Lavagè: l’eterno ritorno degli uguali… Mirella Ravera

lavage

Rossiglione, pressoché Liguria. Parco naturale regionale del Beigua altrimenti detto Valle Stura. Quella manciata di terra al confine con lo sfruttamento culturale piemontese che prova a contenere la voglia di cacciarsi nel selvatico, mantenendo a distanza il mare, l’ipocrisia, l’ansia e le viste distensive. Il moderno che si staglia sull’orizzonte fotografico dell’antico è di una bruttura senza redenzione, qui gli allevamenti bovini sono sempre stati la priorità – le cooperative cooperavano e imbottigliavano latte per cercare un’identità – , hanno svenduto, sono andati in decadenza, hanno perso la successione e si son trovati senza più voce. Così in questi luoghi che una giustizia condivisa non l’hanno mai avuta, auspicando il passato per trasformarlo in passaggio, la possibilità di fare le cose per bene, lentamente, senza pressioni, recuperando senza leggende, è quella maniera rimasta per non dare l’idea di essere un disadattato in pomeriggi disadattati tra tavolini e macchine truccate. Il contraltare della fuga si chiama territorio e lì hanno insistito giustamente i fratelli Ravera.

Piero è un grande appassionato e conoscitore della razza bruna, si occupa dell’allevamento e cura i prati stabili e i seminativi in Piemonte, dove la terra spiana ed è possibile la fienagione. Mirella ha preso in mano le redini della trasformazione e dell’azienda, comunica il territorio e il suo prodotto, puntando su un benessere animale che appare due curve prima di arrivare. Manze e vitelloni pascolano liberi praticamente tutto l’anno. Qui la conformazione dell’alpeggio non è mai arrivata e così la libertà bisogna ricercarla in quella mezza montagna troppo sfruttata e vieppiù nascosta. Mirella però sta provando a portare avanti l’idea di suo padre, allevatore ante litteram e costruttore di stalle e di prosperità. Nel 2011, alla stalla tradizionale, dove le vacche da latte si facevano mungere le canoniche due volte al giorno, è stata affiancata quella nuova, dotata di macchina di mungitura, rispettosa dei tempi delle bovine, e di sistemi all’avanguardia per la conservazione e la refrigerazione del latte. Così Mirella ha rivoluzionato quegli orizzonti ancora acerbi (passai di lì nel 2009 quasi per caso), dandogli un passo più sicuro e una lavorazione delle forme del latte provvidenziale per un territorio senza retaggi.

C’è un’anziana qualche curva più sopra che, prima di ritirarsi in attesa del tempo, produceva una piccola formaggetta ai tre latti. Era la formaggetta della Valle Stura, qualcosa di autoctono, di territoriale, di profondamente legato al consumo casalingo di cascine e fabbriche. Così si è provato ad isolare i fermenti originari di quel formaggio, provando un recupero di qualcosa che non c’è mai stato e mai ci sarà. Mirella produce la sua con solo latte crudo vaccino: ecco dove fa la differenza. Nell’inaspettato. Pensi all’acido e all’elastico e arriva un dolce inconsueto, qualcosa di profondamente diverso. E nel fresco non è così facile elevarsi. La mozzarella esce bene ma pecca in sfogliatura, ma si sa siamo In Italia e il richiamo al nome è un’abitudine già venduta. Io sono lì per il suo erborinato, il blu del Lavagè, quel penicilium roqueforti che travalica i confini e prova a rimanere crudo. Le consistenze si perdono e non danno certezza, nonostante il fermento, c’è la morbidezza e la friabilità, manca un pò l’unghia decadente che prontamente si ritrova nell’erborinatura casuale e naturale del Ciazze, un’improbabile riuscita mistura tra le muffe e la mantecatura della pasta. Ecco dei blu!

Il resto è un buon corredo di zafferano di Rosso lavorato con il latte, di occhiature e consistenze che riportano a uno strachitunt, di robiole e di bruzzin che completano la semplicità di una clientela da dirozzare. Magari anche passando per la carne prenotata con mesi d’anticipo, in cui si può scegliere il peso e affidarsi al discernimento della madre di Mirella, ultimo avamposto di un allevamento che è chiacchiera e preghiera.

Mirella ha un’umiltà corroborante, il non sentirsi arrivata è la base di una conoscenza poco effimera e molto concreta. E così le consulenze dei casari seguono le sue idee, perché non avendo la tecnica casearia da scuola di formaggio, si porta appresso una cultura semplice del tempo e dello spazio, di quello stare in quella mezza costa misto di orgoglio e timidezza tuttavia senza lamento. Liguria e Piemonte, per una volta, moralmente ineccepibili…

AZIENDA AGRITURISTICA LAVAGE’

VIA VALLE GARGASSA 100

ROSSIGLIONE (GE)

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