La trasformazione del frutto antico… Paolo Pagani e Anna Maria Messetti

QUIRINUS

Comune sparso di Curino. Bordo della Val Sessera. Qui le prealpi non sono nemmeno più una definizione. Questo è un pezzo di provincia biellese, nascosto, disabitato, in cui la conoscenza rappresenta un vezzo di pochi abitanti e procacciatori di uccelli. Umido e buio fanno il resto. Il navigatore si perde in mezzo a quelle frazioni e a quei cantoni che di un paese hanno lasciato una memoria fatta di accenti agonizzanti e affreschi su pietra. Qui, le dominazioni hanno reso tutto meno manifesto. Dall’imperatore alla curia, gli abitanti di questi luoghi, che dei Celti si portano ancora dentro la morfologia emotiva e la fisiognomica della ribellione, rimangono schivi ad aspettare la somiglianza con il giorno prima. L’identità è un principio di qualità nascoste. Posti selvaggi che hanno ancora il pregio di stupire con una vista senza obbligo. Equidistante da tutto, dalla Valle d’Aosta come dalla Baraggia, Quirino può accoglierti con una strada senza uscita oppure con la vista della casa di Paolo Pagani e Anna Messetti. Un frutteto in discesa, delle manze al pascolo in mezzo agli alberi, una vista rudimentale e una vegetazione che ha terminato di declamare. Il tutto sotto un sole che illumina e non scalda. Una meraviglia in cui rilassarsi è molto più che dovuto.

Paolo e Anna vengono da storie contadine, miscelate, rivoluzionate e ritornate alla loro origine. Dopo risaie, metropoli e fabbriche, sette anni fa hanno deciso di provare a riprendere in mano il territorio, attraverso le sue leggende, le sue storie, le sue ricette ma soprattutto attraverso le sue coltivazioni. Così Paolo si è fidato del terroir e della consapevolezza agronomica, facendosi carico delle abitudini, del clima, delle recrudescenze, delle fagocitazioni e degli inglobamenti. La frutta che è lì da sempre continuerà a stare, senza necessità di cambiamenti. Si è rimesso a coltivare mele antiche (dalla bella di Curino alla bella d’America), il sorbo, le giuggiole, il nespolo europeo, il corniolo, oltre alle pesche, alle pere, al rabarbaro, alle erbe officinali, al sambuco, alle mele cotogne, alle cipolle, alla zucca bianca, ai fichi e alle prugne. Sette ettari di frutteto all’interno di un bosco.

Anna, la ragione per cui suo marito fa quello che deve fare, trasforma. Confetture, creme, succhi e gelatine. Il laboratorio è stato messo a posto da poco, niente sotto vuoto, niente autoclave, pentole, un piccolo torchio per i nettari e una perizia bilanciata tra le ossidazioni, le caramellizzazioni e il primitivismo dell’ingredientistica. Le ricette sono sospese tra frutta e saccarosio, i marroni vengono bolliti, bisognerebbe togliere il sale (magari lasciando un po’ di buccia a dare sapidità), ma il prodotto finale è estremamente equilibrato, così tutte le confetture, poco tecniche ma estremamente filologiche. Il frutto si conserva, perde alcuni aromi e ne acquista altri, è una scommessa per il futuro di una famiglia allargata che dalla commozione ha attinto la storicità dei propri gesti. Il succo, solo frutta spremuta, evita l’eccessiva dolcezza (nella sur-maturazione in cui cadono tutti i trasformatori), senza aver bisogno di allungare con acqua. Senza pressioni, senza sistema, senza la necessità della dimostrazione.

Anna e Paolo sono due signori che hanno preso l’agricoltura come professione per una scelta di campo, quasi ideologica. Una guerra al fondamentalismo dilettantesco che delle confetture, diventate marmellate nell’ignobile ignoranza delle massaie con i capelli sudati, ha creato un totalitarismo di trasformatori, agri-turisti, improvvisate Ferber, amanti del succo di mela, del succo di limone, delle pectine, dei caramelli e delle bucce. Pentole fumanti a prezzi indecenti senza nemmeno più una concorrenza. Solo zuccheri della frutta: cazzo, in quasi tutta, lo zucchero principale è il saccarosio. So what?

Così loro stanno portando avanti un’idea gentile dove il bisogno è più il confronto che la marchetta redazionale, è più la strutturale necessità di avere un riscontro su quello che stanno facendo che la pubblicità greve dei filantropi contemporanei che, tra fiere e consulenze, blandiscono molto meno del venditore di marroni seccati nella primavera milanese.

Paolo ha la fragilità della tenuità, di quell’uomo totalmente affidato, che ha trovato la sua ragione d’esistere nell’esserci di sua moglie… che non vuole apparire, che rimane sempre un passo indietro… al fondamento di una struttura artigianale: l’ombra e la presenza, il dialogo e l’assenza. Il raccontare non è sempre un raccontarsi e così, a volte, è meglio che lo faccia qualcuno più come vece che come agiografia. Anna è un gusto… tutto qui…

 

AZIENDA AGRICOLA QUIRINUS

FRAZIONE GABELLA 1/2

CURINO (BI)

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