Il coraggio di togliere, conservando… Alessandro Servida

Pantigliate. Un paese perso, qualcosa a metà strada tra la campagna abbandonata e il dormitorio. Appena oltre San Donato, su quella direttrice, definita come Paullese, che s’inoltra nella campagna lodigiana e in quella cremasca. Qui, dove la provincia di Milano si definisce “sud”, i paesi non hanno alcun senso, né manifesto né recondito. Gli rimane addosso quel giusto d’imbarazzo che non li fa mettere in mostra. Risucchiati dal traffico e pietrificati da quella gorgone chiamata hinterland, questi paesi rappresentano ripostigli senza stress per fughe poco romantiche e molto gravide di figli, verde, giardini attrezzati e residence con piscina. Qui, il manager milanese ricarica le pile, l’anziano del paese beve il bianchino, gioca a carambola e bestemmia sui lavori in corso e le imprese edili continuano ad edificare complessi “anti-esaurimento”.

Sulla strada principale, che potrebbe essere qualunque via della ridente cittadina anti-rimorso, appare la pasticceria Alex, qualcosa di molto diverso rispetto al passato di una nota, quanto mai normale, dolceria di provincia. Gli stilemi sono quelli della contemporaneità, ancorchè le facce, i quotidiani sfogliati e le richieste dei clienti rimangano scolpite nella pietra da decenni e decenni di abitudine.

Mi prendo un quarto d’ora accademico, chiestomi “dall’alto”, per analizzare in incognito. Guardo l’arredamento, classicamente cierresse-stile, assolutamente convenzionale, con una bella vista e dei bei modi di fare al di là del banco. Freschezza, colori e quantità. La gentilezza è una risposta al solito croissant, non particolarmente sfogliato, ma ben fatto. Disperdo la mia vista e ricordo la mia missione. Guardo sottecchi, petulante e insofferente nella speranza che qualcuno si stizzisca. Invece il sorriso e la femminiltà continuano a non perdere colpi. L’estetica e la bellezza come contesto alla bontà son quei dogmi che i pasticcieri dimenticano sulla strada dell’artigianalità e della confusione. Il dolce non va solo fatto, va anche venduto, il Milarepa degli artigiani ha smesso di osare da tempo.

La cordiale leggerezza è l’anima di un pasticcino, di un cappuccino e di una setteveli. Ha quel buono della giornata che la mette a cena senza un suicidio o senza un rimpianto. Donatella Bongermino, la moglie di Alessandro, origini abruzzesi e portamento elegante, è l’anima dell’andamento. Locale piccolo, colori vivaci, paste a posto e clienti soddisfatti. Il gusto è un corredo appartenente a un lavoro altrui. Fondamentale sì, ma non teocratico e nemmeno totalitario. Alessandro si è costruito un piccolo laboratorio a vista (nel mondo della pasticceria una rarità), collabora con un paio di ragazzi e rimane nel rispetto (l’ombra riguarda altri lidi, altri rapporti con la divinità e altri pensionamenti anticipati… e nel mondo dei grandi lievitisti è quasi la norma…) di suo padre Giancarlo, il fondatore. Viso rubizzo, passato da Taveggia a Milano e pasta madre nell’anima. Il panettone si fa nella sua maniera, con le uova ancora rotte a mano e il lievito legato, bagnato e curato a modo suo. Le creazioni, la modernità e l’eccentricità lo sfiorano solamente, hanno il volto di figlio e nuora e le stravaganze di alcuni clienti. I conti, la concretezza e l’assuefazione si compongono di pochi e basilari ingredienti: una crema pasticcera, una veneziana, una sfoglia o una pasta brisè. Contrasti, acidità, ingredientistica raffinata e palati assoluti son cose contemporanee, più affettate e più affrettate. Ma anche qui c’è la soluzione: Alessandro.

A pochi giorni dall’esame in Accademia, la sua tensione si traspone nella facondia. Un’infinità di preoccupazioni, di assaggi che si fondono con la scoperta, di domande sulla qualità, sulla quantità e sulle possibilità. La sua bravura rimane sottesa alle sue paure, non si prende il tempo per rilasciare bellezza. Comprensibile e compreso da una passione folgorante che arriva dagli occhi e che arriva molto prima delle capacità tecniche e della conoscenze. La pasticceria è l’esperienza di una professione, il laboratorio, la crescita giornaliera e la deferenza verso la genialità e la poesia. Alex è un costruttore di certezze, senza fronzoli e con alcune discrasie al palato. La viennoiserie è profumata e buona, l’estetica del dolce è contemporanea, con molti rimandi ai classici divulgatori, alcune realizzazioni sono decise e dai contrasti azzeccati (l’acido è sempre bilanciato e i frutti di bosco mai messi come abbellimento o refrigerio…), una pasta sabbiosa tagliata con farina di mais è perfetta.

Alex deve prendere suo padre e trasformarlo in una forma. Unire il passato all’eccedenza del moderno. La similitudine è dietro l’angolo e anche il paragone. Se una strada deve essere, deve trovare un cuneo in una miscellanea, che sia incontro o scontro. Togliersi l’abbronzatura e ritornare paonazzo. Il resto è quasi sotto controllo…

 

PASTICCERIA ALEX

VIALE RISORGIMENTO 55

PANTIGLIATE (MI)

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