Maso Plaz: agricoltura sinergica e massima biodiversità… Alois Margesin

Brez. Divisioni di frazioni in una territorialità rarefatta, che tra qualche anno non è detto che esisterà ancora. I frutteti cominciano lentamente a lasciare spazio a quei boschi dove l’ancestrale è disgiunto e l’impossibilità di redigere il filare mantiene distante il desiderio di catena di montaggio. Si percorrono un paio di curve, si raggiunge un altopiano puntellato da qualche campo di segale, si chiudono le bestie da latte nelle stalle, perché il Trentingrana è tanto fondante quanto il meleto, e inizia ad insinuarsi qualche montagna sopra i mille metri che corrobora quel po’ di abbandono che renderebbe un po’ tutto più fascinoso. L’inaspettato è oltre l’inganna occhio, è un sepolcro pre-primaverile, dove gli scheletri lignei avvolgono cancelli chiusi e lo stagnante è pronto per riaffiorare e rifiorire. Non attendendo il tempo delle visite, le cantine si riempiono di muffe e si nascondono le inettitudini per non dover spiegare l’assenza della neve e di un turismo dilapidato nell’interdizione. Trovare un giardino di biodiversità assoluta è un atto di fede che lentamente può anche prescindere dai racconti.

Alois Margesin ha una storia a cavallo tra l’Alto Adige, sua terra natale, e il Trentino, sua terra putativa. Famiglia di frutticoltori a Lasa, Alois, per motivi contingenti, deve tornare in azienda, dopo aver scoperto a Londra il mondo dei negozi biologici, apportando lentamente una piccola rivoluzione. I frutteti rimangono indirizzati, mentre il mondo del bio, tra gli anni ’70 e gli anni ’80 in quelle terre, non aveva ancora uno stereotipo da ricalcare. Il principio è stata la fondazione di un negozio per stimolare l’agricoltura locale e per acquistare prodotti che in quel proto-organico mantenevano ancora un senso estensivo. Il giardinaggio, a latere, è rimasto sempre sotto forma di richiesta. La rivoluzione nel Burgraviato altoatesino, su orme familiari ormai impresse, non era più semplice che nella vicina Val di Non. Così, a metà anni ’90, Maso Plaz ha rappresentato quella forma di espressione emancipata in terre coercitive e cooperanti. La variabilità in un mondo di filari e impianti a spalliera.

Alois è un vivaista che sta provando a mantenere un parco di biodiversità all’interno di una agricoltura replicante, dove varietà antiche di frutta e piante aromatiche possano coesistere in simbiosi, mantenendo distanze e precauzioni. Sì alle serre, ai giardini zen, alla riproduzione delle rane e alla confusione selvatica. Una permacoltura di colori e fragranze con il desiderio di una trasformazione. E così ecco l’agriturismo, le stanze di stagionatura di speck e pancette e una futura troticoltura per scopi autarchici.

Dal Mediterraneo alle Alpi, maso Plaz è una sinestesia psichedelica, dove perdersi senza alcuna necessità del ritrovamento. Alois è un eccentrico nel suo egocentrismo, urbano quanto basta per non regalare empatia e asciutto di stile nella sua visione del mondo in “ismo”. Lavanda, patate, mele, pere, albicocche, pomodori, zucche, semi biologici e biodinamici, pere, musei di civiltà contadina, peperoni, cipollotti, piante officinali, piccoli frutti, noci, noccioli, pesche, ciliegie, vigne, fagioli, piselli, cardi, asparagi, cetrioli, cavoli, colture associative a rotazione annuale, rosa canina, centinaia di specie di insetti, rabarbaro, rose, erbe giapponesi e tutte quelle forme che il selvatico riesce ancora ad accettare nella sua gogna contemporanea tra l’antico e il produttivo moderno.

Alle cucine butto un occhio e preferisco non soffermarmi, il desiderio non sempre surroga la necessità, tralascio le orecchie e mi abbandono a quei tre ettari e mezzo di assoluta follia che ogni traballante gastronomo prima o poi dovrebbe percorrere…

MASO PLAZ

BREZ (TN)

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