Il lardo di Arnad mi ha fatto scoprire altro… Lidia Bonin e Normino Challancin

Arnad. Una città dispersa: case basse in un fondo valle che si arrampica su una montagna che non c’è ancora. Il legno e la pietra sono sufficienti a trovare un’atmosfera, a mettere nelle condizioni di sperimentare e di ricercare un qualcosa, adatto a portar fuori il paese prima del proprio luogo d’origine. I comuni limitrofi si accontentano della luce riflessa e provano ad andare oltre, attraverso feste, battaglie tra capre e mercatini scatologico-solidali. Qui, in 1200 abitanti sono riusciti a portare a casa una Dop, a far venire decine di migliaia di visitatori per compromettersi ad una festa e a rendere credibile il proprio prodotto come simbolo d’apertura di una Valle che con Arnad comincia e con la Fontina finisce. Il tutto non badando troppo alla contemporaneità. Gli allevamenti di suini si contano sulla punta di poche famiglie e la tradizione viene ripercorsa e rintracciata con la necessità del sostentamento prima di tutto. Pane nero, polenta e lardo. La sopravvivenza non ha mai avuto sfumature di cipria…

Lidia Bonin, insieme al marito Normino e ai figli, da qualche tempo, ha provato a dare una forma istituzionale/agricola a quello che, dentro quelle case e al di là di quei cortili, si è sempre fatto. Il maiale è stato rappresentazione di sopravvivenza e di trasformazione, i norcini giravano per il paese e praticamente ogni famiglia si faceva in casa i propri salumi. La vendita, allora come oggi, non è un qualcosa che riguarda i nativi, i commercianti di marchi in lontananza sull’autostrada rapiscono tutto, il senso e il desiderio.

Il lardo di Arnad rimane nelle stanze più che nei recinti, quasi nessuno è riuscito a chiudere la filiera, ma Normino e Lidia, seguendo ricette e gesti prossimi, ci hanno voluto provare. E così pochi maiali che mangiano patate e cereali coltivati in azienda, macellazione esterna e salumi a cui non ho voluto immediatamente credere. Il lardo, debitamente conciato con sale spezie in grani ed erbe e stagionato nei Doils di legno anche un anno, dopo essere finito nelle burnie di vetro, mantiene una salatura pronunciata e una masticazione da suino pesante dove il grasso saturo non lo fa squagliare. Per Normino il lardo è così, è salato, senza compromessi, si stempera col tempo, ma è un salume che deve riempire e non deve mentire. La motzetta è assordante, tagli magri, conciati e piccoli, in modo che gli aromi possano velocemente penetrare, non subisce lo stesso banale invecchiamento della maggior parte delle motzette in valle: è piena, masticabile e una punta prima dell’ossidazione. Stessa direzione per il boudin, impastato con sangue, barbabietole e patate e per i salami bovini, dolci e confortanti.

Questi sono luoghi nascosti, poco cercati, ancora meno osannati, manca la comodità di un tempo che è interessato a tutto quello che va oltre. Ma nel qui ed ora, nell’allevamento e nella trasformazione, Lidia e Normino, insieme ai loro figli, ci sono, e sono rimasti legati ad una pulizia costruttiva e gustativa da sussistenza invernale. Poi arriva la primavera, le capre tornano in lattazione, si possono aprire i semi-alpeggi e qualche cagliata presamica appare sotto il sole. Così, in quell’artigianato italiano che lavora prima di comunicare…

AZIENDA AGRICOLA BONIN LIDIA SERAFINA

FRAZIONE PROUVE 38

ARNAD (AO)

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