Non trovo la gallina, ma trovo un Macellaio… Albano Beghin

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Treponti. Teolo. La base dei Colli Euganei. Quell’arcipelago vulcanico, così lontano dal rilassamento, non s’ammanta se non d’insicurezza. Qui c’erano le cave e ci sono i vigneti. Qui, i colli si elevano senza degradare, senza dolcezza. Il cielo è già un crepuscolo e si porta dietro quel fascino che ha trasformato una strada dritta, case anni ’90 color kaki, in improvvise curve e in quell’inizio di collina che non è più hinterland. Qui, un tempo, passava il tram diretto che collegava i colli con la città, qui i poeti hanno dettato scritti per rappresentare l’irrappresentabile. Ora rimangono negozi affidabili e negozi da manna dal cielo. Macchine e una tranquillità apparente. Strada principale e due macellerie. Dirimpettaie. Una è la mia meta.

L’attesa non è messa a tema. Né da parte mia né da parte loro. È un sabato pomeriggio normale, con la clientela in coda, con la mia stanchezza da gola asciutta e un contatto che già sapevo troppo flebile. Pensavo ad una brevità innocua, con molto prodotto e poco racconto. I primi dieci minuti non hanno fatto che ingigantire a dismisura la mia voglia di casa. Ma in un attimo, tutto è cambiato.

Albano Beghin, insieme a suo fratello Gabriele, ha continuato la genealogia della bottega di famiglia. Una foto dei primi del ‘900, con il tram in arrivo, e una vetrina destinata ad una macelleria, di fianco ad un insegna “Telefono”, è la dimostrazione e la comunicazione più candida di passato. Qui, la manualità si espletava su banchi al di fuori del negozio. Le cariche batteriche erano morte e sapore di carne. Gli ispettori ASL erano ancora desideri di sessualità. Nonni, padri, zii hanno condotto alla modernità degli anni ’80. Albano ha preso in mano la macellazione e l’ha traghettata fino ad oggi, passando per la chiusura del proprio macello, fino ad arrivare alla gastrocrazia contemporanea del prodotto finito, abilità di Gabriele e delle nuove generazioni.

Albano era ed è rimasto un macellaio, anche senza la macellazione. Scelta delle bestie, alimentazione, frollatura e infine taglio. L’artigianato è il tutto scomposto nella sua parte più fondante, la maturazione della carne, la sua proteolisi e la sua scissione. In Francia sono straordinari allevatori, in Austria hanno le bestie migliori, ma l’arte di togliere struttura alle carni, per vellutarle al palato, è un’arte prettamente italica. E non è solo una questione di riposo e di temperatura, è una questione di scelta delle bestie, di tempo, di settimane, di ventilazione, di degradazione enzimatica, di concentrazioni di sapori, di perdita di peso, di colore, di ossidazione, di eliminazione del grasso superfluo… è una questione di Cura.

Albano produce i suoi salumi, le sue soppresse e i suoi cotechini, lavora la gallina padovana recuperata dal Professor Baldan (che devo assolutamente vedere, rispettando la stagionalità del prodotto…) insieme all’Istituto d’Istruzione Agraria Duca degli Abruzzi di Padova, in accordo con una manciata di macellai, si è organizzato per determinare l’alimentazione delle “sue” bestie limousine allevate in stalla dall’Azienda Agricola Maculan: mais, orzo, un minimo d’insilato, barbabietola, trebbie di birra, lino (ricco di omega 3), fieno e paglia.

La sua carne è un viaggio nel tempo all’interno di locali che non hanno nulla di economico. La macelleria è una pizzicheria dove la cultura gastronomica spazia dai mieli di Floriano Turco al Verde di Montegalda, il retro-bottega è una villetta su due piani, un giardino con vista diretta sui colli e sul tramonto, da rimanere secchi nell’estasi dell’intagliatore di carni, e le celle di frollatura dove le mezzene stanno due o tre settimane e dove si cerca di fare una cultura che lasci ingrassare il vitello: manzette o scottone (sorane) sui due anni di vita. La contro-cultura del bue e del maschio non è di queste lande. Qui si succedono polli di Bresse, galline padovane, maiali biologici e lo straordinario agnello alpagota, talmente remoto da non essere quasi più una mia fissazione.

Il salame è giovane, da stagionare di più, pulito al naso, poco speziato, con un budello non particolarmente arrendevole, un gusto pieno e dei retrogusti lievemente amarognoli, quasi erbacei. La carne è un modo di operare dei Beghin con uno stile e con delle differenze. Poca marezzatura, molto corpo e molto glutammato. Consistenza perfetta, quasi burrosa, soprattutto nelle cotture più lunghe. Caratteristiche ideali per la semplicità di una bistecca.

Albano Beghin è un signore con un approccio comunicativo talmente nostalgico da non rimanere se non nell’impressione. E così mi ricordo del crepuscolo, del suo malassare i posteriori all’interno delle celle, del suo sorriso antico che ha preso l’agio rimettendolo nel dizionario, della coesione familiare all’interno di una bottega, su una strada statale, in mezzo tra la città e le colline, come se non ci fosse un luogo senza una decisione alle sue spalle. A tutti quelli che dicono che la qualità si può fare solo in città, perché in provincia la necessità di un gelato e di una bistecca sono l’unico motore immobile…

 

MACELLERIA BEGHIN

VIA EUGANEA BRESSEO 48

TEOLO (PD)

claudio

E’ tutto vero.
I gesti naturali che si producono in questa “bottega”,sono sempre arricchiti da una naturale semplicità, condita da cortesia e amore per la professione.
Questo amore che traspare ai più, è il vero custode della ricerca della qualità, della cura dei particolari, del circondarsi del “buono”, sia esso dei Beghin o di altri.
e’ per tutto ciò che la spesa dai Beghin non è solo una quotidiana abitudine, ma la ricerca, con loro, del meglio da assaporare a casa, con le persone che ami.

Lino Celebrin

Conoscere i fratelli Beghin e stato per me,cuoco appassionato, ritrovare la mia stessa attenzione per il cibo, per il prodotto di alta qualita’,cura e sapere di cio’ che viene mangiato.
Rare botteghe come questa sono rimaste,sempre i miei complimenti.

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