La pesca sul Lago d’Iseo… Nando Soardi

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Comune sparso di Monte Isola. In mezzo al lago d’Iseo. Nessuna macchina, solo motorini e urgenze. Il resto è fatto da frazioni e borghi, che non si sa più da quanti anni continuano ad affascinare i circumnavigatori del lago, rapiti da quel posto così remoto, nonostante i cinque minuti di battello. Olivi, cipressi, chiese, ville da ex-ricchi, bungalow dissidenti ed abusivi, attracchi condonati, piccoli porticcioli, case pastello con acciottolati ricostruiti, reti da pesche, sardine ad essiccare al sole e qualche turista pomeridiano. È inverno e non c’è folla. In barca, c’è solo quel vento ferale che prende la faccia, vivisezionandola. Così, la nuova barca in legno di Nando Soardi, uno degli ultimi pescatori dell’isola, mi carica a Sale Marasino. Domenica le reti si possono tirare solo di pomeriggio. I ritmi e le riproduzioni dei pesci devono essere rispettati. E così, fino a metà gennaio non si possono pescare i coregoni, in primavera viene bandita la pesca al persico e al luccio, per almeno un mese e mezzo, e quella della “sardina” (che in realtà è un agone) e della tinca per circa un mese. Adeguamento e rispetto. Ecco il pescatore.

Salgo in barca non attrezzato ma lo capisco solo due giorni dopo. In quel momento era così alternativo guardare le montagne con rispetto, invidiare gli isolotti trasformati in torrette e avere trecentosessanta gradi di coesione, che non è rimasto spazio se non per qualche gelone prematuro sulle dita. Nando guida e racconta. Alla ricerca di un posto dove gettare la reti, tagliamo da sponda a sponda, fino alle cave del ceppo di Grè. Lì le mie domande si sono già trasformate in torcicolli a cielo terso. La meraviglia della pesca è l’impossibilità del tempo breve. Così lascio fare e lascio raccontare.

Era un ragioniere, aveva un nonno allevatore/pescatore e una passione per la pesca. Quando l’ha fatta diventare un mestiere, ha deciso quali giorni lavorare, con chi andare e quando rimanere solo. Così la solitudine è diventata un’abitudine, una moglie, due figli, svariati nipoti, un ristorante e un servizio itinerante di vendita del pesce. Nando tira le reti, sceglie le maglie delle reti e poi le affonda. Prende le bottatrici sul fondale, i persici a quaranta metri di profondità e le sardine a venti. Ognuno con la propria rete e il proprio tempo. Le reti si disincagliano, si tirano, si lasciano, si spera di ritrovarle e si vengono a recuperare il giorno dopo. Gennaio è il tempo dell’agone e della sua essiccazione, 20-25 kili alla volta e poi 4-5 ore solo per eviscerarlo, per pulirlo e per gestire le richieste dei vari ristoranti. Legni sulla veranda del locale (gestito dalla moglie e dalla figlia) dove infilzare i pesci, già salati, per lasciarli all’aria aperta circa 45 giorni. Questa è l’essiccazione tradizionale, un tempo suadente di bellezza e di gusto. Qualcosa che distoglie dai problemi del lago, dalla pulizia delle acque, dalla bontà del pesce e dalla necessità della vendita. Le sardine, messe in fila e appese una ad una alle assi di legno, sono un’artigianalità senza tempo. Qualcosa che non è cambiato, non cambia e non potrà mai cambiare. Anche la disposizione concentrica a fine essiccazione è sempre la stessa. Il lago 2.0 è sempre un futuro ipotetico.

Monte Isola è il suo pesce e il suo salame. Ma da quando è arrivato il salumificio, gli anziani sono restii a mostrarsi e a parlare. Eppure il prodotto avrebbe qualcosa per essere interessante. Non la pezzatura e non la forma finta artigianale, ma la macinatura a punta di coltello e la leggera affumicatura rappresentano qualcosa di diverso, anche nel piatto panorama dell’assenza di maiali. La Lombardia è questa terra dove i suini, nascosti o assenti, regalano sempre un salume tipico…

Il pesce, messo sotto sale ed essiccato, è già un piatto. La sapidità andrebbe dosata in abbinamenti, soprattutto nei pesci più piccoli. Il cavedano è fantastico saltato con l’olio. La sardina, perso un po’ di sale in pre-cottura, è perfetta con la polenta o con il pomodoro essiccato. Tutti, compresi il persico e il coregone, hanno sapori decisi ed estremamente carnosi. Sono pesci senza mezze misure. Dalle tapas ai secondi, necessitano comunque di un contesto, di un contorno… o di quel vento da porto bretone di mezza primavera che ci fa desiderare di prendere a morsi un pesce o di sventrare la conchiglia squamosa di un’ostrica belon. E così accade anche sul molo di Carzano, dove i turisti e i venditori non hanno una faccia…

La storia di Nando è una storia dai tempi distillati, la storia di un uomo che non mostra empatia e che non dà sofferenza. È molto ironico il suo incedere di pescatore, come se ci fosse qualcos’altro o come se gli venisse facile, quasi naturale. La distanza è un attitudine da rughe nascoste e da belletto mattutino. Gli occhi lucidi sono solo colpa del vento. I volti scavati sono altrove, dove non si è trovato un metodo per portare a casa la paga della propria passione. Nando è tranquillo. Ecco tutto.

 

FERDINANDO SOARDI

VIA CARZANO 38

MONTE ISOLA (BS)

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