Paestum. Il giro delle rovine continua, probabilmente in metonimica interferenza con la mia quotidianità. Mi lascio l’indifferenza dei caseifici alle spalle, i templi illuminati, intervallati dai mercatini, sprofondando in un altro tipo di Campania. Qui una volta era meta turistica ricca, ci si facevano le sfilate, la clientela era ricercata, poi è arrivata la Costiera che si è portata via gli accenti più eccentrici, lasciando al dozzinale il compito di proliferare. E così il gruppo, lo scellerato, il locale indifferente al territorio e le vie chiuse si sono messi in mezzo tra l’azienda di Barlotti, con le sue bufale griffate (anzi le sue tante bufale griffate… le forse troppe bufale griffate), la bellezza archeologica e quel mare che non è riuscito a fare breccia né nelle cartoline né nei desideri lussuosi. Qui la famiglia Mandetta è percezione storica degli ultimi quarant’anni, dei cambiamenti e della tradizione.
Arrivo grazie al solito delatore della piana del Sele, ceno, mangio un grande pesce di Acciaroli, uno straordinario dentice e preparazioni semplici senza vezzi che non siano la materia prima. Poi capisco che qui il piatto arriva dopo, prima ci sono le storie di Enza e di Pinuccio, la pesca e lo sguardo limpido sul proprio passato. Il pesce arriva direttamente dalla barca, si lavora ma soprattutto si conserva. Enza e il prodotto sono la simbiosi di consuetudini familiari riottose alla definizione. Le alici, sotto sale e sotto pressa (base della colatura costiera), e il tonno (alalunga), sotto olio di semi per non farlo irrancidire, sono il risultato naturale dell’attività di un pescatore. I figli Ivan, Rita e Angelo portano avanti un’accoglienza lontana, che nel retaggio estivo ha trovato la sua cifra, ospiti storici, gesti consueti e calore umano. Per il resto, bastano poche decine di kilometri o poche decine di metri, ma se si vuole guardare nella casa di un pescatore evoluto basta affidarsi, i piatti cambiano e le papille trasalgono…
HOTEL MANDETTA
VIA TORRE DI MARE 30
LICINELLA-TORRE DI PAESTUM (SA)