Leggendario prosciutto di frontiera… Uros Klinec

Medana. Collio sloveno, dove l’antropizzazione è una forma di turismo. L’invadenza della vite, che ha tolto il selvatico mantenendo i colori, si scorpora passando per i borghi. Questi sono luoghi di confine, ci sono case diroccate dove si scambiavano caffè e cioccolato e dove adesso crescono vigneti c’erano le sentinelle che controllavano i movimenti. La Jugoslavia non era un affare e nemmeno un presentimento, era una realtà solida e codificata… al di là della rete, gli sguardi bolsi e flaccidi apportavano solo languore e invidia. Adesso, con gli stessi sguardi defraudati del benessere e del sapere ad esso collegato, rimane solo quell’atavica preminenza morale che ci getta addosso gli occhi della misericordia. Qui è ancora un fatto di genere, di uomini e donne, di maschio alfa e perversioni, l’istinto psichico non è un orgoglio ma una necessità. Qui, al di là della cortina c’è ancora una ricerca feroce che non fa prigionieri.

E così mi devo rimettere al luogo e all’ascolto. Arrivando in paese, non si può non passare dall’osteria di Aleks che, insieme a sua madre, gestisce ancora cucina e vigneti. Dopo legittima domanda, si prende la strada in discesa e si arriva da Uros Klinec: fratello e figlio dei suddetti, senza rotture laceranti, ha deciso di aprire la sua attività di accoglienza e precisione stilistica, in una tenuta slovena che ricorda la Provenza, nei colori e nel dominio.

Uros è asciutto, territoriale e visionario, mancano snobismo e decadenza delle sovrastrutture. Insieme alla moglie ha creato un luogo di ritrovo di cultura gastronomica e artistica, dove si espone, si ragiona e si assaggia. E così basta una fetta di prosciutto per disgregare gli ultimi cirri. Il motivo per cui ero insoddisfatto dei maiali friulani l’ho capito qui e non in troppo tempo.

Allevamenti in mezzo alla Slovenia, incroci tra suini pesanti e cintati e Mangalica in purezza. Venti, venticinque kili a coscia, almeno tre anni di stagionatura al buio, sale di Pirano, animali anche oltre i trecento kili, una dedizione religiosa, qualche ossocollo, pochi salami e ancor meno pancette. Il Prosciutto da queste parti è sempre stata una ritualità manifesta, ora bisogna nascondere troppo spesso le origini e così l’arte della macellazione (la koline) si è lentamente persa insieme agli accorgimenti e al naso. Uros ha recuperato i pezzi, rimettendo insieme una consuetudine che in pochi hanno recepito, in quel telefono senza fili che risponde al nome di tradizione. Nonostante l’età, sembrano dei bambini, morbidi, pieni, grassi. Raffinatissimi.

Il problema è il nonostante tutto, quel tempo inesausto che al di là del confine fa sembrare tutti più scemi. Ma forse ce lo meritiamo… prosciutti sloveni… e noi rincorriamo l’italian sounding…bluff bluff…

KLINEC PLESIVO

PLESIVO 51B

DOBROVO V BRDIH

SLOVENIA

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