Pflegerhof: le signore delle erbe… Martha Mulser

Castelrotto. Domenica di fine novembre. Saracinesche e persone a passeggio al lato della strada. Carrozzine e pecore con il passamontagna (cit.). Il sole della Val Badia è un lontano ricordo. Quando la neve si è spezzata nelle accelerazioni della macchina, le nuvole basse hanno rapito il senso. Nessuna possibilità di comprendere al di fuori del navigatore. Selva, Ortisei e il Sassolungo sono immagini rifratte da un torvo giovincello alla fermata dell’autobus bardato con una maglietta a maniche corte!! Il freddo, se possibile, si è centuplicato. Ma più per una sensazione d’incoscienza. Il Passo Pinei sarebbe potuto essere una languida via periferica e metropolitana. La nebbia, però, non ha lasciato che immagini di sé. Fino all’apparizione di Castelrotto, di qualche mucca e delle immense distanze tra frazioni. Via Sant’Osvaldo non è Frazione Sant’Osvaldo, è solo la strada più lunga per arrivarci. Un gregge di pecore suffolk, affiancato da una coppia di gemelli dentro un passeggino, è tutto ciò che resta. O quantomeno l’origine.

Da questa terra non me ne andrei mai.

Qualche meleto fuori zona e una strada che non lascia all’impero che il tramonto. Così, sbagliando strada innumerevoli volte, immaginando Alpe di Siusi, Sciliar e stregonerie ataviche, sono arrivato al Pflegerhof, il “maso delle erbe biologiche”.

Fuori dall’ordinario. Contemporaneità di quell’Alto Adige fatto di legno e vetro, un dirupo davanti dove degrada, non proprio dolcemente, la montagna, e, a cingere il tutto, un castello diroccato, non più della famiglia Mulser, che a immaginarlo sarebbe venuto peggio. Ecco, in questo luogo, è bello poter credere…

Martha, le sue due figlie e sua sorella Margaret sono gli ultimi trent’anni di questo maso. Dall’inizio degli anni ’80, con la conversione al biologico e la questione sulla possibilità di campare delle proprie erbe, fino alle nuove generazioni, quelle degli studi universitari, quelle delle quindici (o giù di lì) tipologie di salvia, quelle della nuova futuristica serra, quelle dei due ettari – che piantati ad erbe sono qualcosa di mostruoso, di quasi ingestibile… -, più infiniti in mezzo allo precipizio, tra rocce, pascoli erranti e vegetazione spontanea. Tutto ciò su una strada che non porta a nulla e che non viene da nulla. In mezzo al desiderio. Anche perché, passarci per caso, a meno di non essere Marion Crane, è pressoché impossibile…

Martha è l’accoglienza ed è la gentilezza. Non ha maniere e non ha struttura. E non è questione di tempo e di conoscenza. L’agio non lo è mai. È quando il dialogo diventa un’opportunità che ti accorgi di non fare fatica. E così nella difficoltà della lingua comune, la passeggiata in mezzo alle colture è diventata un principio d’iniziazione. Un sicuro ritorno per approfondire aromi, fragranze e possibilità.

Una su tutte: la salvia ananas (o Elegans). Qualcosa fuori logica. Talmente sgraziata negli afrori da risultare perfettamente equilibrata. Una dolcezza balsamica incredibile. E così la salvia melone che diventa salvia limone.

Abbandono panificatorio:

Cumino, finocchietto o anice? No, l’origine dei sapori di qualunque pane altoatesino è da ricercare nella trigonella che tutto cancella. Profumi, identità, farine. Con giustizia o ingiustizia.

Le coltivazioni si susseguono, si affiancano, si sovrastano. Le mie dita maciullano foglioline per tirargli fuori l’essenzialità. Ortica delicatissima, veronica, altea, dragoncello, timo, rosmarino, salvie varie, mente varie, anice stellato, sambuco, camomilla, malva, calendula, nigella, olivello spinoso, forsizia, caprifoglio, achillea, melissa, basilico, isoppo, santoreggia, centaurea e qualunque altro aroma che possa illuminare un’impossibile definizione enigmistica. Nemmeno Corrado Assenza, nel “leggendario” racconto di Cesare Battisti sul liquore alle sette erbe, vestito da “Palato Assoluto”, le saprebbe cogliere tutte!!!!!!

Secco, fresco, in piantina, sotto forma di tisana, di pozioni alchemiche, di sciroppi, di sali aromatici, di rosolii, di condimenti e di brodi vegetali (incredibile concentrato invernale…), sotto la neve, sotto il sole, nella raccolta dei fiori, nel gelo invernale, tra i terreni argillosi, tra i terreni sabbiosi, tra le serre a caldo e tra le serre a freddo, Martha e le sue figlie piantano, curano, raccolgono, impiantano, essiccano. Si prendono cura del selvatico, di quello che andrebbe perso e di quello che sembrerebbe libero ma che libero non è. Addomesticare la spontaneità fa parte di quel senso civico che non ci appartiene più, di quel rispetto primitivo che manca di un insegnamento. Con le piante, con gli animali e con gli uomini. Le erbe spontanee, il radicchio dell’Orso e la bardana hanno il fascino della solitudine e del raccolto, ma razionalizzare è obbligatoriamente la meta di ogni artigianato. E così la coltura e la raccolta son due lati di una stessa medaglia. Noris Cunaccia (Primitivizia) e Martha Mulser. Trentino e Alto Adige. Natura e cultura. Il sapere non è solo l’avventura dell’estate e la notte stellata a coprire il sacco a pelo. Riconoscere questo ci porterà ad avere fiducia negli allevatori, nei coltivatori, negli addomesticatori e nei circensi (omaggio!)… Per i più temerari: fiere, beccacce, giungle e cannibalismo…

 

MASO PFLEGERHOF

S. OSVALDO 24

SIUSI/CASTELROTTO (BZ)

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