensore di cultura che non riesce a piegarsi all’abbandono. Il tutto passa dai libri, dai professori alla Michele Corti, dalle storie rugose e da quella libertà di non mettere mai da parte il decadimento. Così il fascino deve essere legato al restauro piuttosto che al tramonto. Il nord del mondo non è fatto di vicoli degradati e cantori di ballate senza un domani, è fatto di maniche rimboccate ed estensioni del piacevole.

Il Tesoro della Bruna (o la Casa dello Stracchino) è la cooperativa nata sull’impossibilità di andare avanti “così”, con quel “così” falcidiato dalla diminuzione del costo del latte, del problema della vendita, e di una valle dove per mesi le luci illuminano strade deserte. Così l’unione ha fatto un caseificio, un punto vendita, ha permesso di restaurare una vecchia stalla e farà in futuro un lavoro sulla promozione, sulla sensibilizzazione e sulla comunicazione di quel prodotto che rappresenta molto prima del dialetto. Per ora, in mezzo al guado, ci sono una manciata di aziende agricole, un bravo casaro/allevatore, Egidio Cassi, che cerca di portare tecnica e tecnologia più del dovere e più del potere, e una vendita rapsodica ad una clientela che ha ancora la determinazione di decidere. Così lo stracchino a munta calda, fatto due volte al giorno, con il latte lavorato a 37 gradi, l’aggiunta del lattoinnesto, una soffice salatura a secco e una stagionatura troppo breve, rilascia latte ma non proteolisi. La vendita, fatte da volontarie del paese, rimane a metà strada tra la rappresentanza del prodotto e la bramosia di creare prodotti nuovi, alcuni assolutamente a posto e assolutamente dovuti, come lo stracchino tondo (uno strachitunt fuori luogo…) erborinato, stagionato in una meravigliosa grotta sospesa, e aromatizzazioni pedisseque, che levano più che aggiungere, concedendo alla contemporaneità il gusto di non assaporare più il formaggio per quello che si riesce a fare con la fermentazione e con la trasformazione.

Il latte prende molte forme, forse troppe, c’è il simil-Branzi, il simil-Montebore, le caciotte, il primo sale e il simil-Bitto. Con la quantità si cerca di uscire dalla monogamia, dall’abitudine, dallo sguardo indifferente. Eppure il latte ha un valore e un tempo, così come l’idea che ha Antonio delle sue valli. Un cultore che, insieme ai membri della sua associazione, ha rimesso in piedi un borgo abbandonato (a cui a breve se ne affiancherà un altro) che nel sistema cascina ritrova tutto il suo retaggio: la biblioteca, la stalla, i campi, l’affumicatoio, il tetto in Piode che diventa percorso informativo, le stanze per gli ospiti e un piccolo ristorante (Antica Locanda Roncaglia) dato in concessione a due ragazzi che hanno intrapreso una strada di filiera e di rappresentazione. Il lavoro è agli albori e i consigli devono continuare ad essere la loro necessità. Ma qui si sta bene senza troppa prosopopea, nella semplicità di un recupero rurale. Così la giornata sfuma nel dialogo e nell’intesa verso una cultura di montagna che mostra molto più di quello che racconta… ed è lì, quando ti accorgi che il paese è ancora popolato dai giovani, che smetti di fare domande e cominci a guardare…

 

IL TESORO DELLA BRUNA

VIA FINILETTI 17

CORNA IMAGNA (BG)

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