Un pasticciere e la sua vocazione… Mauro Allemanni

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San Salvatore Monferrato è un luogo piccolo e particolarmente pieno, dove tutte le linee, gli archi, le piazze e la storia sono messi al punto giusto. C’è molta parola, molto cortile e molta paranoia. In quella zona di confine tra bellezza e industriosità, che ha reso il Monferrato un’enclave di confusione, dove la dimostrazione di essere collina non è bastata a superare i gloriosi anni ’80, in cui Milano sembrava il centro del Mondo e il fine settimana i giorni del “come se non ci fosse un domani”. Adesso questo lato di mondo è più sbiadito e più umano, i ciottoli son tornati ad essere ciottoli, le salite salite e le vendemmie vendemmie. L’acume edilizio è il tempo di una piazza dove i portici e gli intonaci riescono ancora a costruire un languore, per il resto rimangono gli attimi senza occhi delle panchine e dei parchi, dove fermarsi a rimirare e a contemplare un usufrutto che è diventato lavoro. In mezzo alla storia, è rientrato un alessandrino fuggito per il mondo, e che a San Salvatore ha trasformato una prigionia in una pasticceria con un’idea particolarmente precisa.

Mauro Allemanni ha vissuto varie vite. Viene dall’indigenza alessandrina, ha sperimentato le prime pasticcerie con un senso, ha lavorato sulle navi da crociera, nei grandi alberghi, da Pinchiorri come deus ex machina del dolce, al Principe di Savoia di Milano, come uomo catering da Salza nella Toscana degli anni ’80, per poi approdare, sulla via ritorno e su richiesta della madre rimasta sola, a San Salvatore Monferrato, a due passi dalla sua città natale.

Nemo propheta in patria. E così l’animo sensibile e girovago di Mauro si è dovuto stabilizzare, ha dovuto rifiutare le richieste che l’avrebbero portato di nuovo lontano e si è creato un suo angolo di mondo nella forma pasticceria.

Matrimonio, figli e fede. I passaggi sono stati rapidi e dolorosi, il dolce in quanto dolce non era una prerogativa monferrina, qui si compravano e si comprano gli amaretti. Quelli tradizionali, quelli senza nessuna discussione.

E così i primi tempi si sono trasformati in un continuo rifiuto, in quell’incomprensione del pasticciere evoluto che in Mauro vedeva una figura di riferimento. La rivoluzione è passata attraverso gesti semplici e quotidiani, l’abbandono della velleità e la concentrazione su quei prodotti tradizionali da far esplodere dall’interno. In quel linguaggio dentro la lingua che la Società dei Giusti non poteva né tollerare né capire. E così sono arrivate le destrutturazioni degli amaretti, dei baci di dama e delle torte di nocciola, di tutti quei dolci che qui pretendevano delle origini certe, dei luoghi sicuri, dei paesi infarinati e ammuffiti. Ha trovato la nocciola di Lu sulla sua strada, non ha mai smesso di cercare le materie prime e soprattutto, insieme a sua moglie, ha rispolverato quelle volte e quelle vetrine che della sua bottega si portan dietro l’effigie della Storia.

Così nel suo laboratorio, lindo e particolarmente ordinato, Mauro lavora i suoi cremini, i suoi baci di dama con un Ecuador di Icam o con le nocciole monferrine, trovando alla perfezione la piacevolezza del cioccolato, cacaoso, poco acido e poco bruciato, e la friabilità perfetta del dolce. E non tutti i biscotti mangiati subito rendono al massimo, anzi. Il tempo gioca dalla parte di Mauro. Così per i suoi amaretti morbidi, con alternanza di mandorle e nocciole, con mandorle in purezza, al cioccolato, alla grappa, al pistacchio o ripieni con confettura di lamponi. Un soffice dolce-amaro. La piacevolezza è un traguardo che ormai in pochi mirano. Si tende sempre a sorprendere, a stupire, ad accostare. Si mira all’assaggio, al boccone. Si guardano con sospetto ripetibilità e ingordigia. Ma qui no. Qui ti finiresti una scatola prima di averla capita, perché fare un dolce buono è la più rivoluzionaria delle maestranze. E anche sulle torte c’è una bella sapienza, la sua versione con le nocciole e senza farina, ma soprattutto la torta del Pozzo con un cremino al gianduia all’interno, sono due instant classics.

Mauro si schermisce e si vanta, ha la sensibilità della mancanza di occasione, del per sempre e non del carpe diem. Qui si fanno le cose seriamente perché la dedizione non è mai stata superstizione. Ha portato a casa il macaron concretizzandolo in un amaretto. Rimanendo in quella metà strada senza prosopopea, dove l’umiltà scavata è destinata lentamente ad uscire. Perché il grigio fumo è un colore da rivalutare e da rimettere in discussione e il senso di rivalsa, ogni tanto, ha bisogno di una conferma che lo faccia riposare per un po’, quel tanto che basta a capire la maniera di uscire dal nascondiglio… In questo tempo in cui la verità è il più grosso dei dubbi, Mauro rimane fuori dalla contemporaneità…

PASTICCERIA MAURO ALLEMANNI

PIAZZA CARMAGNOLA 21

SAN SALVATORE MONFERRATO (AL)

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