Nascosto nelle maglie della Franciacorta, nel mio solito cantuccio fuori dal tempo, mentre mangio un panino, con il broncio per i continui temporali estivi, mi rimbalza addosso una riminiscenza. Brescia, Philippe Leveillè, gelato alla crema. Invito. Ed eccoci in viaggio.
La gelateria è assolutamente dentro la moda. Carapine d’ordinanza, schermi al plasma che mostrano creatività, una commessa non particolarmente attratta dal dialogo e pochi clienti. La città, a dire il vero, è sul vuoto andante…
Non sono atteso e non so cosa aspettarmi. Conosco, chiaramente, l’origine di tutto. Quel gelato alla crema che la famiglia Piscini si porta dietro dalla notte dei tempi, conosco le stelle Michelin, la qualità del ristorante, le recensioni prezzolate, le coccole finali, gli appetizer, il risotto funghi e formaggio dolce di montagna, conosco persino la storia dello chef, ipotizzo l’utilizzo dei soliti noti Longino, Selecta e De Colo’, ma decido lo stesso di affondare il colpo, per vedere se c’è una sincerità di fondo al di là delle differenze. Prima assaggio: gelato ottimo (ma non mi soffermo tanto sul gusto…), con una parvenza gastronomica, quasi gourmet, non indifferente, sia nelle consistenze, sia negli accoppiamenti (immaginate un mojito scomposto e ricomposto dal gelato alla menta unito a quello al lime…), sia nel packaging (mutuazione dalla Pasqualina delle confezioni da asporto e strepitosa novità apportata alla coppetta da passeggio: i due gusti sono separati in due piccoli contenitori, tenuti insieme da una struttura di cartone patinato, chic, elegante, con un po’ di spocchia, ma senza presunzione…). Poi chiedo e mi dirigo in laboratorio. Porta a vetri e ragazzo brizzolato alle sue spalle. Eccoci.
Alberto mi accoglie senza circospezione, con un’umiltà vissuta. Prima di lui, suo fratello maggiore, ancora prima suo padre. Il Miramonti l’Altro è un istituzione, ma come tutte le cose, longeve e durature, ha bisogno di costanza. Perciò il fanatismo per il piccolo produttore di mirtilli, di un minuscolo biotopo slovacco, si chiude in cantina e resta un’idea chiara (quasi smaccata…) di continuità e stabilità. Il gusto del cliente non deve essere ingannato. Quello che ha trovato il giorno prima deve essere trovato il giorno dopo. Automatico ma sincero. Così come nel ristorante. Il consiglio di un amico non deve essere disatteso dall’instabilità di un prodotto. A scapito dello straordinario e dello strepitoso, si possono trovare ottime soluzioni. Le quantità del pasticcere diventano quelle del gelatiere. Meglio un biologico in meno e una certezza in più. Un filo sotto, però, dal pensiero dell’unico, quello che inquina. Perchè il lavoro di Alberto è votato alla bontà, o quantomeno alla suadenza.
Informatico diventato gelatiere, idiosincratico ai complimenti e alle falsità da nome di famiglia, affezionato ad un’idea di clientela facoltosa, ma con quel pragmatismo (“al Miramonti sai, più o meno, che clienti ti trovi davanti e così puoi un minimo settarti, in gelateria entra di tutto e il rapporto con il cliente ha dei parametri complessi…”), che non saprei definire se non con imprenditoriale, che va diritto al punto. Il fascino da sognatore ce l’ha ancora nello sguardo, ma le sue parole mettono sicurezza e adagio.
Ha studiato, utilizza ottimi prodotti, pastorizza senza colpi di testa, fa maturare tutto, usa ancora qualche verticale, addensa con farina di carrube (o il guar per qualche gusto che ha bisogno di solubilità o di stabilità maggiore…), pochi zuccheri e ancora meno segreti (mi dice che la ricetta del “leggendario” gelato alla crema Miramonti è stata addirittura pubblicata sul web).
Partiamo da lì: la crema è veramente eccezionale, uovo e vaniglia perfettamente miscelati, freddo (cosa rara) e giallo napoli. Chissà se la vaniglia Bourbon è stata usata a guisa della Tahiti per una particolare ricerca di aromaticità…
Lime e menta: sarà suadente, sarà alla moda, sarà un gusto giovane e frizzantino ma è fatto veramente bene: dolce, amaro, acido e aspro, uno dopo l’altro, tolgono la sete e mettono addosso voglia di Italiano Medio… almeno per un po’… ma il gusto plumbeo è pronto ad accadere…
… pistacchio: avvolgente (non quanto il cioccolato, credo a base d’acqua, ottimo e realmente setoso e muschiato…), sapore persistente, colore perfetto, qualità veramente elevata… siamo nel gotha (Bronte o non Bronte…)… Moderno ma senza forzature ideologiche, gusto e retrogusto… nessun fastidio e nessun mono digliceride ad indorare la pillola e il gusto…
La nocciola è molto tostata (i clienti la preferiscono così e Alberto si adegua, ancorchè sappia dove sia l’optimum…), interessante, così come la mandorla (una delle migliori assaggiate tra quelle prodotte con la pasta di Agrimontana… di solito mediocre). Il mascarpone, la pesca e il limone non lasciano ricordi ma non sono fatti male. Acidità controllata (forse un po’ troppo) nel lampone, che però ha una consistenza morbida e asciutta, veramente rara.
Il gelato di Alberto ti prende a pugni, poi lentamente evapora un po’ di meraviglia, rimanendo comunque gradini sopra i blasonati artigiani bresciani. Lui lo sa e non l’ammette. Conosce la migliorabilità e la cultura per la profondità. Sulla tecnica, l’apice è vicino. Se poi un giorno venisse punto a vaghezza dall’artigianalità tout court (quella fatta di sudore, ore di veglia, ripetibilità e stupore… ma anche di errori e incostanza…) e dalla materia prima, allora ci sarebbe di che svegliare dal sonno dogmatico i metafisici di questo mondo, più o meno bravi e più o meno arrivati… ma adesso è presto, “lasciamo dormire il futuro come merita. Perchè se lo si svegliasse prima del tempo, si rischierebbe un presente assonnato…”…
GELATERIA L’ALTRO
PIAZZA MERCATO, 10/B
BRESCIA (BS)