Del Monococco e dei suoi tortelli… Leonardo Salvini

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Gottolengo. In quella pianura padana che non ha più una tessitura, dove le industrie hanno lasciato ai contadini l’illusione di credersi padroni, la pausa pranzo è un tempo infinito che non ha altri sbocchi se non un saloon. La troppa fame mi getta in un bar da ultimo stadio prima della bottiglia. Il testo, il panino, il suo prosciutto e la sua barista sono di una rilevanza letteraria ma infima. Eccezione lirica: cinque sudati minuti in cui ho visto Belle Gunness, trasformatasi in vedova nera della bassa bresciana, portare a termine l’agognato avvelenamento dell’iconoclasta crapulone. Sfortunatamente riavutomi, mi sono trovato immerso in una disquisizione tra medi intellettuali dal culo basso, dall’alito fetido e dall’inflessione catatonica, che ha ammazzato nell’ordine, il nuovo governo, il vecchio governo, i partigiani, Balotelli, la madre di Balotelli, il carrozziere di un paese vicino, le fighe di legno e le discoteche che non sono più quelle di una volta. Sentendomi a casa, sono riuscito a digerire e a riavere i contadini sotto forma di contadini. Continue reading Del Monococco e dei suoi tortelli… Leonardo Salvini

Michel Bras e l’artigianato: chiarezza o confusione?

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“Non mi sento un artista, mi sento più come un artigiano, perché un artista crea un’opera che non può più essere riprodotta, con cui non si può fare copia e incolla. Mi sento come un modesto artigiano che si limita a ripetere ciò che ha annotato e scritto nelle sue ricette”. Ecco, potrebbero essere parole mie, invece sono di Michel Bras, la storia della cucina francese. In un’impietosa sovrapposizione con le immagini dedicate ad un impenitente artista (o chef) italiano, ha delineato in poche parole la visione di una cucina, di una scuola e di una nazione. Noi abbiamo bisogno di ascoltare Venus in Furs e di essere circondati dalle opere d’arte di Enrico Baj, citare Picasso o Joseph Beuys, far vedere i nostri vinili, mostrare ricchezza e (di)mostrare di essere artisti. Continue reading Michel Bras e l’artigianato: chiarezza o confusione?

“Dal centro non me ne andrò mai”… Vittorio Oldani

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Milano. Tra Via Meravigli e Corso Magenta. In una Milano assolata e che non molla. Fatta di menefreghismo da parcheggio, aperitivo con i figli in tinta, rotaie e rumori di tram, cravatte di seta e bocche sanguinanti vanità. Questa parte del centro milanese è lì da sempre e non si muoverà mai. Col passare degli anni, degli universitari, dei broker, dei pasticcieri, dei macellai, degli officianti e dei ricchi borghesi da giardino pensile, tutto è rimasto molto più uguale a Milano. L’immagine che si esporta nel mondo, la puzza sotto il naso, i negozi inavvicinabili, le permanenti, l’oro e i cagnolini col cappotto sono l’apice di una storia di ottone e platino che non può deteriorarsi. Continue reading “Dal centro non me ne andrò mai”… Vittorio Oldani

Whisky: tra leggenda e cantina… Giorgio D’Ambrosio

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Milano. Piazza De Angeli. Un luogo nascosto in una città che non esiste più. Portici anacronistici, vie senza uscita e botteghe dall’aria stanca si susseguono nella paradossale domanda “per quanto ancora?”. Ma i riti, a Milano, sono duri a morire. Rimangono legati al tempo e alle rughe, sono fatti di tavolini, di lampadari scoscesi di vetro, di boiserie in ottone e rovere, e barman pronti ancora a portare sul vassoio il Rabarbaro Zucca. In questo angolo di mondo, il Bar Metro rimane strettamente legato all’immagine di una Milano da Bere, fatta di aperitivi e tavole fredde, che non è mai del tutto scomparsa. Il rito è rimasto quello che era. Noccioline, sottaceti, salumi e pinzimonio. Continue reading Whisky: tra leggenda e cantina… Giorgio D’Ambrosio

Tartarino di Vicoforte e il cioccolato… Silvio Bessone

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Vicoforte. In quell’angolo del Piemonte che guarda la Liguria, tutto è più candido. Sarà la neve, saranno le curve o sarà la compagnia, ma se esistesse ancora un romanziere d’appendice mi chiederebbe in dono quelle due ore come pegno della sua mancanza di fantasia. L’incredibile è la casualità di una decisione presa, ad una rotonda, stretti dai morsi della fame. Il santuario di Vicoforte è una storia, una dedizione e una leggenda, i pellegrini arrivano, hanno i parcheggi dei pullman, hanno un paese che si allarga in una valle e che richiama la religiosità dello sguardo più che del gesto. Continue reading Tartarino di Vicoforte e il cioccolato… Silvio Bessone