Santa Caterina Villarmosa. Il centro della Sicilia è una vista sul Monte Canino, dove spaziare dalla provincia di Trapani a quella di Ragusa, passando per Nebrodi, Erei, Madonie e Sicani. Qui si ha una completa contemplazione del giallo dopo-trebbiatura, luoghi colti e sapienti dove la bellezza passa attraverso il sole e attraverso il vento. Questa Sicilia, sbandierata e disillusa dal turismo, è fatta da un incedere tenue e quasi sepolto. Le poche persone che rimangono, possono raccontare il silenzio attraverso mille parole. Perché da qui è molto più facile fuggire, vestirsi bene e ricordarsi del passato come un luogo dalla memoria diafana quasi spenta, in cui emozionarsi all’immagine delle rughe. Chi rimane a Santa Caterina, al di là dei centri di aggregazione giovanile e geriatrici, marchi di fabbrica di afa e partite a carte, può continuare a fare quello che qui si è sempre fatto. Il ricamo, la coltivazione di mandorle, grani e olive e rievocare la tradizione sotto forma di Santi in feste patronali dissipate e floride. Questi sono luoghi di contrasti estremi dove la famiglia D’Anca, Gaetano, Luisa e le loro figlie, continua imperterrita nella mostrazione dell’unica verità siciliana: la terra e la sua lavorazione.
Gaetano ha deciso di continuare l’opera della sua famiglia, ha mantenuto in vita i mandorleti, qualche vigneto, gli uliveti e i campi di grano, si è dedicato alla coltivazione di Tumminia, Maiorca e, incredibilmente, di Monococco, ha lasciato l’allevamento di vacche non più conveniente, e una decina di anni fa ha pensato ad una coltura differente che potesse dargli visibilità più che sostentamento: la lavanda. Così la fatica è raddoppiata, il fascino provenzale veniva impiantato in un luogo impossibile e i fiori essiccati avevano bisogno di una trasformazione. Ha iniziato a mandare fuori il prodotto e a riprenderlo a ciclo concluso. Ma c’era qualcosa che andava oltre l’umana fede nella terra e nella voglia di non tradirla. Insieme a Luisa doveva sviluppare un progetto nuovo, diverso da quelli degli agricoltori assuefatti dalla borsa del grano: la trasformazione.
Così hanno cominciato a studiare, ad avvalersi di alcune consulenze e a mettere a posto quei macchinari, quei forni e quelle impastatrici che servivano alla missione. Stimolati sullo studio delle frolle o del lievito, assolutamente a posto già adesso, continueranno a migliorare. Pane con lievito madre un paio di volte alla settimana, biscotti di Maiorca e lavanda, un’ottima pasta di Tumminia (tenie in cottura con una fibra ben equilibrata), pasta di mandorle, uno straordinario olio di Nocellara Caterinese e di Ogliarola, cardo secco che sgrassa in bocca, frollini al vino, grissini aromatizzati alla lavanda, mottini con il latte di capra di Luca Cammarata, torrone di mandorle e sostituzioni rapsodiche di burro con olio di oliva, particolarmente centrate anche senza rimandi scolastici. Il lavoro sul lievito è la cura di Luisa. Gli errori sono lì per essere falsificati. C’è un mondo di profumi che deve essere messo in opera e Gaetano si guarda bene da tornare sui propri passi.
Qui il biologico è una cosa seria perché non potrebbe essere altrimenti. Le sofisticazioni portano povertà, economiche e morali, lancinanti. E così basta un motorino per essere in mezzo ad un silenzio sbattuto dai venti. Gesti antichi in mezzo a pietre e alberi di mandorlo. Gaetano ha una sapienza vera, senza fideiussioni bancarie, senza “panama” in testa e senza lune da guardare. Lo vedi mettere le mani nella terra e tirarne fuori un fusto erbaceo di avena selvatica, per i suoi grani un’infestante, e piantarlo inumidito di saliva a terra. Il fusto comincia a girare e ad espandere velocemente i propri semi, abbandonando il razionale per entrare nel misterioso mondo della natura. Dove difesa e attacco sono le uniche possibilità di vita e la sospensione dell’incredulità diventa un monito visivo. Gaetano ha un’energia, a quaranta gradi all’ombra, che porterebbe tutti in spalla. E così si arriva alla vetta da dove la Sicilia domina l’uomo e l’uomo rimane dissuaso dal tentativo di possedere. Si potrebbero anche sentire le voci in mezzo a quei campi di Tumminia coltivata insieme alla sulla e di Maiorca coltivata insieme alla veccia. Perché qui le malerbe sono profumo, sono quella meraviglia sprigionata dalla farina che cambia tempo con il tempo. È la maniera in cui le antiche fragranze delle case di paese fuoriescono nella nostalgia… Gaetano lo sa bene, ponendosi prima di qualunque logica e di qualunque critica… ecco la coerenza di un luogo che c’è sempre stato…
LAVANDA DI SICILIA – AZIENDA AGRICOLA BIOLOGICA MONTALTO LUISA
VIA UGO LA MALFA 5
SANTA CATERINA VILLARMOSA (CL)