Un dolce siciliano fuori logica… Giuseppe Lo Faso

lo faso

Bolognetta. Appesa al bosco della Ficuzza, la civiltà dell’hinterland si è portata dietro anche le brutture. Dove la natura è una preminenza, il disinteresse architettonico ha portato verso un lungo viale che non conduce da nessuna parte, e così il paese rimane in quella placida collina da fuga dalla città e da passaggio momentaneo. E la quintessenza del borgo la vedi dal classico ritrovo fuori da bar ancestrali dove uomini di tutte le età non possono fare a meno di guardarti e di chiedersi più che chiederti. È una reiterazione continua alla domanda, nella speranza che, prima o poi, qualcuno decida di portarla via. Sempre uguali a se stessi, questi luoghi siciliani del candore non fanno altro che confermarsi, in una ritualità che sfocia la sua libido nelle feste sacre, dove vestiti a quadri e gonne più corte trovano il soffio della corrispondenza. Ecco, Bolognetta è un luogo placido dove volano poche mosche.

Giuseppe (Pino) Lo Faso ci è tornato nel 1985, dopo la meno classica delle esperienze siciliane. Grandi alberghi in Costa Smeralda, un maestro in Liguria e un lungo tour de force a Montecatini dove il pochissimo tempo libero era dedicato all’ammirazione delle vetrine di Giovannini. Messi soldi e scienza da parte, la decisione di aprire nel suo paese. Senza una base, l’affidamento era quello familiare, e così grazie al mattone di ciascuno, Pino ha dato il via alla sua pasticceria. Piccola e di qualità. Negli anni sono arrivati il burro, la vaniglia, il cioccolato e soprattutto il lievito madre. Toti Catanese come faro e un lavoro sulla lievitazione partito da Morandin e finito con le sue idee. Qui, in questo lembo di Sicilia dove la severità è una forma di mestiere, il dolce lievitato, e il dolce tout court, sono veramente qualcosa di tangibile. È una pasticceria diversa, senza paragoni territoriali ma senza tralasciare i lasciti. Allo stesso tempo fedele e iconoclasta. Siciliana e continentale. Di una raffinatezza quasi impossibile a queste latitudini.

Pino e suo figlio Mauro, poco più di vent’anni, corsi alla Cast Alimenti e alla Selmi e uno stage da Iginio Massari, hanno dato vita ad un luogo dove sublimare il dolce al di là dell’esclusività della festa. Qui c’è qualcosa di quotidiano e di inconsueto, arrivano amarezze, acidità, contrasti e bilanciamenti, mai dimentichi di quel barocco locale che sforna ancora brioscia con il pallino perfettamente friabili.

Giuseppe Lo Faso è una persona seria, che non cede alle lusinghe della propaganda e della comunicazione. Ha permesso a suo figlio di portare una contemporaneità che lui stesso aveva già messo a punto. Così, l’esperienza, quella accumulata fuori e quella che ha permesso ai pasticcieri siciliani di lavorare con la catena del freddo, ha portato ad uno svecchiamento conservativo dei suoi dolci. Il pomo della discordia, la Sette Veli, ha permesso alle dolcerie siciliane di capire come l’abbattimento potesse essere una soluzione al troppo zucchero. Le richieste hanno portato tutto a diciotto gradi sotto zero e Pino e Mauro hanno cominciato con mousse, bavaresi e torte a specchio di una raffinatezza con pochi eguali.

Al di là dei contrasti che Mauro tende ad accentuare, al di là dell’estetica precisa e assolutamente inconsueta, sapori e consistenze in bocca esplodono senza un paragone reale. Il fico tira fuori l’amaro stigmatizzato dall’anguria, mele e limoni compongono la friabilità di una frolla povera, la pasta choux è croccante nonostante la morbidezza siciliana renda tutto più coeso, il buccellato di Bolognetta, recuperato da una ricetta della nonna, ha una pasta a metà strada tra la frolla e il savoiardo e un ripieno di mandorle, zuccata e poco zucchero (il melone d’inverno frullato surroga l’acqua dando dolcezza), la pasta di mandorla è bilanciata bene e così la ricotta.

È tutto squisitamente algido, quasi illogico. Probabilmente, in questa terra di nessuno, la pasticceria siciliana ha ancora una speranza avvenente e avveniristica. Giuseppe e Mauro Lo Faso creano una dolceria unica, la più equilibrata e pragmatica di tutta la Sicilia occidentale, verosimilmente di tutta la Sicilia, ma lo fanno senza proclami e senza certificazioni, rimanendo una mosca bianca-candida in un territorio di creme gialle e aromi a dodici euro al kilo. Così, perché al di fuori di Bolognetta, si entrerebbe in un agone codardo, dove potersi anche accontentare. Qui no, si può provare ad avere un laboratorio perfettamente strutturato dove l’estetica è il solo mezzo per arrivare ad un palato da rieducare…

 

PASTICCERIA DELIZIA

VIA VITTORIO EMANUELE 39

BOLOGNETTA (PA)

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