Domodossola è bellissima, è veramente uno stupore poco conosciuto. È una città di architetture civili, di stemmi ossolani, di passati idroelettrici, di portici e palazzi, ma soprattutto è una città di pietra e di pietre, con queste piazza ad adornare il francesismo dei fiori, la profondità delle fontane e queste facciate diseguali che rendono tutto multiforme senza necessità dei colori, ma rimestando in un passato che ha mantenuto lavoro e bellezza sulla stessa lunghezza d’onda. Luogo apotropaico e misterioso, è come se i collegi, le centrali e gli archi avessero preso il posto della stregoneria, della mistica e delle manifestazioni senza tempo. La cultura Walser è fatta di disinquadrature, di molti ciottoli e di poco regime, vela il luogo molto più delle montagne e di quei paesi che ineriscono a quella città conosciuta più per l’alfabeto fonetico che per la realtà. E qui a Domodossola fare artigianato è una questione di comprensione del contesto e del territorio.
Samantha Franz ha conferito una territorialità al suo percorso, all’interno di diramazioni che l’hanno portata fuori, verso l’università di Agraria di Milano e verso una tesi a Piacenza in Scienze e tecnologie Alimentari sul Bettelmatt, di nuovo dentro, sugli alpeggi allo studio delle erbe e dei batteri che han concorso a scrivere la leggenda del Bettelmatt, nuovamente fuori, mal tollerata dagli stessi allevatori gelosi dei propri segreti e della propria ignoranza, e di nuovo dentro, a mettere a punto quello che è il progetto di questa parte della sua vita. Ha guardato più alle mancanze che alle presenze e ha trovato una lacuna alla voce trasformatori agricoli. Così ha preso la sua laurea e l’ha messa a frutto.
Non ha scelto la strada dell’azienda agricola, ha cominciato a coltivare qualche piccolo frutto e a comprare in giro per l’Italia le propaggini che, dal biologico in su, rispettassero i canoni della sua qualità. Ha cominciato studiando le ossidazioni, le cotture sotto vuoto e la dolcezza dei composti. E così ha deciso di togliere, di dare serbevolezza alla frutta, lavorando anche su zuccheri meno igroscopici del saccarosio (magari abbassando il tempo di conservazione), su sapori meno tradizionali, su dolcezze meno percepibili, anche difficili, sulle puree in purezze (nei succhi di frutta), provando il dogmatismo in un campo dove l’inventiva caramellizzante ha bruciato tutto, rendendo tutto informe. Così niente pectina e prodotti determinati dalla maturazione della frutta e dal disinteresse per il “gelatinoso”. Lavorazioni a basse temperature e colori mantenuti particolarmente vividi.
Le confetture sono assolutamente piacevoli, poco dolci, con retrogusti puliti di frutta, molto al di là del racconto e delle mitologie. Il succo di mirtillo ha delle acidità eccessive che vanno assorbite, bello il lavoro speziato sui chutney e quello sulle salse tradizionali da accompagnare al bollito. Un plauso alla salsa verde e alla composta di castagne, territoriali, invernali, ben bilanciate, senza imposizioni.
Samantha e suo marito Matteo producono a Premosello Chiovenda e da qualche anno hanno aperto un piccolo negozio nel centro di Domodossola, dove rivendono quei prodotti che una nicchia lontana dalla metropoli non può aspettarsi di trovare. Con tutti i pro e i contro della situazione. Borgo Monti è un luogo in lilla pastello, con i tempi molto dilatati e dove c’è ancora la possibilità di capire la direzione del gusto. C’è una tecnica, c’è una tecnologia e poi c’è quella richiesta contemporanea che toglie i grassi, che abbandona gli zuccheri, che non vuole gli additivi, che non capisce gli aromi… e così ci si può esaltare o ci si può adeguare… ecco il tutto di un posto particolarmente elegante…
BORGO MONTI
VIA RISORGIMENTO 9
PREMOSELLO CHIOVENDA (VB)
PIAZZA DELLA CHIESA 2
DOMODOSSOLA (VB)