Corte Palasio. Sponda sinistra del fiume Adda. Il più classico dei non paesi di origine alluvionale. Un migliaio di persone sparse dedite all’agricoltura e all’allevamento di Frisone da latte. Poca inventiva e una strada che finisce nel nulla, in una piazzetta dove abbandonare il pudore e dove scontrarsi contro un ristorante ormai chiuso. L’Adda, lì a pochi passi, genera quella rigogliosa natura che non regala più nulla all’immaginazione. Sottesa dietro cumuli di trinciato, lascia da parte il fluviale per dedicarsi tranquillamente al languore. Le cascine recuperate han tolto verità e le costruzioni per biciclette hanno portato la cultura del solido al punto di non ritorno. Questa è zona di fiumi e di fontanili, di quei retaggi agricoli da marcita e di quella Pianura Padana che ha ripreso l’acqua del Po rifiutata dalle stratificazioni e l’ha rimessa tiepidamente in circolo per creare quelle leggende che, quando la nebbia non la tagli nemmeno con l’immobilità, fuoriescono misteriose e affascinanti. Dissidi, lamenti e feste sull’aia. La cultura è andata talmente lontano da portare verso casa qualche fuggiasco ancora alla ricerca del folklore. Così i quarantenni di Corte Palasio erano i ventenni di Corte Palasio e l’agricoltura è solo diventata più sostenibile, cercando vie alternative a porcilaie coi letti a castello e fermentazioni acetiche per bovine iper-produttive.
La famiglia Zanaboni viene da una tradizione agricola che ha deciso di smembrare, per riportare una contemporaneità con un senso. I fratelli si sono divisi il dovere. Da una parte Frisone da latte, in conferimento ai vari caseifici del Grana Padano e del Gorgonzola, che sono diventate una scelta e un abbandono, dall’altra Angelo, insieme ai figli Davide e Roberto e alla nuora Milena, staccandosi dal passato famigliare, han provato a portare oltre un’idea di allevamento suinicolo che non prescindesse dalla trasformazione. Una parte, ancora oggi, viene destinata alla vendita per la Dop del suino pesante. Presi dopo pochi mesi in allevamenti lodigiani, vengono portati sui 160-170 kg e conferiti ai prosciuttifici, il resto, ed è un resto di tutto rispetto, viene portato tra i 200 e i 250 kg, fatto macellare e ritrasferito in azienda in mezzene.
Questa è una zona che del salame ha fatto una religione. Cosce e culi van tutti lì, prosciutti e culatelli rappresentano altri luoghi e altri tempi, eccezion fatta per un cotto curato direttamente dagli Zanaboni, di un’invidiabile dolcezza (salatura leggera in arteria, ossidazione improvvisa, il rosa scurisce e la fetta si scioglie letteralmente in bocca). Salami, salamelle, cresponi e gentili. Niente cotture, tutti crudi. Cotechini e zamponi rappresentano l’autunno della prenotazione.
Roberto si occupa della trasformazione e del banco. È partito, anni fa, con poche celle a vista e ha trasformato il suo laboratorio in qualcosa di particolarmente moderno, dove la legislazione deve essere una sottile forma di trasgressione. Stanze di stufatura e stanze di stagionatura, le cosce s’insaccano e le ariste vanno per il fresco. Marezzate, umide, piene. Nel fresco c’è quella differenza che non fa accorgere di sé. I salami, stagionati quasi cinque mesi, sono un buon prodotto, una punta di umidità residua in bocca e una masticabilità piacevole. Grasso tondo, con una buon tenuta che difficilmente irrancidisce. Un salame che del piacevole non si porta dietro lo stupore.
Cascina Ancona è un luogo riguardoso dove i figli rispettano i genitori e dove i genitori rispettano i figli. La presenza di papà Angelo, allevatore di lunga data, che cura, insieme al figlio Davide, i campi di prato stabile, il fieno e il ciclo proteico dei suoi suini, è molto restia all’apparenza, lascia che la libertà di Milena e Roberto sia sempre un cenno di assenso: posizione di chi ha capito il proprio ruolo nel mondo, molto al di là del dovere e della chiacchiera. Perché qui i ruoli sono i ruoli di un sistema in cui la coesione è l’unica speranza. Angelo e Davide rimangono distanti e Milena comunica quello che suo marito in poche battute davanti al passato intuisce possa essere la dimensione del suo lavoro d’artigiano: “io ho cominciato per tradizione famigliare, non sapevo nulla di insaccati, poi un giorno, così, mi è scoppiata la passione…”. Altrimenti la burocrazia gli avrebbe già portati in altri lidi, meno ameni e più solidi…
SPACCIO AGRICOLO ANCONA
LOCALITA’ CASELLARIO
CORTE PALASIO (LO)