Macelleria Orsi: salumi di pecora nella culla del prosciutto… Luciano Orsi

Lagrimone. Tizzano Val Parma. Poggi incolti e boschi di querce, finestre aperte e prosciutti a prosciugare il proprio tempo all’interno di salumifici che hanno preso il posto di case e persiane grigie e che, in questo lato della valle, hanno trovato l’origine e la salubrità. Questi sono declivi dolci di frazioni lontane e intervallate da strade tumulate sotto anni di lacerazioni, frane e dimenticanze. Qui Parma e la sua food valley hanno creato la propria leggenda, a metà tra la montagna e la pianura, in una collina refrattaria ai cambiamenti mostrati ma assolutamente devoluta e manipolata, dove le rughe accennate sono una maniera di comunicazione e la gioventù che se ne va, ritornando perché la famiglia non può essere messa in ripostiglio, prova a divulgare socialmente stagionature, stalle e balle di fieno che diventano sempre un desiderio mascherato. Ma qui ci sono artigiani che nel diverso hanno messo a punto il loro prodotto.

Nel 1977 il mondo esplodeva, i movimenti extraparlamentari s’incrociavano con i punk, i giovani viaggiavano per l’Europa in autostop, il fomento diventava troppe volte una forma di violenza e di pregiudizio e le lotte sociali avevano spianato il tempo alla creatività. In quella temperie, Luciano Orsi, insieme a suo fratello Marco, decideva di aprire la sua bottega di macelleria. Il mestiere imparato nel tempo e un rapporto diretto con il territorio. Prima con il necessario passaggio attraverso il limbo del Prosciutto di Parma consorziato, poi con l’abbandono e la pulsione verso qualcosa di più familiare, di più adatto ai tempi, in cui il macello, in una frazione immersa nelle colline, non diventava più sostenibile. Un’azienda agricola, la coltivazione della patata di Rusino (con cui la madre fa dei tortelli che pare tolgano fiato e compromesso…), qualche suino e qualche pecora cornigliese e tutta una rete di piccoli allevatori proto-appenninici da cui rifornirsi. Una decina di anni fa la decisione di provare a fare salumi ovini, in quel territorio dove l’invasore aveva il volto provvido della stalla. E così sono arrivati i salami e i prosciutti, poco grasso suino nei primi, salatura e tempo nei secondi. L’animale esplode in bocca, il selvatico rimane nella masticazione, non c’è nessuna via di mezzo e nessun additivo che non siano sale e pepe. Una pecora magnificata e mai messa in discussione, dove la stagionatura deve avere dei limiti per non perdere il proprio senso.

Luciano è rimasto un puro che il tempo non ha intaccato con balocchi e affiliazioni. Qui c’è una dimensione umana che a volte andrebbe portata addirittura più a fondo, in una ricerca senza compromessi, in quella carne cornigliese che ha una struttura, dei denti, un sapore, che rende da sola giustizia a chi l’allevatore si è trovato a farlo perché l’estinzione non poteva prevalere sul dono e il tempo doveva certificare uno spazio sacro e un territorio beato, dove l’aria e la terra diventano le madri di tutte le possibilità, dalla rivoluzione fino all’abbandono. Luciano deve mantenere quella persuasione che i suoi occhi non riescono a nascondere dietro una timidezza che è provincia nella provincia. Storie come queste hanno bisogno del lieto fine e non della soluzione…

MACELLERIA ORSI

LOCALITA’ LAGRIMONE 11

TIZZANO VAL PARMA (PR)

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