Villa d’Almè. Piccole fonderie sulle rive del fiume Brembo. Mattoni, ciminiere e finestroni non illuminano più e nemmeno stancano. I lavoratori hanno rimesso il fustagno nel cervello e hanno messo al mondo figli con il vezzo della fuga, e Villa d’Almè è rimasta una cittadina placida senza nessun motivo. Pochi kilometri da Bergamo, dai parchi faunistici, dai centri commerciali e dagli addii alla poesia, porta della Val Brembana e necessità di pace di qualche impiegato che al capoluogo preferisce questa periferia fosca. Sarebbe una buona ambientazione per un polar contadino, uno di quei gialli senza soluzione, con cadaveri poco eccellenti ma per questo ancora più vividi nella memoria di persone che non si portano dietro che la coperta. Qui, nella nostra brughiera con case non avvezze al lascito, la famiglia Gamba, dagli ultimi anni dell’800 continua una somministrazione di cibo che ha cambiato pelle più volte.
Atavicamente osti, quel luogo, in un angolo di Villa d’Almè, è nato come trattoria, posto di ristoro, povero, semplice, autarchico. Tutto è partito dalla produzione del salame bergamasco, quello che si faceva nelle cascine, lo stesso che prevedeva la professione di norcino, un girovago, con il punteruolo ben affilato, che passava gli inverni nella magnificazione del maiale. I salumi erano talmente richiesti che il nonno di Claudia e di Pierluigi decise di trasformare l’osteria in un luogo pratico che avesse ancora quella filiera diretta e padana che del suino si portava dietro il territorio e l’origine, iconografie di stati bradi, grassi insaturi e maiali neri. Poi sono arrivati i maiali d’Albione, gli incroci produttivi, quelli che hanno trasformato le cascine in salumifici. E così i Gamba hanno cominciato a lavorare la Dop del Suino pesante (tra i 140 e i 170 kili) che di pesante ha solo il nome.
Quello che mi aspetto non è chiaramente quello che trovo. Non ci sono capannoni e non ci sono prefabbricati. Solo vetrine che mostrano e nascondono. Una bottega generalista, con scaffali, carni, salumi e formaggi, a cui ridare un po’ di estetica, ma soprattutto le vetrine che nascondono i banchi del confezionamento, tra marmi, bilance, legno e una parte del laboratorio a vista. Attraverso quei due banconi, da dove il tempo non se ne è mai andato, i Gamba dovrebbero far ripartire una rivoluzione silente, decorativa ed etica, dove la cultura del salume deve rimanere cultura del salume.
Così il crudo viene fatto stagionare a Parma, gli allevamenti di more romagnole lombarde sono passati tra sprechi, virtù, imprecisioni e un anno di magra, la stagionatura viene fatta in cella a temperatura controllata, la linea bio segue un po’ le corde di Claudia e va alla ricerca non solo di un candore alimentare ma anche di una pulizia di concia. Così spariscono i nitriti e rimane un’ottima masticabilità. Il sapore di carne è sorprendentemente morbido, anche dove arrivano le speziature da premi vinti e clientele madide di piacere. Il lardo di suino pesante è ben lavorato, scioglievole, candido, molto ben speziato. Il cotechino vaniglia è dolce, forse un po’ troppo morbido, ma assolutamente centrato. C’è molta uniformità nel prodotto, ma la medietà non è mediocrità, è popolarità. E questa è una cosa assolutamente controtendenza. La gente entra nel negozio, compra, fa ancora la spesa in bottega. Quei sacchetti fatti di piccole gentilezze e delle necessità che non sforano mai il prezzo. Il salumificio Gamba è sostenibile, Pierluigi è la sua anima produttiva e nascosta, mentre Claudia è la sua anima candida, un filo stralunata, che non eccede né in sicumera né in modestia. Rimane lì tra i limiti, non dando nulla per scontato e soprattutto non presupponendo alcunché. Una qualità moderata che ha bisogno della vendita e del salumificio, senza allevamento, senza una filiera che sia troppo invasiva e che produca troppo poco.
Perché qui si fanno ancora i salumi a mano, non si macellano più i maiali, ma le mezzene vengono lavorate nel rispetto di una stagionatura che mantenga i limiti minimi ma non vada mai oltre la possibilità di perdersi. Non siamo in una cascina né in mezzo ad un pascolo. Siamo in un’edulcorata azienda produttrice di insaccati a metà tra il contadino e l’industriale, in quella realtà intermedia tutta italiana, che dell’artigianato ha dato una definizione. Fuori gli estremismi di gusto, qui si fa economia reale…
SALUMIFICIO GAMBA
VIA MAZZINI 105
VILLA D’ALME’ (BG)