Le Parùle: la grande pizza napoletana nonostante i miei gusti… Giuseppe Pignalosa

Ercolano. Scavi e costruzioni. Qui, ai bordi del Vesuvio, il tempo non si è mai fermato. E così si sovrappongono i luoghi, le sepolture, le eruzioni, i centri direzionali, i viali dai numeri casuali, le rotonde selvagge, le ville vesuviane e il principio di un turismo settecentesco che nel rispetto non ha trovato la sua maniera. Una riviera del Brenta romana e borbonica, potenzialità straordinaria di stordimento e reazione. Il miglio d’oro si è arrugginito, qui si è allargato l’hinterland e i concetti moderni e popolari hanno preso a prestito la distanza. E non è questione di giusto o sbagliato, Ercolano è stratificata manco fosse una roccia sedimentaria, le anime erranti continuano ad errare, c’è solo un senso del bello un filo più traslato. Così, naturalmente, ci capito per caso, senza preavviso, da un artigiano che non avevo mai nemmeno sfiorato.

Giuseppe Pignalosa è un pizzaiolo di tradizione che, probabilmente, ha dovuto intraprendere quella strada, visto il padre, la famiglia, il sud Italia, Napoli e la pizza. Anni di lavoro e poi l’incontro con Gianfranco Iervolino. La pizza ha allungato i suoi tempi, il lievito di birra è rimasto lievito di birra, le temperature da altissime sono diventate alte. I 400 gradi si superano, il minuto si raggiunge a mala pena. La pizza napoletana è un atto fideistico. Non si può discutere. E così mi adeguo, notando le differenze. La pizza è cotta e può anche raffreddarsi. E non è una questione di tempi di maturazione, appretto, staglio, puntata, farine moderne, grani antichi, forni performanti e vista compresa tra il Vesuvio e il Golfo, è questione di capacità. Giuseppe è un artigiano. E vedendolo senza la parola, lo avevo frainteso.

Ascolta, s’interessa, cambia e picchia duro. Né nel nome soave, orti (parùle) in napoletano, né nella contemporaneità contradditoria dei nuovi locali, gastronomicamente beffardi, traspare alcunché. Ci vogliono il suo tempo e la sua fiducia. La pizza è buona, l’impasto è buono, le materie prime sono una follia economica tra il ricercato e il territoriale, lavorare con i produttori non deve essere una predilezione, dovrebbe essere la normalità.

E così si fa un giro nella storia del pomodoro e in quella del formaggio, la semplicità è chiaramente la regola che dovrebbe sovrastare ogni pizza, anche la migliore, per non perdere quel sentire popolare, ormai vezzo di comunicazioni mirate e sgargianti. Ma Giuseppe no, non è né mirato né sgargiante, nonostante l’apertura di una succursale a Salerno – città dove la pizza assomiglia di più a quella che ho mangiato per tutta la mia infanzia… e non ne faccio una questione di qualità – insieme a La Pescheria (rinomato ristorante……. di pesce), nonostante l’apparenza e il desiderio di riguardo. Giuseppe è un artigiano diretto e rispettoso, molto al di qua della facondia di queste parti e molto al di là di quello che mi sarei aspettato. Il lievito madre può attendere e la pizza napoletana può tornare a parlare di sé in prima persona…

LE PARULE

VIA COZZOLINO 63

ERCOLANO (NA)

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