Pane, amore e pasticceria… Simone Rodolfi e Vita Agnusdei

Brescia ma senza il borghesismo provinciale. Periferia, insegne arabe, autostrada vicina, cielo plumbeo, verità e coraggio. Vialone, traffico ma soprattutto anonimato.
Due giovani, a Milano, avrebbero aperto un Concept Store, dove essere tutti amici, clienti e padroni, e dove regalare vernissage e divani in ecopelle, con Bon Iver in sottofondo. Qui a Brescia, invece, ci sono dei ragazzi che del parvenu non hanno nulla. Qui, culo e sveglia presto sono l’abitudine di una vita.
Venticinque anni lui, qualcuno in più lei. Insieme nella vita e insieme per lavoro. Colpo di fulmine alla Cast Alimenti e viaggi cittadini ma separati.
Simone è molto sicuro, quasi sfacciato. Sorriso laccato sempre in rotazione, parola umile e poi schiacciasassi. Se lo può permettere? A quattordici anni ha iniziato a fare il cuoco, poi ha dovuto lasciare per problemi di salute ed è tornato più bello e forte di prima. Stage un po’ ovunque. Fuga in Francia dove ha fatto il mantenuto e l’allievo da milionari panificatori maudit. È rimasto sconvolto e ha deciso di essere il primo. E forse ci è riuscito. Probabilmente, però, lo sciovinismo d’oltralpe, diventato luogo comune da baffo insù e maglietta a righe, non persuade il pubblico di massa. Ma tant’è. Sapienza e precisione non sempre s’attagliano all’orizzonte del gusto… e soprattutto del gusto semplice.
Una volta rientrato, Cast Alimenti (dove la sua facondia non l’ha tenuto lontano da controversie… con buona pace dei mammasantissima…), consulenze, campionati del Mondo (chiaramente vinti… uno con Ezio Marinato…), stima viscerale per qualche dissidente (leggere Luigi Biasetto…) e apertura di Profumo di Lievito.
Vita è tarantina, ancorchè io non l’abbia ancora capito. Ha una storia di abbandoni e ritorni alla propria città. Studio, bar, lavori in proprio e poi Iginio Massari. Qualche anno alla Pasticceria Veneto in qualità di “cocca” e di tuttofare. Per imparare, sarebbe bastato anche molto meno. Insegnamento e disciplina, manco fosse uno slogan della destra revanscista e conservatrice, sono le basi massariane. Il resto, il feeling, la pulsione affettiva sono conseguenze, poco o molto interessanti.
Sicuramente, il neutro sterile o l’inerte suppellettile non fanno parte dell’anima di ritorno dalla guerra. Vinta o persa sia stata…
Vita ha pianto e se ne è andata per un’avventura forse avventata, forse no. I crismi dell’avvedutezza non li ho riscontrati. Entrambi molto materici e poco formali. Dalla colazione al salato è tutto sudato su quaderni d’appunti che Simone si porta dietro, senza chiaramente aprirli, da una vita. L’immagine è contemporanea e senza fronzoli. Anche nella scelta di materie prime non sempre all’altezza. La tecnica sovrasta la loro voglia di cercare. Limite. Superabile certamente. Ma ci si deve fermare. O prima o dopo. Guardarsi intorno e lasciare che il mondo gareggi da sé. E Simone qui è il traino…
Venticinque anni di purissime mani. Capacità innate, tecniche tradizionali e tecniche francesi. Ricette stravolte (per la felicità del buon Giorilli…), l’Italia come transizione e una rete di artigiani aleatoria, quasi intangibile. Rotture (pare legate all’apertura del negozio…) e un filo di proterva solitudine. Ma il laboratorio e l’assaggio sospendono le mie brume…
La classica micca da un kilo non fa parte né delle sue fantasie né della sua quotidianità. Il lievito madre in purezza è qualcosa che ha il volto dell’abitudine. Quella dei clienti che devono adeguarsi. Farine, principalmente del molino Grassi (tecniche con poco sapore…), ogni tanto qualche bizzarria (tipo il monococco…), biga a lievito di birra, sale e acqua.

C’è qualcosa di gastronomico che sorge: la materia prima è come se dovesse apparire dalla profondità di campo. Un filo sfocata. Il suo amore per la Francia, la sua tecnica elegiaca e le sue ricette così diverse hanno il risalto della nitidezza: macchinari per tagliare la massa in piccoli panini, cestini in vimini dai prezzi folli, terracotte “caramellate”, beurre Aoc Montaigu (sensazioni al naso molto lattiche e sapori molto delicati…). Tutto questo fa sembrare e fa ritornare. Dal pain au chocolate allabaguette. Per il croissant la parola uovo non è nemmeno identificata. Solo burro.

Così a quell’età, nella periferia bresciana, in un locale minimalista. Se non è coraggio questo?

Per la precisione, ci sono anche i prodotti. Focacce con un impasto dedicato (e qui i volti triviali della panificazione crollano un par tête…), pane pugliese (metà birra e metà madre, soffice, quasi aereo, pochi profumi ma ottima masticabilità…), filoni evanescenti (eccezionale consistenza…) e qualche dolce di Vita (su tutti, una crostata morbida di mele, con una pasta veramente friabile e un pasticcino lampone/pistacchio che, con la materia prima rifinita, imporrebbe un modello). Per i lievitati, c’è il mio tempo… che è più blando…

… ma la sicurezza di Simone non ha smesso di tormentarmi nemmeno nella scrittura… qualcosa di morboso… estrememente reale ed esemplificativo… ma le storie, i paradigmi e le televisioni sono sempre troppo lontane… così la realtà si appiattisce e il giovane esemplifica La Decadenza… Simone potrebbe affascinare (formando?), altrochè se potrebbe affascinare…

PROFUMO DI LIEVITO
VIA CORSICA, 86
BRESCIA (BS)

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *