San Salvatore Monferrato è un luogo piccolo e particolarmente pieno, dove tutte le linee, gli archi, le piazze e la storia sono messi al punto giusto. C’è molta parola, molto cortile e molta paranoia. In quella zona di confine tra bellezza e industriosità, che ha reso il Monferrato un’enclave di confusione, dove la dimostrazione di essere collina non è bastata a superare i gloriosi anni ’80, in cui Milano sembrava il centro del Mondo e il fine settimana i giorni del “come se non ci fosse un domani”. Adesso questo lato di mondo è più sbiadito e più umano, i ciottoli son tornati ad essere ciottoli, le salite salite e le vendemmie vendemmie. L’acume edilizio è il tempo di una piazza dove i portici e gli intonaci riescono ancora a costruire un languore, per il resto rimangono gli attimi senza occhi delle panchine e dei parchi, dove fermarsi a rimirare e a contemplare un usufrutto che è diventato lavoro. In mezzo alla storia, è rientrato un alessandrino fuggito per il mondo, e che a San Salvatore ha trasformato una prigionia in una pasticceria con un’idea particolarmente precisa. Continue reading Un pasticciere e la sua vocazione… Mauro Allemanni
Categoria: Artigiani del gusto
Cascina Rossi: una commistione di generi… Stefania Bozzo Poggio
Oviglio è un castello che deflagra in una pre-collina, in cui il selvatico è l’unica forma di comunicazione. Qui il coeso è una macchina, una stradina e un profumo di bosco che riempie qualunque passione. Da queste parti ci sono ancora ristoratori che hanno il coraggio di restituire i galloni, per tornare a mangiare con i clienti che li hanno creati, ritrovando il tempo perduto. Se in cerca di una riflessione v’imbattete in queste tartufaie naturali, dove il romantico ha il volto della decadenza e non della tendenza e dove il turista è l’eccezione e non la regola, allora potete rimanere a costruire il nulla per una giornata intera, spostandovi da un sagrato ad una macelleria fino ad un bosco di querce: alla ricerca del tempo libero, in quel rumore silenzioso che è molto più vicino alla metropoli di quanto si possa immaginare. Qui è difficile concentrarsi, mancano i punti fermi dell’eccentrico, è un luogo di noie piacevoli che non può portare che artigianato. Continue reading Cascina Rossi: una commistione di generi… Stefania Bozzo Poggio
Il formaggio di capra all’interno del dogma… Rita Challancin
Arnad. Paese di lardo e paese di inverni, freddi, gelidi quasi sepolti. Qui si coltivano le noci, le annate che vanno bene, e si nascondono i maiali, tutti gli altri anni. I lardifici hanno preso gli sguardi attraverso l’autostrada, i vigneti sonnecchiano tra rupi e forti e la montagna è un pensiero coperto d’ombra per buona parte della giornata. Qui si fa Fontina, si mangia Fontina e si vende Fontina. Le bovine valdostane si cibano di fieno valdostano e fanno formaggio valdostano. Qui consorziare è significato tirarsi fuori dall’autarchia, quella che ti faceva allevare tutto e ti faceva vendere un manzo da carne con cui coprirsi di surplus. Tetti in ardesia e case in pietra, la vecchiaia è l’unico motivo di ammirazione, qui sono riusciti a tenersi stretti i tavolini da briscola in quattro e il fascino della notte calata al di sopra di ubbie e patois. Qui, una ragazza poco più che ventenne, sta provando ad attualizzare una rivoluzione mai fatta. Continue reading Il formaggio di capra all’interno del dogma… Rita Challancin
Tenuta degli Angeli: balsamico lombardo… Acetaia Testa
Carobbio degli Angeli è uno sguardo diviso tra un campetto di calcio, dove i bambini provano a crescere in quel vivaio orobico che ha portato in giro per l’Italia tacchetti e metodi arditi, e quei cimiteri con criterio che avanzano placidi al di là di qualunque svista. E così anche il Castello degli Angeli, da fortezza inclusiva, si è normalizzato in sala meeting con piscina. Il resto lo fanno i vigneti e quel senso di pace che ti pervade in mezzo ai ciottoli e che ti fa rimanere in silenzio nel rispetto della fissità locale, che rimane intatta nella sua processione di giardini, villette e strisce pedonali. Carobbio è un luogo manifesto, dove rimanere per fare cultura e dove addentrarsi tra le varie curve per scoprire che non c’è nulla se non una strettoia. Continue reading Tenuta degli Angeli: balsamico lombardo… Acetaia Testa
Tenuta Maria: un luogo nascosto dove la bellezza non basta…
Cenate Sopra. Imbocco della Val Cavallina. Territorio senza legami, molto compito e altrettanto devoto, dove fuoriuscire dalle righe, finanche attraverso la bellezza, è una forma mancata di rispetto che non riesce nemmeno più a scuotere. Qui si va per boschi, si vedono i cambi delle stagioni, si va a messa e ci si conosce un po’ tutti e un po’ poco. Escursioni semplici, sentieri selvatici senza paradigmi, i rami s’intersecano sempre nei piedi e gli alberi chiudono più che aprire. Cenate Sopra è un posto tranquillo a metà strada. Senza fascino e senza attualità. Di una bellezza spoglia ma assolutamente quotidiana. E così bisogna uscire dal paese, sbagliare strada, inerpicarsi e tornare indietro. Tenuta Maria è un luogo fuori, esteticamente perfetto in un nascondimento profondo, quello della provincia bergamasca e quello di una gestione che ha provato ad arrivare attraverso il silenzio.
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Un passato, un presente e un futuro… Agitu Ideo Gudeta
Valle San Felice, comune di Mori, propaggini della Val di Gresta, dove il distretto del biologico ha portato un nome prima di qualunque discussione. Un luogo mitigato e terrazzato dove i paesi diventano frazioni e le frazioni non superano mai il nitore. Qui ci sono poche cose definite, il bar, la banca, la fontana, il centro, l’acciottolato, i bambini, le sigarette e il caldo. È difficile prescindere dall’incontro e dalla richiesta, è tutto così facile, pieno, quasi fiabesco. I posti sono di un moderno decadente, anima puerile di un tipo di architettura tragica, quella che non progetta il futuro ma lo preconizza. È un biologico desueto, con nomi anacronistici e coltivatori di cavoli sostenibili. Qualcosa pre-armonizzazione e pre-comunicazione. E così le barbe lasciano ancora il posto alle rughe. Da queste parti una ragazza etiope ha imposto il suo credo e il suo allevamento come deterrente naturale all’abbandono, facendo della sua storia il paradigma di un racconto che ha solleticato le parole di molti… Continue reading Un passato, un presente e un futuro… Agitu Ideo Gudeta
Se la macinazione avesse un futuro… Michele De Cristofaro
Albano Sant’Alessandro è un paese a metà strada tra l’hinterland e la fuga. Sulla strada verso il selvaggio, è rimasto un cenno di storia, attraverso le pievi che sono diventate sagrati e che son ritornate chiese. È un paese di resti e di rogge, di un clima modesto e di colori appiattiti dove il tanto al kilo si mette in luce sotto forma di agrituristici porti per matrimoni e dissuasioni dalla realtà. La provincia italiana è un luogo comune dove le antitesi didattiche si consumano dietro le mura di camerette indipendenti che rimangono svezzate dalla voglia di diverso. Ed è da lì che bisogna attingere, da quel bisogno di un verosimile che sembri quantomeno accogliente per una vita senza luci, in mezzo a nebbie che non riescono più nemmeno a stagionare un salame. Perché se i donnaioli sono diventati caprai per ritornare donnaioli, in una sintesi molto più determinante della cultura, il genius loci è rimasto comunque un tamarro da marmitta truccata e da musica che non è più nemmeno un atto di convenzionalità tanto è assimilabile alla merda. E così i tavoli di nozze con i titoli delle canzoni d’amore di periferici commerciali gruppi italiani campeggiano nefasti sulle possibilità di un giovane, che ha studiato lo sviluppo del design agricolo, e che a venticinque anni ha le idee oltremodo chiare: vuole fare il mugnaio, coltivare i suoi campi e recuperare le pietre francesi della sua famiglia. Continue reading Se la macinazione avesse un futuro… Michele De Cristofaro
La straordinaria pertinenza dell’aceto di vino… Claudio Rosso
Colline sopra Alba, dove l’icona lascia spazio al decadimento. Le nocciole si trasformano in vigneti per ritornare selvatico addomesticato. Nemmeno la perfezione è preclusa. Perché qui intorno, al di là delle solite costruzioni irrispettose e assolutamente fuori contesto, le curve appaiono e nascondono con una continuità senza requie. Questo avamposto delle Langhe, ancora distanti nelle chiacchiere, è un luogo rilassante di una deferenza inversa. Qui c’è sempre qualcuno che è arrivato prima, che ha aperto la strada, che ha annusato la polvere tra La Morra e Barolo, che ha venduto agli americani, che ha svenduto agli americani, che ha innovato senza muoversi da casa e che ti guarderà con sospetto qualunque cosa tu dica, riguardo qualunque cosa tu sappia o non sappia. Ecco, Claudio Rosso non è uno di questi, nonostante la comunione del percorso sia quella di molti.
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