Tuma di Langa e propensione alla bellezza… Alessandro Boasso e Arianna Marengo

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Mombarcaro è a quasi novecento metri d’altezza, in un luogo dell’Alta Langa dove le colline e gli avvallamenti lasciano spazio ai primi boschi, a quel sentore di montagna che si confonde sempre con l’abete, a quelle strade che hanno ancora impresse frazioni ma soprattutto decrescita demografica. Monte delle Barche con vista fino al riverbero del Mar Ligure… la giornata non è tersa e non soffia il Maestrale, c’è solo una pioggerellina senza sosta e anziani a bordo strada, memoria del passato e memoria, ahimè, anche del futuro. Milleduecento, ottocento, cinquecento e duecentocinquanta abitanti. Ne nasce uno, ne muoiono due e tre scappano. L’Alta Langa è terreno di weekend, di cascine diroccate e di patate, quelle che questo territorio ha sempre coltivato e quelle che questo territorio ha chiaramente abbandonato. I giovani, assuefatti alla bellezza balsamica dei tronchi, hanno solo voglia di andarsene. Un call center è sempre meglio di un pezzo di terra, la famiglia è una pagina intonsa, senza più legami se non una puzza di povertà e legno marcio. Così, per chiamarmi fin qui, ci volevano un albese e una cheraschese che, nella borgata di Casa Roccabertone, han deciso di presidiarsi.

Alessandro, dopo aver lavorato in alcuni vigneti a La Morra, ha deciso che il ritorno alla terra aveva quel certo nonsochè di programmatico, ha provato ad ammodernare una cascina con del terreno, ha cominciato ad allevare la pecora di Langa, ha imparato a fare il formaggio da Claudio Adami, uno dei guru (!?) del Murazzano, ha portato avanti dei progetti paralleli di recupero della patata e ha portato fuori tutte le contraddizioni che solo la vita rurale può indurre nelle relazioni. Arianna ha la cultura del cibo, ha lavorato per Slow Food, ha viaggiato in mezzo ai produttori, è stata tra i fondatori della CasaRotta, una cascina/comune eco-friendly, dove comunicare, sollazzarsi, coltivare, abitare, condividere, a metà strada tra la realizzazione e l’idea, ha conosciuto Alessandro e ha condiviso il suo progetto, portando quell’estetica finale che, in questa Italietta da gara d’appalto e costi dis-orbitanti, non cadrà con le stagioni dell’età e con le sue rughe. Intanto, le persiane verdi sulle pareti in pietra sono lì a mostrare candore.

Cascina e bosco, una stalla con le pecore, qualche capra, tra la Camosciata e la Saanen, un vitello, un caseificio, bianco e acciaio, una piccola cantina con assi in legno e una cella refrigerata. In mezzo, la loro casa, le loro stanze, un meraviglioso locale da rancio diventato una fattoria didattica, qualche coniglio scorrazzante in mezzo all’aia e un tenore culturale molto oltre le richieste di formaggio fresco e formaggio stagionato.

Alessandro allevava ( e alleva ancora oggi…) e faceva il formaggio, poi ha raccolto la caseificazione e l’ha ceduta ad Arianna che non deve assolutamente disimparare l’arte ingenua della tuma di pecora, quella che non ha nulla più che una proteolisi casuale, un’erborinatura episodica e un profumo di latte inarrivabile, quasi impronunciabile, la sublimazione di ogni mio desiderio caseario, qualcosa che va oltre il ricordo, oltre l’analisi ma soprattutto oltre il benessere. Le croste distaccate, la mantecatura dietro l’angolo, quella acidità al naso, quel profumo che ricorda la fava di cacao, quel latte di pecora unico tra gli unici, fanno della tuma di Langa di Arianna e Alessandro una piccola stupefazione. La ragione migliorativa è lì pronta ad accadere, ma se ne potrebbe tranquillamente fare a meno. La stagionatura esalta i sapori, nel fresco si esaltano la consistenza, la cremosità e la meraviglia della crosta. I lunghi affinamenti sono destinati ai formaggi con il latte di vacca (per ora comprato da uno dei rarissimi allevatori di Piemontesi destinate alla mungitura) che rimangono dolci, alveolati, lasciando in bocca qualcosa del groviera e qualcosa delle tome della Valchiusella. Arianna potrebbe imparare e imparerà a controllare, a creare quel filo di stabilità che nel latte crudo è l’unico indice temporale, ma l’esperienza è già tutta lì, nella finezza, nel riscontro ma soprattutto nel palato evoluto di chi sta proponendo un mestiere e non un passatempo.

Alessandro è di una limpidezza agricola che ha trovato il suo luogo, la sua vocazione, quella voglia di benessere, già portata ai suoi animali e alle sue patate, e che a breve porterà agli ospiti fortunati delle future stanze, che non ha nulla di programmatico, che ancora vede nei sogni una possibilità e non una derisione.

Un po’ di sovrastrutture e un po’ di ansie commerciali sono il prezzo da pagare alla fine del mondo…un patto con una sola mano stretta, senza ritorno…ecco una storia colta…

AMALTEA

CASA ROCCABERTONE 81

MOMBARCARO (CN)

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