Trapani. Saline. Se esistessero, sarebbero il posto più bello del mondo. Invece non esistono. Non esiste il lavoro e la fatica del paludiere, non esiste la necessità di raccogliere un prodotto così basilare e la necessità delle famiglie di dedicare preoccupazioni e spasmi, non esistono nemmeno i tramonti, le isole Egadi contro luce e il desiderio di passeggiare sul ciglio dell’acqua. Esistono solo alcune foto, le rotte turistiche lontane, un relais, un ristorante, il paradosso di Zenone e la felicità per Truffaut “che si racconta male perché non ha parole, ma si consuma e nessuno se ne accorge”. Ecco. Le saline sono l’attimo più bello del mondo. Qualcosa che non è Sicilia e non è tramonto. È vecchiaia, gioventù, malessere e perfezione. Battuto e beato, non resisto alla commozione e alla chiacchiera. Ma anche il dialogo è un piatto di pesce che non resta. È un orizzonte di fatica, sudore e passato mai passato dal lato della quotidianità. Scrivere è già marmo. E così mi focalizzo sui mulini a vento, sulle montagne di sale, sulle persone che ho accanto. Guardo rifrangersi la mia nostalgia e non posso fare a meno di dimenticare. Così languide da non essere ritraibili, così mare da non essere spiaggia, ombrelloni e costumi da bagno. Bisogna solamente dedicare tempo ad un posto che è la Sicilia ma è troppo lontana per poterla dimostrare.
La famiglia Culcasi, nella sua imprenditorialità e con la sua storia, è la salina ed è il sale. Esistono altri piccoli artigiani e altre grandi società, ma i Culcasi hanno preso un’alluvione e l’hanno trasformata in desiderio. Era la metà degli anni ’60 quando gli invasi vennero inondati e resi inagibili dal fango portato dalle piogge. Tal Platamone, proprietario delle saline, non ci vide nulla più che un ammasso di ruderi e decise di vendere al suo fittavolo Alberto Culcasi.
Anni dopo. La salina è stata restaurata. La burocrazia ha deciso di mantenere vivi quel paio-tre di mulini a vento, una volta produttivi nella macinazione del sale e nel pompaggio dell’acqua ora evocativi di un cielo che non c’è più; sono nati un museo, una trattoria e un relais del sale, che la famiglia Culcasi ha preso in gestione, riportando estetica e turismo. Tutto, attraverso un prodotto povero, che non ha né definizione né radicalizzazione.
Salvatore Culcasi è un uomo abbronzato e molto impegnato. Di una gentilezza un po’ distante e di un retaggio culturale che lo porta a suo fratello Carmelo come deus ex machina della salina in quanto sale. Il resto, accoglienza, ristorazione e confezione, è roba sua.
Nubia è il suo sale ed è il suo aglio. Qui, fare qualcosa di diverso è diventato una necessità contemporanea. Prima c’erano le estati in mezzo al sale e in mezzo alle trecce. La comunità viveva di e per il sale. Ora la famiglia Culcasi, insieme a pochi altri intrepidi salinari, cerca di mantenere vive lavorazioni artigianali che mal si confanno alla contemporaneità delll’industrializzazione e della vendità in pacchi de-iodati, lavorati, re-iodati e commercializzati a pochi centesimi di euro.
Il sale marino selvatico si ricava, lasciando evaporare l’acqua di mare all’interno dei bacini ricavati al bordo del mare. Il fior di sale è il primo che affiora in superficie e viene raccolto a mano prima di precipitare sul fondo. Tre raccolti tra luglio e settembre e coltivazioni artigianali, raccolte in mucchi piramidali dai colori iridei. Il sale integrale (molto al di qua della raffinazione che toglie oltre il 90% dei suoi componenti naturali) della famiglia Culcasi, ma è così per quello raccolto tra la riserva naturale Orientata di Trapani e Paceco e quella dello Stagnone, ha più potere salante, è ricco di iodio, di cloro, di magnesio, di calcio e di numerosi oligoelementi presenti nel mare. È bianco candore, grezzo anche nel sale più povero.
Non c’è della metafisica, semplicemente fa bene. Il resto è principalmente contesto: la spigola, allevata à la maison nelle acque delle saline e cucinata in crosta di sale, le vasche salate del Relais, le lanterne notturne che illuminano i sentieri in mezzo alle vasche, il tramonto sulle Egadi, i mulini fermi e contemplativi e una famiglia che per farsi conoscere non abbisogna che dell’estetica… di un tempo estratto da uno scorcio…
SALINE – TRATTORIA DEL SALE – MUSEO DEL SALE
VIA CHIUSA NUBIA
PACECO (TP)