Bagolino è una continua scoperta di quello che in Lombardia non è più nemmeno lecito pretendere. Qui esiste ancora una polisemantica sulle costruzioni edilizie, si mantengono vive le tradizioni, si è circondati da tre Passi che chiudono, non si hanno vicini di casa scomodi che non siano frazioni e soprattutto, nell’invidia paesana più becera – quella che guarda l’altro con il piacere provocato dalla sfortuna altrimenti detta gioia compensativa -, si lascia ancora aperta la porta agli dei, per far sì che il passato possa uscire, con le sue aziende agricole tumefatte e lo stantio della vendita da parte di quello che nella furbizia ha trovato il giusto stadio della barbarie, e il futuro possa proporsi improvviso e fuori dalle logiche. Quelle familiari e quelle della conduzione. Bagolino si è ringiovanita molto più di quello che appaia. L’isolamento ha selezionato e le pratiche alcoliche hanno rimosso totalmente il perduto. Così chi ce l’ha fatta, ha quella decisione per cui le stanze educative non bastano più. Giovanni Nabacino non viene da una famiglia di agricoltori, ha studiato l’attinenza e ha dato fondo ad una nuova opportunità.
Nel paese del Bagoss, uscire dal seminato di un allevamento conservativo, è già da sola un’impudenza temeraria, provare a fare un’agricoltura senza definizione ma guardando cedevolmente quello che la terra lascia, è di una sfacciataggine senza corteo. Giovanni ha studiato agraria e ha deciso di applicarla a qualche terreno familiare e a qualcun altro più distante, alle spalle di pietre rustiche, al bordo del bosco. L’altitudine l’ha portato dalla parte dei piccoli frutti, soprattutto mirtilli e lamponi. I concetti di biologico, selvatico o integrato eran già fuori dall’intenzione, in quell’agricoltura che è già produzione. Qui c’è un progetto da perfezionare mentre lo si differisce, ci sono tessere a cui trovare il completamento e c’è un senso di montagna che lentamente si sta ricomponendo. Sono arrivate le arnie di ligustica, i classici mieli da mezza strada, melata, millefiori con prevalenza melata, e castagno… mentre Giovanni guarda ai rododendri e alle vette, smiela in casa, senza scaldare nulla, e a breve comincerà ad allevare anche le regine.
Poi si prende la macchina, si fanno un paio di curve e un paio di rettilinei, si arriva sotto un santuario e si lascia la strada segnata da un rustico di pietra e legno. Lì dietro declina il bosco sopra dei terreni arati, selvaggi o pacciamati dove gli animali han pensato bene di fare i loro buchi e, superando la morte della fioritura, cominciano a fare capolino i primi asparagi selvatici (amari e rari). Giovanni sta mettendo a dimora alcuni campi e sta realizzando i primi raccolti. Addomesticare lo spontaneo attiene al pericoloso, a quello stato brado che può provocare attenuazione e assuefazione. Così, superando il confine oltre Storo, in quel campo sopra l’ennesima ruralità diffusa, trova anche il tempo di dedicarsi al radicchio di monte (o dell’orso), facendoselo trasformare in un condimento amaro che è già un albore. Anche i piccoli frutti vengono lavorati lontano da lì, attraverso ricettazioni da rimettere a posto… ma a breve tutto questo diventerà un ricordo di gioventù, di un tempo di raccolta e di attesa. La trasformazione è pronta ad accadere, sotto vuoto, mettendo insieme la tecnica e e le sue colture. E così anche lo zucchero amaro, segno tramandato e trasgredito dai bagossi, potrà riavere le sue erbe e la sua tipicità senza rughe. A breve… non manca troppo… Giovanni ha sempre riportato le mie fantasie a un tempo presente o futuro prossimo. Non è mai caduto da nessun pero, ha ben chiaro la strada e deciso la possibilità… qui c’è una concretezza soddisfatta che toglie il tempo…
AZIENDA AGRICOLA TERRE SOLIVE
VIA CERRETO
BAGOLINO (BS)