Dodici mesi di animali al pascolo… Santo e Giuseppe Neglia

neglia

Contrada San Cristoforo, Geraci Siculo. Molte curve, troppe curve, un paese (di cui darò lode e improperi poco fuori da qui…) inizialmente bypassato, i bevai delle Fonti di Geraci che, oltre ad ammansire lo strabuzzamento da curve, fungono da indicazioni stradali e da punti di snodo. Il dialetto locale le traslittera in bivi e così la frittata è fatta. I consigli di padri e figli su piccoli trattori e guardie forestali in divisa mi portano al di là della vallata, facendomi sottintendere che la meta me la sarei dovuta guadagnare. Tre kilometri in Contrada Quacinara, la strada si sfalda, gli avvallamenti diventano fossi, ad un tornante bisogna prendere a destra, sperare che Dio te la mandi buona e poi arrivare fino in fondo alla strada asfaltata. Lì iniziano lo sterrato, le buche e le insidie per la coppa dell’olio. Un cancello rosso determina il percorso, fa prendere una boccata d’aria e ricompensa con una visione talmente estatica da bruciare la ragione. Prati e rocce d’Irlanda sotto il cielo di Sicilia. Mille metri d’altezza e un paradiso di vacche e pecore al pascolo. La mia invidia verso la Normandia termina qui. Senza una corsa al prezzo e senza la concorrenza del vicino di casa, la Sicilia è il posto più conturbante del mondo. Non esiste niente di così candido. Nella sua coltre di reticenza, che non è per tutti, ci sono luoghi senza nemmeno l’immaginazione.

Azienda Agricola Neglia ovvero come mettere la bellezza sotto la terra per paura dell’incomunicabilità. Giuseppe arriva con i suoi tempi, bardato dalla pastorizia. Ci invita a non farci caso e a passare in mezzo a vitelloni di Limousine al pascolo, assolutamente disinteressati alla presenza dell’uomo. Arrivano anche il fratello Santo, timidezza poco dissimulata sotto la passione dell’allevamento, e loro padre, bastone, postura del corpo con le mani chiuse su se stesse, occhio sincero e schiena incurvata da pastore che fa il pastore da quando i nove anni erano l’alba della Seconda Guerra Mondiale.

Schermata 2014-04-30 alle 11.47.39

Una stalla di finissaggio per gli ultimi mesi di vitelli e vitelloni. Diciotto mesi mai superati per evidenti determinazioni del cliente. Una parte del ricovero dedicato ai maiali, incroci tra neri e Landrace, allo stato semi-brado per buona parte dell’anno, oltre cento ettari di terreno per le pecore e le bovine, dove l’erba cambia i sapori durante tutto l’arco dell’anno, dove fieno e cereali sono un aiuto, ma rappresentano la rifinitura dell’alimentazione.

Giuseppe e Santo, nell’antitesi, non concedono nulla alla facilità. La conquista del percorso non è comunque abbastanza. Per la fiducia non bastano i cinque minuti di celebrità canonica e nemmeno la possibilità di brindare alla visibilità, qui bisogna scontrarsi con gente madonita, per cui il lavoro non è mai una mostrazione. Così l’inizio è un abbandono e una ricerca del passato, di una storia e di una commozione.

Giuseppe sta inseguendo un canale alternativo a quello della sua macelleria all’interno del paese. Nella mia indole di cercatore d’insulti, basterebbe mostrare, ristrutturare e portare la gente. Fare vedere. Convincere il cliente e il macellaio attraverso la persuasione della libertà. La carne in Sicilia potrebbe essere una cultura, molto al di là del prezzo. Ma io sono un metropolitano senza calli sulle mani. Così prevengo le critiche e cerco di andare oltre il convincimento della parola. Ecco dunque l’assaggio.

Una salsiccia essiccata, di qualche settimana, perfetta. Non è nemmeno bilanciata, quell’aromatica sicula di pepe e finocchio che normalmente serve a coprire la mediocrità delle carni, in questo caso, è blandamente sottintesa. La fragranza è un mondo nuovo. Punta di coltello o macinatura si alternano per clientele differenti. Il prodotto finale dà sapori e masticazioni definiti, erbacei, decisi. Ma l’identità esplode nel bovino povero. Un vitello rosso-pascolo da lunghe cotture e profumi corroboranti. Cappello del prete e lacerto. Cotto e crudo. Infiltrazioni di grasso, glutammato, sapori incontrollati e non identificabili. Qualcosa di difficile da trovare fuori di qui. Per mancanza di comunicazione e per mancanza di emancipazione. Qui la vendita è un retaggio povero che ha bisogno di uno sfogo.

Schermata 2014-04-30 alle 11.46.45

 

Le maioliche della macelleria disegnano i pascoli e le rocce, Giuseppe taglia e, mentre taglia, non si accorge di raccontare e di fantasticare. “Io le vacche me le sogno di notte”. Qui il biologico non è una medaglia al valore, è la normalità. Qui, Giuseppe vuole aumentare le sue bovine e le possibilità della sua carne. I mercati di Palermo (l’istituto zooprofilattico, Bonagia e Calatafimi) sono un luogo di cappi al collo e prezzi da svendita di fine stagione. Questo luogo è talmente raro che è come se non esistesse. Ci vorrebbe qualche genio di Slow Food o qualche notabile dal panciotto esplosivo che possa continuare la mia narrazione. Che deve essere nascondimento, leggenda e assaggio…

 

AZIENDA AGRICOLA NEGLIA

CONTRADA SAN CRISTOFORO

 

MACELLERIA NEGLIA

VIA MAGGIORE 99

GERACI SICULO (PA)

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *