Paesaggi e idee per burro e formaggi… Giorgio Rusconi

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Versasio. Frazione sopra Lecco sulla strada per i Piani d’Erna. Bivio, che abbandona per strada i suv e le facce abbronzate direzione funivia domenicale dove preparare i racconti per l’ufficio, e direzione altopiano scosceso, dei prati tracciati, un po’ di neve, un po’ di bosco venatorio e un po’ di sguardo sulla Grigna. Questi luoghi che si dimenticano del lago, che tralasciano la Valsassina e che sono nascosti appena fuori l’appetito non hanno nemmeno più le tracce sulla terra bagnata, non hanno nulla che non dimenticanza, appiattimento sotto le montagne dei milanesi e fughe a produrre latte per cooperative e grandi aziende casearie che il latte lo comprano, lo pastorizzano e lo trasformano. Seguire una filiera in questi declivi che ridanno indietro solo fieno è qualcosa di assolutamente post-moderno. E così Giorgio Rusconi, il nome più “lombardamente” desiderabile a queste latitudini, ha preso in mano l’eredità dello zio, la sua rusticità, la sua ruralità, l’amore economico per le quote latte e la voglia di rimettersi in gioco, cinque anni fa, per provare a trasformare il latte e la panna.

Una stalla con una ventina di Frisone, qualche Bruna Alpina e un paio di incroci, le manze da carne a cui è dedicata più libertà e il pascolo estivo, fieno totalmente auto-prodotto, sfarinati, un po’ di cereali e un po’ di proteine, svariati ettari di bosco da gestire, una casupola con alcune galline e qualche fagiano, una disposizione verticale delle strutture, ma soprattutto un piccolo caseificio per dar vita alle forme del latte. Qualcosa di picaresco, di assolutamente controcorrente, a metà strada tra il dilettantismo e una forma di artigianato che ha provato a riportare il concetto di buono al concetto di microscopico, dove si possono ancora controllare gli errori ed essere fieramente sicuri della bontà del prodotto.

“Io faccio il migliore burro al mondo. Sui formaggi possiamo discutere ma sul burro no”. Ecco, soffermarsi sull’affermazione, sulla protervia, sull’ironia o sul sarcasmo congenito di questo allevatore dalla leggerezza sorprendentemente misteriosa, o sulla verità o meno dell’assunto, sarebbe assolutamente risibile e quanto meno irrispettoso, il burro, questo burro, ha delle particolarità uniche, probabilmente senza eguali. La riflessione è pateticamente bunueliana, è qualcosa di talmente surreale da non avere miscele. Prima cosa: il simbolo dell’azienda Rusconi. Una R rovesciata. Creatività? Modernismo caseario? No, un errore del falegname sulla forma di legno dove viene adagiato il burro appena malassato. Il ribaltamento è già straniamento. Ma la mia ricerca della zangola mi tira fuori dal paradosso, incantandomi. Mi attendo l’affioramento e mi trovo davanti la centrifuga. Pulizia, finalmente. Sì, ma la zangola? “Non ce l’ho e non l’ho mai avuta”. “E come lo fai?”… C’è l’odore della sobrietà, le pareti sono linde e il clima avvolge i formaggi nella loro stagionatura. C’è una semplicità disarmante che non permette repliche, così mi adeguo e seguo pedissequamente il suo imporsi. Non c’è una zangola, c’è solo un bidone laccato, venticinque litri di latte per kilo di burro, le braccia di Giorgio e un segreto che non può essere rivelato. Una zangola umana che omogenizza il prodotto, rompendo i globuli di grasso. Questa è l’immagine. Almanaccata, verosimile, reale?… è poco interessante. Quello che conta è il prodotto…

…buono, profumato, grasso, ben amalgamato e ben messo in forma, non si rompe e non unge, non ci sono goccioline d’acqua al taglio, bianco e delicato.

Il resto è una miscellanea di tre formaggi: un caprino di latte di vacca, nella tipicità acida lecchese, dove il caprino è elevato a paradigma e il latte di vacca è una mera imitazione che non perde struttura (granulosa) e sapori (acidi/lattici), un taleggio a latte crudo, poco stagionato, molto simile ad uno stracchino a munta calda delle valli orobiche, che lui non ha spazio per portare avanti e che se lasciato proteolizzare e mantecare ridà indietro molta più dolcezza che sapidità, e un latteria che fa stagionare in Valsassina, con un 20% di latte scremato, perfetto. Un formaggio che sa di latte e che sa di formaggio. Pochi mesi di affinamento, elasticità, crosta molto morbida, poco sale e molta masticabilità. Il tempo non lo aiuta…

Giorgio Rusconi ha deciso di lasciare i suoi formaggi avvolti in un alone di mistero, si possono comprare lì e da nessun’altra parte. Niente mercati, niente ristoranti, niente botteghe. Un disinteresse legato più alla potenzialità che all’arroganza. Personaggio iconico in un mondo di guance rubizze. Solo per questo, varrebbe una fermata e la decisione per il grasso piuttosto che per i moon boot

 

AZIENDA AGRICOLA GIORGIO RUSCONI

VIA VERSASIO

LECCO

 

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