Zogno. I tetti dei muratori brembani si alternano a quell’industria attira folle che ha sempre regnato incontrastata qui in fondo valle. E i giovani restano legati pedissequamente a quel metà strada tra il capoluogo e quelle montagne inseguite dai turisti e abbandonate dai locali. Qui si può ancora decidere la direzione del bivio. Perché c’è ancora la bellezza industriale delle centrali idroelettriche e perché i padroni non hanno indotto alla fuga, lasciando più urbanesimo che ruralismo, in quella storia che si è impiantata come un’imposizione all’assenza. Il liberty delle scuole si dirime impacciato dall’ansa del fiume che curva provando a portarsi via la dedizione. Ma qui non ci sono voglie particolari per provare il ritorno, così bisogna tentare con il torno… magari per la prima volta…. magari da una nazione straniera…
Maria Luisa e Ivan si sono conosciuti in Sardegna e l’idillio li ha portati a sposarsi in Andalusia, ma al posto di trasferirsi a vivere in Spagna han preferito tornare a Zogno, il paese di lui, dove la madre/suocera gestiva da anni un pastificio. Maria Luisa, ex insegnante, non era avvezza né alla cucina italiana né alla cucina. Ha messo le mani in pasta per la prima volta. Almeno per mestiere. Ivan ha lasciato il suo lavoro di metalmeccanico per provare a cogliere quello che di tradizionale ancora si poteva portare oltre. Così la pasta fresca ha invaso le loro quotidianità di fondo valle, in quel lembo orobico dove provare a portare leggerezza in quelle ricette incrostate da palati avvezzi alle domeniche carnivore in mezzo alle famiglie.
Qui il casoncello è religione. È la pasta della tradizione, che scende dalle valli, povera, impastata quasi esclusivamente con acqua e farina e si afferma in Pianura Padana con l’aumento dell’uovo nell’impasto e la diminuzione dello spessore. Più ci si avvicina al mantovano, più la sfoglia è tenue e la masticazione semplice. Ma qui a Zogno, nonostante il culto palatale contemporaneo, si è mantenuta la struttura di una pasta fresca molto corposa, ribadendo l’ortodossia dell’impasto: sono stati tolti le uvette e gli amaretti, lasciando solo una miscela di carni (suine e bovine), che riporta ad una povertà quotidiana.
Della stiratura della pasta se ne occupa Ivan che ha dato per assodato il teorema della farina, lavorando più sugli impasti che sulle fragranze. Ma questo è un luogo comune della pasta fresca italiana, difficile da estirpare. La ricerca orobica l’ha portato a raccogliere il paruch (buonenrico) per miscelarlo con la ricotta, rendendo indietro un ripieno da raviolo, con una struttura più morbida e un’amarezza bilanciata molto bene. Maria Luisa sta mettendo mano alle preparazioni gastronomiche e a quelle dolciarie, cercando una filologia in quel mai assaggiato che è degrado anacronistico di nonne imbattibili piuttosto che un reale stupore. E così stanno provando a farsi strada in maniera molto umile, senza apparenze ma soprattutto con la giovialità di chi sta percorrendo una strada diversa. Magari arriveranno ai mugnai, alle farine, ai profumi e alle consistenze, magari no. Ma il grande artigianato è fatto anche di facce sincere al di là del giudizio…
PASTIFICIO LA CONTRADA
VIA DONATORI DEL SANGUE 4/A
ZOGNO (BG)