L’esigenza di una tradizione… Matteo Maini

Pianello Val Tidone. In mezzo ad una di quelle terre che da sole non sono mai riuscite a salvarsi nè a mostrarsi. Tra quelle colline, quelle strade distrutte dalle nevicate, quelle viti, quelle trattorie così tipiche da non abbisognare più nemmeno di un cartello o di un’insegna, le somiglianze arrivano facili alla vista e all’udito, anche senza pubblicità. Le valli piacentine, prime propaggini di un appennino non sentito come tale, vengono tagliate da fiumi e torrenti e lasciano alla val Trebbia di Hemingway il compito di segnare il passo e di veicolare l’immagine. Continue reading L’esigenza di una tradizione… Matteo Maini

Bardini: una tradizione con un futuro diverso? Graziano Balduzzi

Piacenza. La bellezza è celata. Il resto dell’Emilia è un’eco dai sapori nostalgici e autoritari. La dipendenza da Parma e una velata sottomissione gastronomica l’hanno nascosta e la nascondono vieppiù. Eppure le vie ci sono, i parchi anche, chiese e palazzi stanno lì a rappresentare una storia millenaria. Il Gotico (Palazzo Ducale) è una rappresentazione antropica di una borghesia delimitata e limitata nel suo essere di passaggio. I castelli e gli orpelli ducali hanno nelle merlature e nei portici il loro quotidiano incedere e anche quello dello shopping, bardato nei cosueti abiti benpensanti del sabato pomeriggio. Continue reading Bardini: una tradizione con un futuro diverso? Graziano Balduzzi

Angeli e Cioccolato… Angelina Cerullo e Yumiko Saimura

Casale Monferrato. Alla base di quel territorio collinare, dove Grignolino, Dolcetto e Barbera reclamano una presenza e insistono a portare fuori nomenclature e denominazioni. I monferrini sono morfologicamente isolati. Idealmente legati alla Lomellina e geograficamente alla Langa, hanno preso il tepore candito e riservato dei coltivatori di riso. Dove l’eccellenza padroneggia, il silenzio si porta via orgoglio e vanità. I produttori locali hanno il contenuto ma non il fascino, la cascina ma non il relais. Densità edilizia e dolcezza collinare si confondono, rattristandosi. Bagna càuda, krumiri, agnolotti, tajarin e razza piemontese invadono, difendono e sottintendono. Continue reading Angeli e Cioccolato… Angelina Cerullo e Yumiko Saimura

Comunicazione e territorio… Francesco Vastola

Capaccio-Paestum. Una strada che porta verso verso la costa, qualche retaggio della pianura del Sele e della sua industriosità, i caseifici bufalini, che hanno l’ardore e l’irriverenza del fungo, appariscenti e tediosamente ripetitivi sulle Battipaglia-Capaccio, sentori di mare ed erba bagnata tutt’intorno, ma soprattutto una Campania che non t’aspetti. L’oggettività della ragione e dell’interesse è riuscita ad enucleare Paestum all’interno di quel lembo di terra definibile come Cilento. Continue reading Comunicazione e territorio… Francesco Vastola

Fenomenologia dell’imprenditore agricolo lombardo… Alberto Dedè

Borghetto Lodigiano. Una delle tante frazioni di un territorio con un’identità e una cadenza accentuate. Brume e cascine si alternano, lasciando spazio ad orizzonti spettrali, fatti di lande senza orizzonte, di terra rivoltata, di strade che non conducono a nulla e di anime contadine con la gonna sotto il ginocchio, le calze in nylon beige, i pantaloni di fustagno e la faccia scolpita dal freddo, dentro e fuori le mura.

La provincia di Lodi è quel far west padano dove il muovere le foglie è considerato un’impudenza, dove tutto scorre perchè deve scorrere e dove il buio invernale è rappresentato da calcinacci attornianti una finestra illuminata in giallo, alle sette di sera con il riverbero di una pasta e fagioli fumante. Continue reading Fenomenologia dell’imprenditore agricolo lombardo… Alberto Dedè

Il maiale, i suoi riti e le sue nicchie… Pigi

 

Castelnuovo Scrivia. Una delle tante cascine, tra l’anonimato e l’albero degli zoccoli, dove appaiono e scompaiono contadini, dialetti, bestemmie, campi arati, letame e grugniti, in quella pianura (con al di là della foschia i colli tortonesi, l’estremo lembo dell’Oltrepò e i vigneti Massa) che, fortunatamente, lascia immaginare in mezzo ad inverni gelidi, nebbiosi e apotropaici. La mia macchina segue la familiare di Eugenio Barbieri, che ha appena finito d’insaccare il salame insieme ai compagni di sempre: Riccardo Franzosi e Pigi. Con loro un norcino a rotazione. Più anziano e provetto Angelo, più giovane, ruspante e a tratti isterico Marco. Continue reading Il maiale, i suoi riti e le sue nicchie… Pigi

Un antico panificatore… Maurizio Sarioli

 

Brescia. Quando lasci la tangenziale e addentri la macchina all’interno del centro, è come se tutto fosse più claustrofobico. Una collina con dei vigneti appariscenti sovrasta case da ricchi, fontane e pavè. Brescia è un posto condivisibile e multifruibile, ma il centro e i suoi orari di punta odorano di borghesia spicciola. I vestiti firmati attorniano i netturbini che spazzano le foglie e le scarpe laccate d’argento – con finta permanente 2.0 su caschi d’oro e colli di lupo – attonite battono i passi del sabato mattina di preparazione al pranzo del giorno di festa. Le pasticcerie si riempiono, così come quei negozi aperti per bere un aperitivo, mangiare arachidi e dixi d’antan, e per vedere facce abbronzate a metà strada tra il villaggio vacanze sverna-palle-mostra-tette e il solarium cura imperfezioni. Continue reading Un antico panificatore… Maurizio Sarioli

Sicurezza e ricerca… Karl Telfser

Merano. Quadrivio, che la suggestione ha portato via, di valli dattaltoatesine che si aprono e si chiudono, su meleti, montagne e contatti con la civiltà. Baluardo di tradizione, civiltà e bellezza, Merano ha un’anima mattutina, fatta di fiori, di casette di legno, di centri termali e di retaggi asburgici che s’inverano in giardini e costruzioni di lacerante bellezza. Stile liberty e stile floreale d’inizio ‘900, il fiume Passirio a tranciare e a definire la storicità di un centro aperto e rinchiuso sotto portici bassi a volte bianche. L’aristocrazia è un fantasma senza tempo che continua a discorrere nei caffè, a varcare portoni, a ironizzare l’abbigliamento e a tenere la livrea sul comodino d’ordinanza. Probabilmente quel notturno delle otto di sera, dove la città si spegne negli edifici e sull’asfalto, che la fa assomigliare ad una sua consorella metropolitana alle quattro di notte, è un segno di tempi e persone che si trasferivano nelle grosse abitazioni padronali e, alle danze, frammischiavano una buona conversazione sugli alternativi metodi junghiani o sulla scappatella della figlia del conte con il garzone adibito a stalliere. Continue reading Sicurezza e ricerca… Karl Telfser