Assenzio, luppolo e fumisterie… Saverio Denti

absinthe

Roncadella, frazione di Reggio Emilia sulla strada per Modena. Case base, villette agricole, qualche vacca nascosta dietro il legno, erba, qualche vigneto in via di sviluppo e tanta terra rovesciata. È una campagna appena accennata, senza strepitii e case di villeggiatura. Qualche pensionato borghese con il suo orto da famiglia allargata e qualche cane in mezzo alla strada, unico ridente rumore, fanno da sfondo al desiderio contadino da fuga dalla città. Questa è l’immagine più corroborante di provincia italiana. Qui ci sono ancora il pranzo della domenica e le uova appena deposte dalla gallina della vicina, qui un giovane ha deciso di smettere di mandare in giro curricula alla ricerca di un apprendistato performante, prendendo in mano il terreno-giardino di famiglia così da dare sfogo al lato oscuro del suo cursus honorum.

Saverio Denti è un dottore in Tecniche Erboristiche che ha deciso di non respirare giornalmente quell’aroma compresso da erboristeria radical chic e di lasciare il camice del venditore a qualcun altro. Lui la botanica voleva applicarla e voleva trasformarla. Ha piantato degli alberi di noci e dei filari di erbe officinali. Il suo obiettivo: riprendere in mano la sua tesi di laurea sull’assenzio e provare ad farla fruttare in Italia.

Viaggi tra Pontarlier, la Franche Comté e la Val de Travers in Svizzera, dove l’assenzio è nato, dove hanno cercato di farlo scomparire e dove, ancora oggi, fa parte della cultura contadina. L’autenticità era rappresentata da decine di distillerie che promulgavano il culto della “bevanda maledetta” (che, chiaramente, dell’allucinatorio verlainiano non ha nulla… e non ha mai avuto nulla…) dove l’anice verde, la liquirizia, il finocchio, la melissa, il coriandolo, l’absinthe e una miscela conturbante di erbe erano l’apice della cultura dell’ozio. False notizie di gente dedita all’omicidio, impazzita sotto l’influenza della bevanda, messe in giro dai produttori di vino vessati dalla fillossera e dal proibizionismo dilagante, portarono al divieto della produzione e all’ingresso nella leggenda…

Saverio ha cercato di recuperare le ricette e le erbe, riuscendoci solo in parte. La gelosia è l’alfiere contemporaneo dei laboratori chiusi e del fallimento del progetto artigianale. Così, dopo aver lavorato sul terreno, ha provato a distillare e a tirare fuori il passato. Assenzio verde e assenzio bianco. Il primo è colorato naturalmente tramite un’infusione a freddo di varie erbe, 68 gradi ma con sentori alcolici più che controllati, poco aggressivo e ottima persistenza in bocca, un filo di pizzicore da anice stellato, una nota di liquirizia sfumata, poco finocchio e retrogusti balsamici, un filo oltre nelle note agrumate; l’Elixir Vitae Blanche (che viene rilasciato incolore come al tempo del proibizionismo perché più facile da contrabbandare…) è estremamente delicato, “di scuola svizzera”, con un fondo quasi paglierino, il solito pizzicore sulla lingua e un finale piccante. É come se fosse più alcolico rispetto al Verte… Andrebbero goduti entrambi nell’aria fumosa di una struttura belle epoque secondo il classico rituale Parisian, fatto di fontane laccate dove viene messa l’acqua fredda (che tira fuori l’aromatica…), bicchieri conici e paletta dove riporre la zolletta di zucchero per togliere l’amarezza… ma il viaggio necessità la brevità.

In produzione Saverio ha messo una quindicina di liquori, tutti prodotti per sola macerazione. L’unico che viene anche distillato attraverso un alambicco di rame è l’assenzio. La distillazione delle erbe (che poco c’entra con quella delle vinacce) serve per togliere l’eccessiva amarezza all’absinthe. Dopo una macerazione delle erbe in alcol, di circa un giorno, vengono tagliate teste e code (non per togliere il metanolo ma per eliminare delle aromatiche poco gradevoli) e distillato il macerato. Al Blanche viene ridotta la gradazione, al Verte tocca un altro giro di macerazione con le erbe.

I restanti sono rosoli, elisir e liquori che vengono prodotti a partire da erbe del suo campo, da spezie orientali (tautologico ma comunicativo), da fiori e da frutti. L’Elisir di china è strepitoso, profondamente amaro, senza nessun concessione al gusto dolciastro che tutto ingloba. Un amaro amaro, ma ancora in viaggio verso un’identità, la sua ultima creazione, il “PuroLuppolo”, selezione di luppoli aromatici che ricordano una Indian Pale Ale, con un filo di agrumi nel finale. L’oriente speziato è una cannella bilanciata, l’Italia è ben rappresentata da Nocino e Limoncello, Cedrina e Melissa si fondono in un rosolio distensivo, ma alla base di tutto c’è sempre il gusto e la sua digestione. Il principio del passato e il principio della contemporaneità.

Saverio conosce le erbe, è timido, ha una comunicazione alla cui autonomia è strettamente legato. Lui vuole lavorare sul campo e in laboratorio, la vendita è un principio di disconoscimento. Si è definito con la scelta fatta, lasciando per strada possibilità e abitudini. È un trentenne che ha trasformato l’anticonformismo in un’attività produttiva così lontana da queste pianure, da latte stabulato e da caseificio sociale, che dovrebbe essere prima che racconto, vendita: di un prodotto contemporaneamente bello. Sta tutto nella ricerca della serata giusta… Il kilometro zero attrae ma attrae ancora di più la tradizionalità. E lì non è facile averla vinta…

 

MISTICO SPEZIALE

VIA RICCARDO BONINI 1 RONCADELLA

REGGIO EMILIA (RE)

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