Porc a l’ora: sublime salame mantovano…Francesco Bissoli e Matteo Rebesan

porcalora

Roncoferraro ha la storicità delle sue frazioni, strade che oltrepassano le distese di riso, case basse, una nebbia circospetta e una certa diffidenza fluviale che porta il Mincio nel Po e il cittadino verso il confine e verso la negazione. Questi sono luoghi invernali e selvatici, dove l’industrializzazione appare come luogo della settimana e le cascine sono ancora il sistema estetico portante di una comunità, finalizzazione di un mondo di mondine e zanzare. Acqua dolce e dialetto, il confine veneto dietro l’angolo e una fusione di costumi che solo la bassa padana può restituire, Roncoferraro ha il fare stoico della tela da incidere e piegare, la fucina del fabbro e il campo rivoltato dell’allevatore. Al di là delle solite frisone da latte per formaggi condensati e circostanziati, due giovani da esperienze antitetiche si sono ritrovati in mezzo ad una di queste ruralità per dare abbrivio al proprio progetto.

Francesco Bissoli arriva da un’esperienza familiare tra supermercati e Parmigiani Reggiani, Matteo Rebesan viene dal mondo della socialità e dell’aiuto verso gli ultimi. Si sono trovati sulla strada della loro terra. C’era qualcosa che andava fatto, che andava portato fuori e che andava liberato: il salame mantovano, una di quelle religioni contadine da esportare fuori da queste brume e da questi pozzi, uno di quei luoghi gastronomici attorno a cui far ruotare conversazioni e confraternite. Ma di maiali a spasso se ne son sempre visti pochi. La Lombardia continua ad essere una terra di grossi quantitativi di salumi e suini vieppiù nascosti in stalle algebriche, ammorbanti e stantie, dove gli animali grufolano per diventare suini padani, trasmutandosi dal rosa al marrone senza battere ciglio, e così capita che due ragazzi riescano ad affittare una bella cascina con qualche ettaro di terreno e decidano di non dedicarsi ai soliti seminativi cerealicoli della zona per guadagnarci due spicci tra pessin e biomasse ma di lasciarlo libero per il pascolo dei loro maiali, di quegli incroci tra Landrace, LargeWhite e Duroc così rari da vedere in mezzo ai prati.

E quando Francesco e Matteo entrano nei recinti per instradare i suini giusti da portare al macello, il completamento della poesia e del benessere animale trovano la propria pacificazione. Una danza rituale in cui attirare, accarezzare, trascinare senza sforzo, finanche ingannare l’animale verso l’anticamera della fine. Naso pulitissimo, nomi propri e occhi decisi. È solo così, nella rispondenza visiva, che il benessere può avere quell’unica dimostrazione empirica senza ambiguità. Tra i 250 e i 300 kg in macellazione, dopo quasi due anni di vita, e salami messi a punto dagli stessi ragazzi con l’aiuto di un norcino.

Nitrati eliminati nel tempo, budello gentile, cinque mesi di stagionatura e concia mantovana dove l’aglio deve farla da padrone: così, nello stupore sprovveduto, mi rimane in bocca l’attimo esatto dell’incanto, quell’incontro tra carne stagionata, masticazione e note pungenti, d’incredibile purezza gustativa, forse difficile lontano da qui, ma straordinario nell’inaspettato. Il resto è un grande contesto, guanciali speziati che pendono dall’alto, cotechini, salamini da accompagnare alla polenta, coppe, pancette, pistume per il riso alla pilota, culatello di spalla e tutte quelle trasformazioni che partono dal salame, lasciandolo incontrastato padrone delle parti nobili. Qui, come nelle valli tortonesi, il salame è un’iniziazione a cui nessuno può sottrarsi, quel prodotto contadino che dai contadini deve partire e ai contadini deve tornare.

E così Francesco e Matteo hanno deciso di accompagnare, alla trasformazione di salumi, un agriturismo che permettesse l’associazione tra prodotti tipici e l’utilizzo della sola carne di maiale. Così niente bovino, ma solo tagli diversi in antiche composizione. Dal puntel con la Pilota agli gnocchi con il mais e le loro zucche (orto abbastanza grande da sfamare strada e paese), dall’ossocollo appena saltato (grasso obnubilante) ai vari brasati territoriali, dai cotechini con pearà agli arrosti fino alle frattaglie in tutte le salse. Sono questi e devono rimanere questi. I clienti nella propria uguaglianza meritano di trovare un posto senza sconti, senza eccessi e senza compromessi. E solo così si può guardare in faccia l’impossibilità per trasformarla in qualcosa di reale. E la certezza, in luoghi così concreti, è l’unica strada al cambiamento…

PORC A L’ORA

VIA CESARE BATTISTI 215

RONCOFERRARO (MN)

Massimo

Buongiorno ho visto oggi Geo e ho molto apprezzato ciò che fate e il coraggio di una scelta/sfida così forte ma così “naturale”. Questo è ciò che vorrei fare da tempo, ma il coraggio mi manca. Mi piacerebbe seguire un percorso come questo seguendo i ritmi della natura, uscendo dal ritmo della frenesia della GDO, mondo che mi piace ma che oggi dopo trentaquattro anni mi fa riflettere per una ricerca di vita diversa.

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