Forno a legna: Pan biscotto e Dolsi… Roberto Sofia

sofia

Sarmego di Grumolo delle Abbadesse. Mucchio di terra in mano alle monache benedettine. Uniformità colturale fino all’avvento del riso, già attestabile in epoca rinascimentale. Acque pulite, una pianura Padana meno pedissequa e un legame con il Vialone Nano che mantiene intatto il fascino dei nomi piuttosto che cercare la rivendicazione di una diversità. Ci si accontenta, si guarda il territorio e si pensa a riso, mais, suini e qualche bovino. Case basse, densità risibile e un tempo comune che non scalfisce la coltre della nebbia e delle stagioni molto lunghe, dove umidità e lancinanti freddi ruotano prepotenti in cicli vitali che sono rimasti ai tempi della pelle d’oca, del ruolo contadino nel passare del tempo e del sudore come unica forma di pensiero. Le ville patrizie tutt’intorno, mentre imboccavano canali, decisero l’esportazione in cambio di un’esportazione rappresa dalla scoperta del nuovo mondo. E così riso e contadini.

Ma la fortuna, siccome non viene spesso incontro al prodotto tipico, mi porta a Grumolo per vedere un laboratorio uscito direttamente dal tempo delle casade e delle dimore di campagna, quando il pane veniva fatto a rotazione e doveva durare una decina di giorni.

Il forno a legna di Roberto Sofia spiega tutto prima di entrare, non ama le sorprese, non vuole che il cliente possa confondersi. Pan biscotto e dolsi, poco altro e una dedizione al passato che è più destino di molti volti sbarbati dal futuro molto scritto.

Roberto è una persona schietta e antica, uno che si è formato con il forno per tenere lontano fame e cattive abitudini. Il suo è un dialetto italianizzato che a volte si perde a volte no, il suo volto è muscoloso, asciutto, scattante, il tempo, i figli, la necessità e la clientela non hanno scalfito la sua voglia di abitudine, quella che tiene in piedi il passato e quella che che non viene mai tradotta anche se viene tramandata. Le foto in bianco e nero diventano a colori, i contadini si trasformano in impiegati, gli operai in funzionari, i figli mantengono la genesi di una faccia a norma e il forno a legna della famiglia Sofia può continuare a soffiare, a cuocere con i ceppi in camera, a sfornare paste dure dalle basse idratazioni e dai metodi poco ideologici e a ridare indietro un pane semplice, contestuale, senza ossessioni e senza digressioni, da salume e da vino, da tempi condivisi e sbuffi di gratitudine. Basso veneto e parte dell’Emilia han sempre asciugato per conservare e per condividere fino al punto di biscottarlo il pane.

E lì, dietro l’angolo, al di fuori di sfogliatrici e impastatrici che hanno messo in piedi una linea di prodotti lievitati e frollati, di consistenze e lavori soffici e di materie prime a cui rimettere mano perché la contemporaneità ogni tanto divelte brutture tramandate che è meglio non perpetuare, dove la focaccia ritorna ad essere fugassa e i dolci non sono altro che la declinazione di un giorno qualunque, appare una biscottiera ad armadio composta da teglie che scalda intorno ai cento gradi con funzioni simili ad un essiccatore dove il pane biscotta per ore, si asciuga, acquista profumi, diventa friabile, si accompagna a dolci e salumi, si mantiene nel tempo in cui la fragranza se è possibile mostra le sue migliori sfaccettature.

Roberto verifica ancora la freschezza della macinatura, la farina non deve essere né troppo fresca né troppo vecchia, il forno a legna non conosce ripieghi né nascondigli, gli errori si pagano con la disaffezione, e qui non ce lo si può permettere, qui il transito è l’amica della figlia della Rina che è stata consigliata dall’amico del notaio di Grisignano… fatta l’Italia e fatti gli italiani, si è guardato all’idea di fraternità e a quella di Nazione, dimentichi di quell’eccedenza che va sempre oltre il progetto, ci si è persi i villaggi, gli accenti e i borghi… noi siamo più questo di qualunque ideologia, le nostre frazioni con quelle divergenze da vicolo a via, da cascina a borgo… simboli non esportabili in divenire…

PANIFICIO SOFIA

VIA VENEZIA 66 SARMEGO

GRUMOLO DELLE ABBADESSE (VI)

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