Una curva sopra a Casto. Val Sabbia. Inverno freddo ma poco innevato. Il selvatico è una vista al di là della coltre. Qui c’è molto spazio, forse troppo, non si è mai sentita l’esigenza di trovare una strada, i terreni erano lì, i pascoli pure, i punti di vista imposti sono una questione carbonara di piccole aziende alla ricerca della qualità. Questa valle non riesce ad uscire, non riesce ad affermarsi nella sua unicità al di là del Bagoss che è valsabbino ma è come se fosse altro, lontano, quasi una punizione, un paradigma impossibile da mettere a fuoco. Così le attività, qui dove la montagna non è rappresentata dall’altezza ma dall’innaturale arrivarci, i produttori agricoli combattono ancora contro i demoni della perfettibilità, del disinteresse, della clientela inesistente e dei razziatori di formaggi che impongono prezzi assurdi per mangiarci (male) in quattro o cinque. Così gli agriturismi sono compiuti per metà o per un terzo e la lotta contro il fermento e contro l’insilato è una coperta corta che copre alcune magagne con del dogmatismo, scoprendo i polsini sporchi della domenica pomeriggio.
L’Azienda Agricola Le Ruche è l’epitome stessa di un’azienda alla ricerca (o forse non più…) di una strada diversa, di un luogo dove il pascolo non sia un obbligo ma un desiderio. Stefano Freddi, insieme ai suoi fratelli, porta avanti una filiera rotta, un luogo divelto dall’imprecisione delle richieste. Lamentarsi dei quattordici euro al kilo per uno stagionato di due anni e mezzo, che ricorda un Monte Veronese, a cui togliere un filo di elastico al palato, equivale ad affossare le possibilità di crescita rigettando tutto all’interno della poesia, quella che Stefano compone prescindendo da una cultura cattedratica.
Così l’allevamento va incontro a quei limiti convenzionali che il troppo lavoro han costretto in abiti sempre più stretti. Insilati e stalla tutto l’anno avrebbero bisogno di una cesura. Stefano lo sa, vorrebbe, ma preferisce auto-produrre tutto il fieno pur di non doverne comprare altrove ma soprattutto ha poco spazio per il pascolo sia delle sue brune alpine che delle sue camosciate.
Stefano è bravo a fare il formaggio, ha studiato casearia, viene da una tradizione di allevatori, sa come cercare il gusto, nonostante la compressione delle sue celle di stagionatura, lavora con le muffe, penicilium candidum e roqueforti, crea erborinati di capra, a cui togliere meno umidità, e di vacca, assolutamente piacevoli, in cui l’acidità (così ricercata nei formaggi freschi in quelle formaggelle caratterizzate più dall’acre che dal latte) è ben controllata sia nella struttura, poco cremosa ma anche poco elastica, che nella presenza dei funghi che gli danno quel sottobosco che riallinea tutto. Ma i venditori di ciarpame preferiscono sempre il Gorgonzola pastorizzato della bassa, così facilmente trasformabile nel giochino dello stagionatore provetto. E così Le Ruche rimarranno sempre Le Ruche, un luogo un po’ plumbeo, privo di comunicazione e di poesia dialettale, con una vista da brividi e dei pascoli inutilizzati che andrebbero lasciati di diritto alla possibilità di non sentirsi vecchi troppo presto.
Stefano, che probabilmente non ha più la forza di opporsi all’abitudine, rimarrà lì, ennesima provetta di un’eccellenza non espressa fino in fondo…
AZIENDA AGRICOLA LE RUCHE
LOCALITA’ ROSAGHE 1
CASTO (BS)