Lo stupore di dolci senza eguali… Andreas Acherer

Brunico. Val Pusteria. Sostenibilità, felicità e vivibilità. Ecco lo spot di un posto dove l’altopiano non è ancora montagna, dove i negozi non sono ancora prodotti tipici e vestiti tirolesi di frontiera, e dove le case non sono ancora chalet. C’è un fiume, c’è un centro storico, ci sono negozi raffinati, botteghe gourmet, pasticcerie edulcorate da vetrine con millenarie torte idrogenate dalle dimensioni ciclopiche e dai gusti cartonati e soprattutto c’è un senso civico, più nell’ambiente che nelle occhiate. La linearità non sposta lo sguardo verso le montagne. Lo mantiene raffinato e accucciato sui vicoli, sul castello e sulle chiese. Passeggiare è il rumore delle rapide. La gente finisce gli acquisti e si richiude nelle case. Il sabato pomeriggio e la domenica sono dedicati alla famiglia e alle tradizioni. Le pasticcerie si riempiono dopo la messa e prima di pranzo. A Natale e a Santo Stefano, nonostante l’afflusso in massa degli oligarchi metropolitani, i negozi si blindano e lasciano tutti a passeggiare con i soldi inchiodati nelle tasche. Le tradizioni sacre rimangono sacre. Non vengono né svendute né vendute. Con buona pace delle incomprensioni, delle tute da sci, dei visi abbronzati e delle signore, col colbacco coprente e il rublo qualunquista. Così arrivo alla Pasticceria Acherer a ridosso del pranzo prefestivo.

Solenne, come il tempo da dedicare ai parenti il pomeriggio, e come le festività, le domeniche in famiglia e le passeggiate con la bambina nella carrozzina. Uno dei più grandi pasticceri italiani ha scelto di ritornare perché anche il professionista necessita di un luogo. Così Andreas, classe 1979, dopo un’adolescenza tra Austria, Germania e Svizzera, è tornato a Brunico, con la sua compagna, conosciuta in un negozio di fiori di Vienna in quella serendipità da una volta nella vita, e ha aperto, nel 2006, la pasticceria/fioreria nella casa di famiglia, dove campeggiano ancora le stanze del nonno, diventate laboratorio e magazzino. Dolci e fiori. Il desiderio che il trasferimento dalla grande città significasse scelta e non sacrificio.

Il suo negozio è uno studio sulla prospettiva. Lungo e stretto. Corredato da fiori e dolci d’ispirazione francese. La tradizione è una rivisitazione di quello che i clienti non possono fare a meno di chiedere. Croissant spennellati d’uovo di una bellezza accecante. Cioccolatini dalle forme sinuose, diverse. E nella mia ritrosia verso l’anonima impurità di un cioccolato lavorato e trasformato, devo ammettere la sua capacità di equilibrio. Trovi una ganache quando ti aspetti uno spazio vuoto. La grappa ai lamponi di bosco come sensazione e non come liquido. Il miele come mezzo e non come fine. Barry e Felchlin, nessuna scelta estrema. Il cioccolatino è la normalità da cui nessun cliente vuol fuggire: si chiama inverno. E lui ne lavora due o tre tonnellate l’anno. A Brunico. Con dodici persone in laboratorio, poche botteghe a cui consegnare, nessun ristorante (“perché i grandi ristoranti il dolce se lo preparano, quelli mediocri lo prendono alla Metro”) e tutta vendita diretta.

L’epoca è quella delle monoporzioni pensate e non gettate lì come obbligo di belletto e di richiesta. Niente mignon come da tradizione d’oltralpe e torte poco in vista. I colori porzionati, delle mousse e della tradizione “sventrata” in Linzer-Cake, torte di mele e tiramisù in tazza, sono l’ispirazione della vetrina. Poi ci sono gli accostamenti, quei bilanciamenti la cui possibilità Andreas (Relais Desserts e Chaine Confiseur già conquistati…) ha voluto dimostrare a tutti, anche agli svizzeri scettici sulla diminuzione dello zucchero e anche ai frivoli modaioli gastronomici sempre alla ricerca di quell’acidità indotta anche in luoghi mal preposti al lampone. L’acido, da queste parti, si trova nel terreno. Non ci sono sforzi, fa parte della cultura. Andreas l’ha riletto in maniera così sublime da non lasciare nulla al dubbio: monoporzione di linzer, lebkuchen (un classico altoatesino, una rivisitazione del panpepato, lasciato maturare a 4 gradi per un anno, per riempirsi di fragranze, ricoperto di cioccolato e lavorato con spezie e diverse canditure) e strudel alle prugne. Livello talmente perfetto di accostamenti e strutture da lasciarmi secco. Sfoglia friabile e non croccante, impasto di nocciole umido ma non pieno, contrasti acidi con ribes e susine lasciati decantare in tutto il dolce e non subitanee/improvvisate botte “lamponiane”. Le spezie, dalla cannella al cardamomo, marcate nell’impatto iniziale e poi sfumate nelle sensazioni. La pasticceria di Andreas, anche nelle mousse, contraddittorie ma confortanti, è contemporanea ma senza moda, è tradizionale ma senza naftalina, è bella ma senza vanità, è pulita ma senza estremismo ed è leggera ma senza frugalità. Tutto ciò ai confini dell’impero.

Andreas ha l’arroganza della sicurezza. Di dire no all’Accademia, di invitare Biasetto, Massari, Mannori e Pina con nonchalance navigata, di stimare l’Italia non prendendone in prestito i dolci. E nemmeno a modello. Il panettone lo fa venti giorni all’anno, gestisce in lievito madre legato, imparato in Austria e lavorato un paio di volte a settimana, fa paste lievitate complesse ma senza retaggi. Mantiene un laboratorio nitido e mansardato, dove mostra con orgoglio quello che era il budoir del nonno e il suo nuovo macchinario per strutturare il cioccolato dal temperaggio.

La perfezione estetica illude ma disincanta. È tutto molto concreto. In primis la comunicazione e l’esigenza dell’italiano nell’etichetta dei suoi prodotti. Latita la diffidenza per un periodo difficile da mettere in piedi. Andreas manca del fronzolo. Di qualunque, anche di quello della piaggeria. È un pasticciere rigoroso che ha preso il mio gusto e gli ha dato dei colori senza eguali…

 

ACHERER PATISSERIE.BLUMEN

STADTGASSE 8

BRUNICO (BZ)

annovi james

buongiorno,
immagino che assaggiare i suoi dolci , sia come avvicinarsi alle nuvole che circondano le montagne,
un viaggio verso soffici sapori ed eteree sensazioni.
annovi james

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