La cultura è il tempo necessario per il palato… Simone Devasini

melograno

Cisano Bergamasco per caso, avrebbe potuto essere Madone, ma sarebbe cambiato poco. La pedemontana bergamasca ha quella faccia ciclistico/depressiva che devi assolutamente sperare nel bel tempo. Altrimenti luoghi vicini, come Pontida, assurgerebbero a deus ex machina della diversità, con quel clima compassato e quei retaggi politici che si portano via tradimenti e giuramenti. Queste valli sono limiti che non ricadono sotto nessuna definizione, sono solamente un passaggio senza galleria, da dove guardare quelle montagne che iniziano ad infoltirsi di verde. Il lago è dietro l’angolo ma non porta che aggravio, il tempo è fatto di case basse, camminate compassate, cittadini assuefatti all’abitudine di avere sempre sotto gli occhi il vicino di casa e il salumiere dove aprire un conto senza firmare ipoteche. Cisano è un posto che non aveva qualità (se non anagrafica…), almeno fino a settembre del 2014, quando Simone Devasini ha deciso di decentrare il centro nevralgico di Madone, con una nuova pasticceria.

Luogo moderno nato sulle ceneri di una sala slot di squallido andamento, dove i muri erano stati innalzati per separare la compulsione dalla bugia. Vetro, rovere chiaro e una predilezione alla crescita. Autarchia in vista ma su cui lavorare e un’imprenditoria dolciaria assolutamente contemporanea, dove i posti di lavoro aumentati sono la soddisfazione più grande.

Simone viene da una famiglia notabile bergamasca, la scientificità è sempre stata alla base di tutto, anche della decisione di fare il test per entrare ad odontoiatria. Fuori di poco e una passione per i dolci. Così comincia a bottega nel suo quartiere. Un anno e il padre che cerca inserzioni sul giornale. Ad Osio Sotto cercano, anzi no… vendono…. che si fa? Si apre ma senza l’ingombrante cognome. Si parte con l’eredità economica e con il vecchio pasticcere in consulenza. Un po’ di badile e un po’ di cazzuola non ha mai fatto male a nessuno. Il tempo si è portato via margarine e vanilline e ha instradato Simone sulla retta via. Ecco, lì sono arrivati i corsi, le consulenze, le lezioni prese e un’impresa cresciuta anno dopo anno. Fino alla scelta di surrogare la sua figura con un pasticciere definito e rifinito. L’ingombro e l’intelligenza hanno fatto il resto. Simone, avuto indietro parte del suo tempo (quei giorni di 16/18 ore lavorative), poteva convertirlo in pensiero. Che fare? L’idea è stata quella di una nuova sede dove poter tornare a mettere le mani in pasta, riformare una squadra e una clientela. Perché la vicinanza (non troppa) non è mai stata fama. E così dolci, gelato e lievitati. Il lavoro fatto non era abbastanza e non è ancora abbastanza. L’affinamento non è mai completezza. Curato il testo bisognava e bisogna curare il contesto.

Il Melograno è un luogo estetico dove la facciata è la deferenza di Simone che, corrivo ai consigli, ha permesso troppe imposizioni. E così i rappresentanti hanno creato amicizia in mezzo alla vendita, lasciando per strada la pelle morta del loro dovere. Ecco, un po’ di pulizia e tutto sparisce…

La pasticceria è ricca, piena, contemporanea ma assolutamente economica: nella sua completezza, nel suo essere domestica, a buon prezzo e affettiva. I dolci sono tutti a posto. Le frolle sono ben cotte, particolarmente friabili e poco dolci. L’apparenza è prospera. La frutta è tagliata spessa in modo da riempire il colore. Enorme soddisfazione per gli occhi e palato un filo in difficoltà. Cioccolato lavorato bene, sacher bellissima e sorprendenti mousse nei bicchierini, torta di mele croccante e nocciola (poco tostata finalmente) lavorata con grazia. Se osasse un po’ di più nella sfoglia e nel burro, i sentori sarebbero meno compressi. I lievitati li manco ma saranno, una volta in grado di stare in piedi da soli, la prossima chicca. Sulla gelateria bisogna partire dalle basi… oops! dai neutri… e rimettere in piedi quello che è un lavoro artigianale, ben fatto, ma assolutamente da finalizzare…

Simone ha quell’affabilità assolutamente vorace, quella voglia di crescere, di non rimanere lì a bearsi dei suoi laboratori, delle sue cantine e dei suoi fatturati, che, dopo aver esplorato quei lati tecnici da mettere in opera (le farine per i panettoni, la fascinazione per i lievitisti e il controllo al di là dell’emulsione…), potrebbe farsi invaghire da quella cultura gastronomica, ricominciando da “quella” pagina uno… impolverata e intonsa…

 

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