Formaggi nascosti tra le curve… Lorenzo Sorlini

sorlini

Angolo Terme. Bassa Val di Scalve. Una definizione curativa che non cancella i limiti di luoghi ormai obbligati. Tetti rossi e fontane in pietra si staccano dando l’ultima comunicazione prima dei boschi di abeti e l’approdo voyeuristico a quelle montagne innevate che, se inquadrate da un certo angolo fotografico, riportano ancora la solitudine. Perché paesi come questi arrivano troppo presto sulla mappa, fermarsi è una tappa più che un principio, e così lavorare liberamente al di là della pressione turistica è l’unico obbligo che ne consegue. Angolo Terme è affossato in quella provincia di Brescia che dà le spalle a quelle Prealpi sciistiche per principianti che tanti parcheggi hanno visto occupare e tante polente emaciate hanno dovuto tagliare su spianate di legno e prezzi concordati tra l’autista e il protettore del candore. La Val Camonica, in queste coste, ha bisogno di una guida e Francesca Corona ha provato a dare una forma alle mie necessità, togliendo un po’ di ricordo ai raggiungimenti stradali. Così vado un po’ a caso e arrivo all’azienda agricola dei fratelli Sorlini, in località Sorline, senza nemmeno accorgermene. Nomen omen: presagio e presame. Per i formaggi è comunque meglio non dilatare troppo gli occhi. La pulizia è nel gusto e non nell’estetica. Il viaggio è una parola intorno ad un tavolo invecchiato nella certezza di formaggelle che sanno ancora di formaggelle. Senza compravendite.

Lorenzo è una persona seria, con un passato di fatiche e un futuro di abbandoni. Insieme a suo fratello Mario alleva una quindicina di brune alpine, qualche pecora bergamasca e delle capre camosciate. I formaggi rispettano il latte prima della tradizione. Non ci sono sofisticazioni erbacee e nemmeno ruffiani modi di approcciarsi alla clientela. Anche quella hipster alla ricerca di giustizia. Il caseificio è minuscolo ma lindo. I formaggi stagionano ovunque. Grasso sopra il 4%, cellule poco sotto le centomila, poco meno di venti litri di latte al giorno pro capite, molti caci misti, uno stracchino in purezza, una formaggella tonda con una punta di proteolisi e un po’ di penicillium naturale in crosta, trovato nel rispetto delle temperature di affinamento che Lorenzo considera basilari ai suoi lavori. Quasi tutte paste molli e paste crude, brevi stagionature e alta umidità, una pasta semi-cotta che stagiona tre-quattro mesi e una vendita refrattaria al tempo che fu. I prodotti sono estremamente lattici, non hanno i retrogusti “cotti” e dolciastri dei fermenti uniformanti, sono particolarmente bianchi e particolarmente carichi di profumi. Qualche eccesso qua e là, una ricotta caprina molto morbida e poco asciutta per gli standard, un burro invernale molto pulito e senza ritorni selvatici e una serietà al di là di tutto, del nascondimento e dell’anacronismo del luogo.

Una cascina di sussistenza, di sopravvivenza e di autarchia dove la famiglia Sorlini ha provato (del futuro non è dato sapere…) a mantenere intatto il dovere del formaggio senza scendere a compromessi con altisonanti nomi e denominazioni protette. Qui si prende il latte che c’è e non s’inventa nulla che non sia Formaggio. Semplicità italica cresciuta sull’associazionismo e probabilmente fermatasi sull’associazionismo. Un luogo ad occhi chiusi dove il latte lo sanno lavorare come lo sapevano lavorare. E poi Lorenzo ha dalla sua una purezza pudica senza misteri…

 

AZIENDA AGRICOLA SORLINI

LOCALITA’ SORLINE

ANGOLO TERME (BS)

 

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