La campagna pavese, i suoi salami e le sue stupefazioni… Chiara Contardi

salame

Località Rivazza. Borgo Priolo. Quando la campagna non ha più molto da aggiungere. Paesi e stradoni sono tagliati fuori, la natura non è ancora collina, l’asfalto delle strade inizia a produrre buche e disinteresse e i filari di vigneti non compongono né graticci né castelli. Qui, c’è il solito abbandono misto a disinteresse che lascia il gracidare al gracidare, il gracchiare al gracchiare e le cascine alla decadenza. La cultura gastronomica è fatta di piatti nebbiosi, ma senza reticenza. Tutto ruota attorno ai salumi, anzi, ad un salume, quello per cui non si scende a compromessi, nei gusti e nel prezzo: il salame. La famiglia Contardi, dai ricordi complessi e dolorosi, ha ripreso in mano un vecchio market su un curvone, dove provvedere alla somministrazione per le quattrocento anime vive della frazione.

Uno spaccio, un bar-trattoria come solo qui è possibile ancora immaginare, un laboratorio, una stanza di stagionatura, una cucina e una cantina, sotto una delle abitazioni, dove prolungare l’affinamento.

Chiara, la figlia che ha la cultura per stravolgere la ritualità del posto, ha investito tutta se stessa per portare fuori un prodotto e un modo d’intendere l’ospitalità che ha rubato l’esclusiva ai camionisti. Qui, la bellezza rimane nascosta sotto gli alberi e in mezzo ad una campagna che, restando tale, non ha portato in molti a farsi domande. Il piccolo market, con le marche da market e con i prezzi da alimentari di paese, funziona come servizio e non come privilegio. In mezzo alla Galbani, ai pomodori Sardi, alla Nutella e al cioccolato di Ines Datei, campeggiano i salumi della famiglia Contardi, quell’inaspettato che ruba la scena alla maggior parte delle origini protette.

Chiara sta cercando un’impresa al di là della quotidianità, del bar-trattoria e della somministrazione. Suo padre e sua madre vengono da famiglie contadine, dove la cultura del maiale era quella dell’autarchia. I salumi della tradizione non sono una prerogativa di Varzi o di Tortona, lì sono nati miti e leggende, prodotti straordinari, consorzi, salumifici, esportazioni all’estero, carne macinata di dubbia provenienza e una contemporaneità devastata dall’assenza. Ma i contadini e gli allevatori, in queste valle, dove la Varzese è diventata Tortonese e Ottonese, dove le nicchie hanno recuperato la comunione e dove il vino ha nascosto il resto, permettendo l’eccellenza senza clamore, hanno continuato a produrre salumi: salame crudo, cotechino, salame cotto, pancetta e coppa. Parti meno nobili per il salame cotto, parti nobili per quello crudo. A partire dalle cosce. Sale e pepe. Niente salnitro, nitriti, zuccheri e derivati del latte. Solo una stagionatura che difficilmente sta sotto i quattro mesi. Cantina di affinamento, umidità, cascina e volte in pietra per prolungarla fino all’anno, per i gentili più importanti. Pancette e coppe vengono solo stagionate, lo zampone è un prodotto natalizio, il salame di testa un’eccezione, il cotechino e lo straordinario salame cotto l’arte povera della macellazione.

Ma non c’è un motivo che possa andare oltre il salame crudo, la sua stagionatura, il suo naso inizialmente intorbidito dall’asfalto e poi ripulito da fragranze perfette. Macinatura grossa ma a macchina, estremamente compatto, quasi solido, goccia d’ordinanza e di temperatura, rosso chiaro e rosso ossidazione bilanciati, gusto controllato, sapido, quasi temperato. Retrogusti autentici di terra e erbe.

Il Bar Trattoria del Passeggero è tutto lì, in quella bottega che surroga i centri commerciali attraverso la vendita di fiducia, in quel laboratorio dove il padre di Chiara, coadiuvato dallo zio, continua la lavorazione del maiale, non prescindendo dalla necessità di vendere (anni fa ha rifiutato l’esclusiva a Peck, che aveva messo gli occhi sul suo salame, come bisogno salvifico di un mondo che non è se non lì…) e nemmeno da una qualità che ha bocca ma non parola, e in quel bar trattoria dove il salame (venticinque euro al kilo, che è il prezzo pagato equamente dagli abitanti di quelle valli che non sofisticano il salame con una scelta di comodo da otto euro e sapore di plastica…) è il parossismo finale di un pranzo tra i piatti della tradizione e della povertà, di quei tempi dove le lunghe cotture e la nettezza aromatica erano ancora superbo conforto di viandanti, viaggiatori e lavoratori.

Chiara ha deciso di restare con la sua frazione, con la sua famiglia e con i rarefatti colori di una campagna che dal disuso ha tirato fuori un compimento…

 

BAR TRATTORIA DEL PASSEGGERO

LOCALITA’ RIVAZZA 23

BORGO PRIOLO (PV)

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