Una famiglia dedita a fare le cose per bene… Famiglia Patelli

patelli

Gaverina Terme. Colle Gallo. Luogo di collegamento tra la Val Seriana e la Val Cavallina e luogo di ciclismo. La valle del Lujo è un susseguirsi di pericoli a due ruote, passione e discese senza verecondia. Nemmeno il tempo di contemplare un ciliegio e lo sguardo è dietro le sbarre. Il rischio è fisico, la solitudine l’unica risposta. Ogni tornante è un’improvvisazione. Qui le macchine non sono le benvenute e così l’attenzione non è mai troppa. Al culmine, la Madonna dei Ciclisti è rifugio e imprecazione. Ma solo se la fortuna è stata dalla tua parte. Altrimenti gogna. La vista fino al Lago d’Endine ripaga un po’ il nervoso e concede l’assenza di preoccupazioni. Perché il ciclismo è uno sport selvaggiamente meraviglioso ma il nostro non è un paese per ciclisti. Non essendoci divisioni, la miscellanea va sempre dalla parte del più debole. In questo caso la mia pazienza.

Ed ecco un formaggio più salvifico del solito.

La famiglia Patelli è nascosta dietro l’eremo di un taglio di montagna dove essere riusciti a mettere in piedi un’azienda agricola attiene al più canonico dei pezzi di bravura. L’identità della montagna è nel passato di tutti. Di chi è lì, di chi non c’è più e di chi produce Bitto in Valtellina. Perché le storie di alpeggiatori e figli lasciano spesso in mezzo le montagne. Alcide e Cristian sono fratelli e han deciso di portare avanti l’azienda di famiglia. Rosa e Stefano, rispettivamente moglie e figlio di Alcide, si occupano della trasformazione del latte, e Davide, il figlio deputato a diventare ingegnere, sarà quello che in azienda porterà la modernità. Una saga bergamina vicina all’afa sudista, dove tutti sono in grado di surrogare il prossimo e dove la sussistenza è sempre stata vissuta come bisogno. Alcide, il capo famiglia, di professione viaggia per allevamenti a controllare la qualità dei bovini. Ha visto di tutto e quindi ha deciso quale fosse la strada migliore per il benessere. Solo brune alpine, stabulazione libera, fieno totalmente auto-prodotto, e maiali a smaltire il siero della lavorazione. Una trentina di ettari su un declivio troppo complesso da lavorare. Così Cristian deve curare tutta la parte di approvvigionamento, la fienagione e la parte agricola dell’azienda. Stalla e caseificio sono stati da poco rinnovati con il più classico degli ostruzionismi da parte dei precedenti notabili locali che vedevano l’eccellenza come fumo negli occhi. Quella era una terra divisa, dove stracchini e formaggelle la facevano da padrone, dove il latte crudo non era nemmeno una discussione e dove difficilmente si cuoceva la cagliata, ora è l’ennesimo anfratto di media montagna finito nelle mani dei caseifici che pastorizzano tutti quegli allevamenti di chi non ha avuto troppo coraggio, con cellule somatiche e cariche batteriche rapsodiche ma ben curate dal calore e dal disinteresse di avere sempre in laboratorio quel fermento, correttore finale per la stabilità, che tutto mette a posto. Il dolciastro va bene un po’ per tutti. Non è più tempo di latterie turnarie dove la povertà era la felicità di tutti e dove realmente si respirava solidarietà. Non tanto per nobiltà d’animo o perché il passato è sempre una forma ruffiana di nostalgia, quanto per norma e forma mentis. Così erano create e così doveva essere. Da chi aveva tre vacche a chi ne aveva cinquanta.

Ora l’unica possibilità rimane quella di andare per la propria strada e provare a fare la propria filiera. Dai fieni alla stagionatura. Con tutto quello che comporta in termini di valori, errori, necessità e possibilità.

I formaggi sono molti. Rosa e Stefano hanno provato a creare una diversità. Nel fresco i profumi fuoriescono alla perfezione, il latte è pulito, le fermentazioni sono fatte bene, così nelle brevi stagionaure. A volte parte qualche occhiatura a volte un po’ di ammoniaca, ma il tempo dell’affinamento è un tempo fatto di luoghi e di professioni. Così ogni tanto, soprattutto nei grassi oltre l’anno, ci sono quei difetti grevi ma assolutamente localizzabili. Perché la conoscenza del formaggio è assolutamente precisa. Gli erborinati a pasta molle sono poco elastici e ben equilibrati, la torta semi-stagionata ha una bell’unghia e così gli undici mesi del loro grasso ricordano più un Silter che un Formai de Mut. Yogurt perfettamente acido e una nota di merito per la formaggella. Una pasta semicotta assolutamente lattica con una rottura in masticazione perfetta. Né elastica né gessosa.

La famiglia Patelli è un ritorno alle origini di un luogo che non ha mai avuto un valore intrinseco, è sempre stato un passaggio di genti e di mandrie, lontano dagli alpeggi e lontano dalle pianure. Sta perpetuando una tradizione di tempi lunghi e lavori oscuri, dove ad ognuno tocca un pezzettino di memoria. Così, quotidianamente. Senza gloria e senza peana. In quel giorno di genti impolverate e erba bagnata in cui il sole era coperto dalle nuvole e un martedì continuava ad essere un martedì…

 

AZIENDA AGRICOLA LA FATTORIA DEL COLLE

VIA COLLE GALLO 9

GAVERINA TERME (BG)

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