Il radicalismo selvatico della provincia… Danilo Baiguini

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Costa Volpino è l’estremo lembo di un sistema di gallerie che tagliano l’orientamento a metà, senza riportare tracce di possibili connessioni e congiunzioni. Ci sono boschi che nascondono e laghi nascosti. In mezzo c’è un’impossibilità al definito, perché non c’è montagna, non rimane pianura e la vastità della Valle Camonica si porta con sé una provincia scartando i reietti. Questo parossismo bergamasco ha anche un bell’affaccio. Un po’ di pastello un po’ di borghese e poca altezzosità. Per qualche passeggiata domenicale è più che perfetto. Grassi idrogenati e vecchi mascherati. Un sogno lacustre che se abbandonato rilascia canne di fiume, mistero e capanne per la caccia. E così sono costretto ad arrivare alla mia meta. In mezzo alla pioggia e in mezzo alla melma. Danilo Baiguini è pescatore, cacciatore e trasformatore. Lo era suo padre e probabilmente lo fu suo nonno. La tradizione non si è mai stracciata.

La gente sa dove trovarlo, non ci sono proclami, non ci sono mercati e non ci sono botteghe, solo un passaparola aiutato dal presidio Slow Food della sardina essiccata del Lago d’Iseo. Il giardino della sua casa è l’ultimo prima di una proto-palude e prima della sua acqua. Lì Danilo gestisce il suo laboratorio all’aperto. Un essiccatoio elementare, un lavandino dove pulire il pesce, dei banchi dove spiumare i pennuti, una casupola dove sfilettare e qualche frigorifero. Lì son le ore del giorno dedicate alla trasformazione. Il resto è selvatico. Barca serale per calare le reti e barca mattutina per andare a tirarle. Tra Settembre e Gennaio capanno in mezzo al lago per cacciare anatre, germani e alzavole e qualche puntata nei boschi del Sebino alla ricerca di selvaggina.

Ogni pesce le sue reti, i suoi periodi e il suo valore. La sardina rappresenta la povertà di un Oglio che ha sempre gettato di tutto dentro il lago. Due giorni di sale e trenta di aria e di sole, il resto lo fanno l’olio e la conservazione. Il tempo della pesca non è quello del bisogno. Così le persone tengono da parte, sai mai il caso volesse punirli. Il resto dei pesci arriva fresco (eccezion fatta per la bottarga): coregoni, tinche, qualche trota di lago, persico e luccio rappresentano il piacere di approvvigionarsi ancora a casa del pescatore, limitando i costi e prescindendo dal ghiaccio, quello che salva tutto e sofistica il resto.

Ma io sono lì per i colori brughiera, per le canne sospese, per quel clima piovoso che rende tutto uniforme. La caccia non è il folklore della tradizione ma una continua lotta all’opposizione, un mantenimento della necessità umana di scansare gli allevamenti, i tempi lunghi e gli ingrassi. Quel che viene non fa più parte dell’abitudine, è talmente selvatico da arrivare in bocca come uno schiaffo. Non esistono né salvifiche acque correnti, né macerazioni, né marinature né frollature. L’anatra è un pugno senza contesto. Fegato e reni. Una morbidezza fuori contrasto, una rosa rozza che cambia ambientazione ad ogni morso.

Il pesce rimane povero senza sorprese. Carni magre, eccesso di sapidità e un’ottima masticabilità. Non c’è stupore, è un lunedì mattina senza interferenze. La gente arriva, prende, porta a casa e valorizza il lago al di là del turismo e della grande distribuzione. Per Danilo è sempre un interesse cortese, una deferenza di semplicità anti-urbana che non sposta di una virgola quella vendita anti-sistemica, un po’ massonica e un po’ paesana, che ha il surrealismo del vicino di casa…

 

DANILO BAIGUINI

VIA TORIONE 46

COSTA VOLPINO (BG)

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