Preore. Poco più di quattrocento anime, una pizzeria chiusa, un bar aperto, una piazza “(o)sculturata” con le macchine in bella vista tra i parcheggi, una pista ciclabile, un fiume e un allevamento di trote. Non ancora montagna e non più pianura. Senza dilezione e senza turismo. Il viatico non è nemmeno quello del passaggio. Qui, si guarda alla montagna e alle valli laterali. È tutto un succedersi di paesi che non hanno strutture se non curve. L’erba è talmente verde da risultare fuori contesto. Oltre la pace, oltre la tranquillità.
È un luogo sereno che dell’amenità non si porta dietro nemmeno i colori. Una poiana si aggira al di sopra dei boschi che urticano i sentieri. Non ci sono restrizioni, manca la fretta, quell’unico ribelle pomeridiano ha preso posto al tavolino del bar, cementificando il suo rapporto con l’asfalto attraverso un Crodino biondo, quello che non ha più epoca perché non è nemmeno più noccioline. Il pubblico e il privato sono facce diverse della stessa cooperazione. Qui il notabile è notato. Non ci sono costrizioni alla fama. Così, diverse vasche che prendono il fiume addomesticandolo non possono mai passare sotto traccia.
Prati, biciclette, un centro sportivo che è già un obbligo al movimento e l’abitazione-laboratorio della famiglia Leonardi, trasformatori ittici di pesci di fiume allevati dalla stessa famiglia (i cucini di Vittorio ndr…) nelle vasche dirimpetto e nel Banale. Trote, salmerini, coregoni, qualche temolo e poco altro. Così, Vittorio, sul finire degli anni ’80, dopo aver lavorato per anni nelle vasche di famiglia, ha deciso di affumicare la sua prima trota, poi la seconda, poi la terza, di mangiare carbone, poi legno, poi fumo e poi di mangiare la sua strada. La trota aveva bisogno di essere riconosciuta, sfilettata, marinata, messa sotto vuoto e lavorata con tutti i crismi della conservazione.
Vittorio, sua moglie Lucia e i suoi tre figli hanno portato alla luce, in un piano terra della villetta di famiglia, in un luogo senza macchie né lamenti, un’informità dell’alta ristorazione, qualcosa che mancava, un prodotto che andasse al di là del semplice pesce di lago/fiume da ristorante sul lago/fiume, con il tedesco in braghe corte alla ricerca del “branzino d’acqua dolce” (cit.).
Conservazione e fresco. Recuperare una sapienza antica, un modo per procrastinare la povertà e per dilazionare il piacere. Affumicatura e marinatura conservano ed esaltano, la famiglia Leonardi ha solo dovuto mettere a punto le ricette. Dove non sono arrivati il prezzo, la troticoltura o l’ingerenza ristoratoria, si è andati direttamente all’origine. Non ci sono trucchi e nemmeno inganni, i segreti da laboratorio mistico sono leggende di altre famiglie e copia-incolla di altre troticolture, magari più a sud, qui si è fatto un discorso differente, l’unico possibile per conservare mantenendo: la materia prima. La dialettica della ricetta è l’unico suppellettile al processo. Così la chimica e la poesia rimangono nella bocca della poiana che vedendo le trote saltare, può ben dirsi sicura di aver trovato il paradiso.
Vittorio ha la signorilità antica di chi può fare aspettare le cravatte sudate e strozzate dei banchieri in divisa al di là della porta. Filettatura, marinatura, affumicatura e salatura sono quelle cose che è riuscito a portare fuori sotto forma di prodotti. Un paese, Preore, che non ha bisogno di telefoni per essere comunicato, alchimie e collaborazioni come raggiungimento finale di un’idea di delicatezza. Trota Oro, fuori da lì, fuori da quel verde e da quei boschi, a partire dalla magniloquenza del nome, sembra molto più imbalsamata e molto più aziendale. Raggiungendola, invece, l’aspetto è semplice: quello della sincerità…
Qui, dove le acque sono più calde, soprattutto d’estate, vengono allevati i coregoni, le trote fario, marmorate e iridee (che accresciute con appositi mangimi contenenti carotenoidi diventano salmonate…), più in alto, dove l’acqua arriva dai torrenti e dove la temperatura non supera mai i dieci gradi, i salmerini alpini, una specie sempre più difficile da trovare. Scelta e lavorazione lo stesso giorno. Pulitura, filettatura, salatura a secco con una miscela di sale dolce di Cervia e di zucchero di canna per trovare una bilanciatura, che dà l’abbrivio alla compattezza delle sue carni. La marinatura e l’affumicatura finalizzano il lavoro di ricerca (lo chef Peter Brunel ha messo a punto una tartare con il miele favolosa) che nella struttura mantiene le carni perfette. Il salmerino marinato, con una marinatura leggera, una miscellanea di aceti aromatici di Pojer e Sandri, zucchero e sale, è di una consistenza senza espedienti. La risposta di Vittorio è senza conforto: “dipende tutto dai prodotti che utilizzi, non ci sono misteri”. I segreti di Pulcinella sono l’affumicatura a freddo, le sei ore insieme a segatura di faggio, la marinatura delicata per il salmerino e un filo più aggressiva per la trota, l’olio d’oliva e l’olio di semi, l’invasettatura e il sotto vuoto. In mezzo resta la sapienza, quella di offrire la lievitazione naturale sotto forma di paradosso, quella di proporre quella tartare, quel miele e quella straordinaria struttura, ricondotti sotto la stessa forma. Poi ci sono le bottarghe e le uova di trota, aggressive, molto gastronomiche, giocose, troppo gastronomiche, troppo giocose e troppo aggressive. Almeno per me. La concretezza non è necessariamente un gioco di contrasti. Anche la tartare subisce una lieve affumicatura, che è sempre bilanciata, mai aggressiva e assolutamente rispettosa della degustazione. Il fumo arriva non come gusto ma come contesto.
Vittorio è una persona da tempo nelle mani, lunghi silenzi e una passionalità tranquilla… un signore della valle che fa ancora le cose per bene…
TROTA ORO
LOCALITA’ ISOLO
PREORE (TN)