Formaggi territoriali e rifugi antiaerei… Il Brè e Rosario “Beppe” Gelfi

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Breno. Fondo valle. Giornata cupa. Inizio dicembre. Sommessamente perso tra le nuvole basse, l’asfalto incomincia a diventare sampietrino e le piazze iniziano a colorarsi di pastello. La Valle Camonica ha uno spaccato al di là dell’industrializzazione coatta che l’ha resa immensa fuori dall’immaginazione. E questi viali, i palazzi, il castello, le chiese, la dedizione di un orario che porta a stare dentro più che fuori ma soprattutto le fontane, la continua presenza di acqua, l’umidità, l’ombra del Crocedomini, la presenza del neolitico, il ritrovamento del solito cereale nel solito tascapane dell’ennesima copia di Ötzi, fanno di Breno un luogo diverso perché senza fretta. Turistico con delle bellezze che riescono a mantenere intatti i silenzi di una natura che non c’è più. O almeno non c’è lì. Perché basta alzare lo sguardo e il territorio diventa prati e alpeggi, diventa la stessa idea supportata da quel luogo e da quei paraggi. Pietra, acqua e stagionatura dei formaggi. I pascoli del territorio brenese sono tra i migliori in Lombardia. Si fa Silter, si tacita il Bagoss e si sofistica il Bagosso. Perché lassù, in quel trivio dove i formaggi bresciani hanno creato la leggenda, l’erba è talmente buona da diventare conservazione. Continue reading Formaggi territoriali e rifugi antiaerei… Il Brè e Rosario “Beppe” Gelfi

Enoici salumi di pianura… Roberto Migliorati

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Cremosano ma per pura casualità. Il cartello che definisce la fine di Crema è un pelo prima, il paese è lontano sull’imperdibile Strada Provinciale 2, una freccia che taglia la pianura senza alcun tipo di desiderio. I monumenti cittadini sono alle spalle, il freddo lacera le rotonde con quelle macchine che trapassano i non-luoghi senza nemmeno accorgersene. Un centro commerciale lascia spazio ad una concessionaria che lascia spazio ad un capannone in produzione di muletti e così l’intercessione non è più nemmeno una questione di fede. Qui si abbandona, si passa e si lavora. Il resto bisogna cercarlo un po’ più fuori, tra fiumi e boschi, o più dentro, tra chiese e piazze. Così è meglio non affiancare la vendita alla produzione. Un po’ di nascondimento, un furgone refrigerato e la voglia di viaggiare bastano alla genesi di un artigiano. Roberto Migliorati fa il norcino dalla notte dei tempi, suo padre faceva il norcino dalla notte dei tempi, suo nonno… forse suo nonno no… ma son dettagli…

Il calore del salume è lontano, le osterie che spengono la nebbia e accendono i camini, rendendo alla bassa quella vita che si è persa nella sonnolenza, anche, il capannone è l’immagine produttiva di qualcosa che non si edulcora più o che non si è mai edulcorato. Roberto girava per le cascine, portava in saccoccia la sua arte, imparando a mangiare ma soprattutto imparando a bere. Continue reading Enoici salumi di pianura… Roberto Migliorati

Paste e nebbie… Sandra Viviani

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Cortemaggiore. Perpendicolarità romana all’interno di una struttura agricola che lascia intatte le chiese, i portici e quei colori pastello che sembrano trasportati da una Mitteleuropa lontana anni luce. Soprattutto nella decadenza. Qui si coltivavano pere e si coltivano pere, si piantava mais e si raccoglie mais, si estraeva petrolio e non si estrae più nulla. Cortemaggiore è rimasta una provincia piacevole, uno di quei paesi dove non è così necessario che il paesaggio rimanga solo passaggio. Ci si può anche fermare per scaldarsi, per guardare i decumani, per sedersi ad un tavolino o sotto i gradini di una chiesa, per guardare quei campi lascito culturale di un’Italia ferma al bianco e nero, alla serietà, alla prosopopea e alla caricatura. Dove si mangia in casa e dove si mangia al ristorante, perché siamo molto oltre o molto prima del prodotto tipico, di quei luoghi talmente pantagruelici da non avere eguali nel mondo. Da nessuna parte. In questa provincia, l’esaltazione culinaria non è mai scesa a compromessi, si è solo un po’ sporcata e un po’ digitalizzata. Ma il pudore delle rughe continua ad infarinare mattarelli. E così nasce il mestiere della pastaia che ha appreso la manualità dei ristoranti, dei Cantarelli e di tutte quelle trattorie che han creato un’eponima maniera di definire questi luoghi, bassa padana. Qui, Sandra Viviani ha deciso di sfidare l’establishment e di provare a fare del tortello un mestiere. Continue reading Paste e nebbie… Sandra Viviani

Artigianato non significa eccezione… Gildo Grondona

GRONDONA

Pontedecimo. Periferia nord di Genova. Quartiere in mezzo ai fiumi, alle valli fluviali, all’acqua che scende e all’acqua che rimane. Strade strette, inquietanti, ponti che sovrastano delle strutture dissestate come manifesto culturale lontano da qualunque luogo desiderabile. Un sobborgo dove si vive bene e dove si vive male, come tutti i luoghi, da dove la città è talmente lontana da non sentirne bisogno, dove il cittadino è una continua forma di protezione e di somministrazione e dove le risorse umane sono costrette a transumare verso il capoluogo alla ricerca dei soldi con cui dedicarsi alla dozzinalità del televisore al plasma. Uno di quei luoghi dove l’inquietudine ti si attacca alla pelle, suda e ti risputa in faccia la tua prevenzione verso le capacità umane di adattamento. Uscita dal passato produttivo dei pastifici e delle infrastrutture, la diffidenza è una forma di strada stretta e passeggiate in fila indiana. Pontedecimo è soprattutto un luogo di storie industriali, dove la grande imprenditoria, non avendo vista, non poteva fare altro che dedicarsi al pensiero. Così la famiglia Grondona ha creato quell’angolino di mondo, nel Mondo, dove l’aria è talmente rarefatta da poterla respirare in solitaria. Un monopolio qualitativo dove il competitor non esiste. Continue reading Artigianato non significa eccezione… Gildo Grondona