I formaggi del biologo… Giuseppe Di Natale

di natale

Floridia, entroterra siracusano. Strade strette, afa e una sensazione di abbandono e mestiere. Un luogo trascurato, con le solite facciate stupefacenti e il disinteresse cittadino per un angolo di mondo che non è altro che quotidianità. Il fondo valle del fiume Anapo ha quel rigoglioso leggendario che parte da Pantalica e arriva ad Archimede, alle sue costruzioni sotterranee e ai suoi modi di nascondersi in mezzo all’acqua. Qui si è fatta la nostra cultura e qui i siracusani sono diventati maestri di conservazione ed epigoni di abbandono. Perché lucrare sulla bellezza è sempre stato un punto di vista dozzinale… e così manca il racconto e manca la necessità. Ortigia è l’unico dio, il resto è possibilità di costruire centri commerciali, edifici abusivi e poli petrol-chimici. Qui, però, ci sono pietre millenarie, scherzi del destino e improvvisati trabocchetti. E non è facile arrivare ad un ragazzo che racchiude in sé tutte le caratteristiche della provincia aretusea. Giuseppe Di Natale è una storia al di là di qualunque prodotto.

Famiglia nella terra, padre che munge ancora a mano le centinaia di pecore del suo allevamento, più di cento ettari di terreno sui Monti Climiti, i classici senza tempo (ulivi, mandorleti e agrumi) e un ritorno alle origini dopo un avventura da far impallidire Tartarino. Due anni negli Stati Uniti a fare il muratore, nessuna assicurazione e nessun permesso di soggiorno. Un improvvido viaggio in Canada e al suo ritorno la sorpresa: fermato alla dogana e portato in un centro di detenzione per gli immigrati illegali. Tre mesi in una cella senza avvertire i genitori in Italia per non farli preoccupare. Tre mesi terribili che non hanno diritto a nessun racconto. Poi l’espulsione. Il viaggio pagato e scortato fino a Roma e il ritorno in Sicilia.

Il riassestamento è stata la decisione di iscriversi all’università di scienze biologiche a Catania. Tre anni e una scoperta. Con il suo professore, durante l’esplorazione di una grotta isolata su un suo terreno, vengono portate alla luce due specie endemiche di insetti che non erano mai state classificate. E così, come in mezzo alla migliore delle “porte scorrevoli”, si è ritrovato disoccupato con l’unica scelta di tornare a casa e mettersi a fare i formaggi. Casaro o curatolo ma niente allevamento perché non nelle sue corde…

I formaggi sono quelli della tradizione, tutti venduti ai compaesani ai prezzi dei compaesani. Ricotta fresca e salata, pecorino fresco e stagionato, tuma fresca e poco altro. Questa è la Sicilia e questo è il volere della quotidianità. Senza imbastardimenti, con tradizione ma senza colpi di testa. Semplici e salati, in una parola antichi. I formaggi di Giuseppe hanno dei buoni profumi e delle strutture canoniche ma poco contemporanee. La sfida è un guanto mai lanciato e che mai lancerà. D’altronde vende tutto ciò che produce e non sente l’esigenza di rimettere qualcosa in discussione. Qui non ci sono controversie su tipi di cagliata, temperatura, ph e muffe, qui c’è la volontà di rimanere sotto traccia con i propri prodotti e con il proprio lavoro che, almeno per ora, continuerà così. Senza eccezioni. Giuseppe è una persona pura e pura deve restare. I compromessi con il secolo han provato a inculcarglieli senza onore, ma lui non ha reagito, mantenendo una timidezza autentica e senza rivalsa. E così i suoi formaggi continueranno a non avere un nome, in una Sicilia che continua a fare quelle cose che ha sempre fatto, senza corruzioni e senza migliorie…

CASEIFICIO DI NATALE

VIA SAN MARTINO

FLORIDIA (SR)

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