La mitologia che dà l’addio alla valle… Andrea Bezzi

bezzi

Case di Viso. Un eremo senza silenzio tra il Gavia, il Tonale e i monti sopra Pinzolo. È un alpeggio moderno, una sorta di beauty farm dell’ascetismo. Le macchine arrivano alla base delle prime case, abbandonano lo stress da ricerca e rilasciano cercatori di solitudine e di montagna. Così, l’estate è un continuo via vai di peccatori, assaggiatori, camminatori, scalatori e annoiati vacanzieri del pascolo silente. Ma la poesia non ha smesso di portarsi dietro dei lembi. La mattina, la sera e il fuori stagione. Case di Viso è un borgo rurale di case in pietra, senza elettricità e senza manifesta noncuranza. Acciottolati, erba tagliata, un ristorante senza amore e un contesto di acque cadenti, di acque scorrenti e di acque comprate al supermercato dal milanese incontinente e sicuro della sua scelta e del suo eremitismo. Così, quando le macchine, i bambini, gli anziani, i competitivi e gli accompagnatori dei competitivi sono ancora dispersi sulle strade della Val Camonica o a Ponte di Legno a comprare caramelle o energizzanti da supermercato, Case di Viso ha la magia senza tempo del silenzio. Di quella straordinaria montagna immortalata per sempre nella decisione mattutina di mettersi uno zaino in spalla e di provare a sfidarla. Verde, roccia, torrenti, ponti in legno, tetti in pietra e un luogo della Lombardia che manca della Lombardia. Finalmente.

Percorro cento metri e l’ultima casa prima dei sentieri determina la mia meta. Un caseificio rurale, piccolo e modernamente arredato. Niente fuoco diretto, niente caldere in rame e niente perversioni in legno, Andrea Bezzi è cresciuto con la montagna, ha munto a cinque anni, ha monticato la sua adolescenza, ha le origini locali (di Pezzo), che non lo obbligano alla spiegazione di chi viene da fuori, è passato attraverso tutte le fasi del formaggio, dall’igiene alla mungitura manuale, è stato fuori, ha viaggiato, ha fatto il maestro di sci di fondo, è ancora maestro di sci di fondo, ha visto la caduta delle latterie turnarie (il suo caseificio era il casello dove i malgari di Case di Viso a turno portavano il proprio latte e si producevano il proprio formaggio), ha assaggiato la decadenza dei formaggi e dei costumi, ha prodotto Bagoss, ha inventato il suo formaggio, è entrato nelle strette maglie della Dop del Silter, è rimasto legato ai suoi errori traducendoli in formaggi messi in produzione, è stato in compagnia fraterna, ha preferito la solitudine e si è ritrovato nel mezzo di un’università casearia dell’alpeggio dove, durante una cagliata o una messa in forma, parte del mondo senziente definibile in “viaggiatore contemporaneo” arriva a magione, si ferma dieci minuti, un giorno, un mese, vent’anni o tutta la vita. Perciò il suo latte crudo necessita acciaio, nitore, zangole moderne ma soprattutto lavoro, quello che ha bisogno dell’attenzione più fiera, anche in quelle dimensioni che lui spererebbe di far esplodere. Lì in mezzo puoi trovare il militare texano, che ha vissuto otto anni in Italia, con alle spalle missioni in Iraq e in Afghanistan, da Andrea per imparare qualcosa da portarsi a casa, il ragazzino di buona famiglia che ha voglia di passare la sua estate in mezzo alle bestie, gli studenti della scuola forestale, i figli di notabili locali dediti all’allevamento, il suo più fidato aiutante, lì da una vita, albanese di nascita camuno di dialetto, il professore-casaro di Lodi che porta le sue vacche in alpeggio e vende quei formaggi in pianura, continui andirivieni di vendite e di domande, ma soprattutto Jane, la moglie di Andrea, inglese della Cumbria, trasferitasi per sempre (ma l’Inghilterra casearia sarebbe una bella attrazione) in quelle valli, maestra di accoglienza, madre di due bambine e principio matematico della gestione aziendale, a metà strada tra la casera/vendita di Ponte di Legno e quel borgo alpino a 1753 m. s.l.m.

Il Silter è il formaggio della Valcamonica. Dalla casera ai camuni, con i pitoti impressi sullo scalzo. Il formaggio della povertà, del retaggio e della necessità. Parzialmente scremato con la panna a zangolare il suo burro giallo d’alpe (affioramento, massaggio, messa in forma e un sapore straordinariamente pulito, forse di fiori, forse di erba, forse di grasso…), latte a 37 gradi, dopo il riposo notturno, rottura della cagliata in chicchi di riso per favorire lo spurgo e la stagionatura, pasta semi-cotta, messa in forma, ulteriore spurgo, due giorni di pressatura e stagionatura in cantine naturali tra legno e pietre per un tempo indefinito che può arrivare anche a otto anni. Il Case di Viso, il “suo” bitto o il “suo” Parmigiano, è quel leggendario lavorato nella stessa maniera del Silter (con un rottura della cagliata ancora più raffinata) ma con il latte intero. Il Silter, rispetto ai suoi gemelli Nostrano della Valtrompia e Bagoss è un filo più asciutto perché più scremato e lavorato con meno olio di lino, ha una stagionatura che raggiunge la perfezione sui due anni dove la masticazione (che a volte diventa un filo ciccosa ed elastica…) non va ad inficiare gli stupefacenti profumi d’alpe. Dal timo serpillo alle erbe officinali fino all’amarezza del tarassaco. Il Case di Viso ha varie stagionature, può raggiungere gli estremi – può trasformarsi nel suo dono per “iniziati”, quel formaggio con la “tara” (una striscia di colore rosso, probabilmente difetto di stagionatura, possibilmente enigma cromatico…) che sa di rosmarino: assaggio da degustazione, da post-cena, da rito orfico – , ma nei quaranta mesi raggiunge il parossismo: irrealmente cremoso, carico, pieno, con delle tracce di groviera e fiori dappertutto, nessun retrogusto trigeminale e una lontana piccantezza. Lì veramente si ferma tutto.

Eppure, c’è ancora la ricotta (cotta a bassa temperatura ma fuori dagli stilemi della mia grassezza…), c’è la tonalina, che è una formaggella (o uno scimudin) grassa quasi burrosa, e poi c’è quell’occhiatura da errore di temperature/caglio che è diventata un formaggio che del lattico si porta dietro l’essenza.

I prati della valle sono tenuti in vita da Andrea, le vacche rispettano i maggenghi e i periodi e così continuano a salire con il passare del tempo, seguite da un apparato semovente di mungitura meccanica, appreso da una malga sullo Stelvio e riproposto dai fratelli Bezzi in un sistema circense e nomade di relazione alla mandria. La macchina sale seguendo le sue brune alpine e le sue pezzate. Le vacche in asciutta occupano l’altro versante della montagna. Senza stalle e senza ripari. La stabulazione c’è solo in inverno, in paese, dove la bottega, con le stanze di stagionatura, ha quell’unicità che non è neanche più una forma di rarità. Andrea affina i suoi formaggi con estetica, legno, pietra, acqua e tempo. Le sue cantine non hanno paragoni produttivi. Il Silter giovane, quello venduto dalla maggior parte dei suoi colleghi ancor prima di partire per l’alpeggio, è economicamente figlio dell’assenza di tempo, di cultura e di viaggio. Andrea si tiene strette le sue forme, rispetta i clienti e rispetta la sua fatica. I prezzi non oscillano. Sono quelli, senza contrattazione e senza contraddizione.

L’apertura è già la miglior forma di vendita e sicuramente è il letame dove prolifera l’invidia sonnolenta e valligiana. Quella che critica sommessamente, che non ha mai un formaggio a posto, che il troppo è sempre vittima di sospetto. Così lui continua a comunicare, con facilità, senza rispettare i tuoi tempi ma rispettando i tempi del suo lavoro. Adeguarsi alla necessità è la prima forma di intimità. Così, ogni tanto, nella sua reticenza alla facilità e al cibo veloce senza il bisogno di essere predato, si rilassa anche lui. Un casaro intelligente che non ha perso tempo a crogiolarsi nel passato ma ha rispettato l’evoluzione del gusto dei suoi clienti/amici/epigoni/scrittoruncoli, quelli che continuano a fermarsi, che non possono parlare con lui al cellulare (a Case di Viso non c’è nessun tipo di copertura…), che scappano per paura del buio e che rimangono intrappolati in una maglia di umanità subitanea, che ha bisogno di nervi e pulsioni più che di confidenza. Andrea Bezzi o dell’allevatore contemporaneo.

 

AZIENDA AGRICOLA BEZZI

VICOLO PLAZ DELL’ORTO 15

PONTE DI LEGNO (BS)

 

ULTIMA CASA

CASE DI VISO (BS)

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *