San Damiano Macra. Valle Maira appena accennata, architettura strettamente piemontese, nessuna concessione al di più, acciugai e montanari che si scambiano le stagioni e un patrimonio incordato, preda selvaggia di guerriglieri e speculatori. L’antichità è un sentimento represso che non fa parte nemmeno più del linguaggio, l’occitano appare come forma di preponderanza e come mezzo di esclusione. Sono i giovani ad aver bisogno di accendere fiamme e di subire racconti, altrimenti, per esclusione, qui si perdono cento abitanti ogni dieci anni, le persiane si chiudono e le attività devono accontentarsi del viandante, quello che si ferma sulla parola tipico, che non si guarda troppo intorno e che antepone la meta alla sorpresa. Così, in un incrocio, la strada di un vecchio panettiere, con un figlio infingardo, che aveva deciso di chiudere bottega, e quella di due ragazzi di Busca, alla ricerca di uno stravolgimento genealogico della propria esistenza, si sono incrociate nell’unico forno a legna rimasto in tutta la valle.
Lou Pan abou Pasioun è un viaggio nella storia di questi luoghi, nel rapporto tra locali e turisti e tra la conservazione di una specie e la conservazione di un lievitato. Qui gli anziani, lentamente, sono ritornati a fare capolino, a vedere se poi il cambiamento non fosse così tremendo e se quella passione che campeggia, con irruenza occitana, nell’insegna fosse solo un vezzo per rabberciare oppure fosse lì anche nelle notti gelide dell’inverno. Diego e Silvia, nel 2008, han trasformato un’opportunità in una scelta di vita. Si sono tenuti dentro il vecchio titolare per qualche mese (fino a beceri tentativi d’intralcio), perché insegnasse loro i segreti e non facesse scappar via le rughe, e poi hanno cominciato a ravvivare quel pastin che nel forno a legna “nero”, con camera svuotata e riempita tre quattro volte al giorno, ha sempre espresso la sua leggenda.
Il tempo che fu erano forni comunitari, dove le famiglie cuocevano il pane, madie in legno per impastare, il creissent (una pasta di riporto) come lievito e conservazioni lunghissime. Diego si è dovuto applicare alla modernità, ci è arrivato per gradi, senza abbandonare né crescenti né pale né madie. La tradizione di queste valli non è mai stata quella della pasta madre, qui si impastava in una sola determinata maniera e non si poteva abbandonarla. E così, un giorno, un anziano del paese si è avvicinato a Diego per chiedergli una decina di panet natalizi. Lo stupore non si è fermato alla spiegazione. È andato oltre, Diego ci doveva provare. Al tempo si panificava poche volte l’anno e sopratutto un giorno in una data compresa tra Ognissanti e Natale. Si portava la farina e si facevano i panet da conservare nei solai per mesi, duri ma senza muffe. Le prove danno soddisfazioni, il pane dura effettivamente mesi, viene conservato in luoghi adatti, in alto, difeso dai topi e da altri animali.
Forno a legna e valle, Diego aveva ripreso in mano le cicatrici.
Segale di Cavanna a Dronero, qualche pietra cuneese, qualche mulino da battaglia, poca birra, lunghe fermentazioni, barbarià rivisitati, sapori profondi di miele e di melassa, melighe allungate tra fioretto e fumetto, torcetti coriacei con più farina e più soddisfazione, biscotti speziati, torte di nocciole al limite dell’umidità e biscotti da latte. Le prime infornate per il pane, le ultime per i dolci, ingresso in panificio intorno a mezzanotte per scaldare il forno in modo che alle sette sia pronto il pane, Silvia al banco, solitudine, caldo, pulizia delle fascine, modernità messa un filo da parte e grandi lievitati da rimettere in ordine. Il mondo di Diego non rischia la semplicità perché attiguo all’altruismo… questa è l’abitudine gloriosa…
LOU PAN ABOU PASIOUN
VIA BERARDI 10
SAN DAMIANO MACRA (CN)