Patata di Starleggia: un recupero anticonvenzionale… Saul Caligari e Antonio Scaramellini

patate

Valle Spluga. Valcava. Quella distanza da Chiavenna e da Madesimo rassicurante e selvaggia. Fuori stagione qui mancano anche le eventualità del raggiungimento. La Svizzera è determinante, non ci sono valichi e non ci sono più opportunità di scelta. La cultura alpina si è fatta in altri versanti dove la dimenticanza è diventata recupero e opportunità di lustrino. Qui l’abbandono è ancora oggi un tempo senza soluzione. La patata, che nel corso dei secoli ha sostituito le radici nell’alimentazione montana, dalla metà dell’ottocento è diventata sussistenza e salvezza, omologazione e impossibilità di farne a meno. Quando alla povertà si è sostituito il turismo e anche il curato ha preferito dei nitidi box alla coltivazione della patata di Starleggia, ormai rimasta avamposto leggendario e introvabile, eccezion fatta per qualche privato e per due chiavennaschi che han pensato bene di ridar vita a degli orti in quota e al Giardino Alpino Valcava, l’espressione si è trasformata in un risarcimento più che in un recupero. Saul Caligari, ex giardiniere e appassionato botanico, e Antonio Scaramellini, ex architetto sono alle radici di quel resta…

Hanno deciso non solo di rintracciare la patata di Starleggia, utilizzando un giardino di quasi dieci ettari in mezzo ai boschi a 1800 metri di altezza, ma di provare la coltivazione anche più a valle, sopra Chiavenna e al di là delle rupi di quel poco vino rimasto. Così Saul, da giardiniere d’elite, è diventato produttore di patate, cercatore di radici e conservatore di erbe officinali.

La strada della povertà montana ha sempre interessato la MittelEuropa ed interessa il gourmet sostenuto, ma i nostri confini domestici, le casalinghe dal pizzocchero sempre pronto e i tardoni medievali del ritorno alle origini sono bloccati a ciò che vedono. Così bisogna guardare oltre le Retiche, in quella Svizzera che sta prendendo le Alpi e sta insegnando a degustarle ad allevarle e a coltivarle. Attraverso il recupero e la dedizione, attraverso volti segnati e felici, attraverso scrittori come Dominik Flammer che hanno marcato una profonda cintura formativa su quella linea di confine che parte dalla Slovenia e arriva alla Francia, e attraverso associazioni come Pro Specie Rara che sta continuando a difendere le diversità genetiche delle colture e delle culture.

Saul e Antonio si sono rivolti a loro per creare un orto che avesse un senso nella restaurazione di qualcosa che c’era stato. E così, accanto alle Starleggia (bianche e rosse), tardive, farinose e conservative, anima povera di queste valli, sono arrivate le Blu a pasta gialla, la Precoce della Prettigovia, la Roseler, che fonde in bocca da quanto è morbida, la Ostara, la Highland Burgundy Red, polpa e buccia rossa, straordinaria in una zuppa fumante, la Bristen, buccia violetta e polpa bianca, la Blu San Gallo, polpa viola da mangiare arrosto mantiene in cottura l’intensa colorazione a differenza della leggendaria Blu di Svezia, che però la riprende raffreddandosi, e la BodenKraft, tedesca tardiva.

Saul sta cercando di rimettere in circolo le sementi e i terreni. Pianta, raccoglie il seme, raccoglie le radici, cercando una rigenerazione di saperi e possibilità per i giovani della valle, per gli chef e per quegli artigiani che hanno smesso di cercare. Così va a caccia delle gemme di pino mugo, della fioritura del finocchietto e di quell’alimentazione scomparsa nel corso del tempo per privilegi e benessere.

Pascolo, bosco e orto diventano possibilità e non recesso, espressione di montagna e futuro. Saul e Antonio provano ad insegnare la salvaguardia, la lavorazione del terreno, la semina, la concimazione e la difesa delle piante, provano a rendere la Valle Spluga meno remota e più adatta ad essere messa in opera…

ASSOCIAZIONE CULTURALE I POORT

VIA MAURIZIO QUADRIO

CHIAVENNA (SO)

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